Uno dei punti di forza e degli elementi più affascinanti de Il Commissario Ricciardi, che decreta il suo successo anche dopo tre stagioni, è la ricostruzione storica della Napoli degli anni '30. Peccato che in realtà, per la maggior parte, sia Taranto.
Questa, una delle rivelazioni di Gianpaolo Tescari, regista della serie Rai che abbiamo incontrato durante la presentazione dei nuovi episodi. In queste occasioni si va sempre di corsa, lo stesso regista scherza sui pochi minuti che avremo a disposizione mentre ci sistemiamo nella stanza delle interviste.
Il Commissario Ricciardi, le location: Taranto diventa Napoli
"Nella serie Rai Taranto finge di essere Napoli, almeno negli esterni ambientati nei vicoli e al porto" - esordisce così Gianpaolo Tescari facendoci sobbalzare - "Inutile dire che ricostruire una città degli anni '30, ottant'anni dopo, non è facile. Ma le viuzze e la città bassa pugliese si prestavano molto di più rispetto al corrispettivo partenopeo. Gli scenografi sono stati bravissimi, non hanno mai fatto scelte scontate e prevedibili. Niente Napoli da cartolina".
Tescari è rimasto a bocca aperta davanti ad alcuni stravolgimenti scenografici e all'attenzione ai dettagli negli ambienti: "Una delle cose che è stata riutilizzata com'è e che io adoro, anche se la scorrettezza è di due anni non di venti, è l'ufficio postale di Napoli. Non a caso fu costruito dallo Stato nel '34 e ricostruito dal Fascismo nel '37. Per alcuni uffici della polizia invece abbiamo utilizzato quella che era la sede fascista dei mutilati di guerra".
Poi ci confessa: "Nonostante io sia antifascista, è bene rimarcarlo, trovo l'architettura di quel periodo, così razionalista, la più bella d'Italia dopo il Rinascimento, e quindi mi ci sono immerso con una gioia infinita durante le riprese".
Le case dei personaggi nella serie Rai
Particolare cura e attenzione è stata data alle abitazioni dei protagonisti e a quelli degli omicidi e dei sospettati, come ci racconta il regista: "Abbiamo usato il Museo Filangeri per costruire la casa di un nobile, il Duca di Marangolo (Massimiliano Rossi), che nella scorsa era il Palazzo Reale. Questa volta totalmente ricostruita, mettendo dentro un grande paravento cinese".
Dove secondo lui le maestranze si sono superate però è a casa di Livia, nella realtà un palazzo fascista degli anni '30 a Roma: "In una sala centrale che è una biblioteca simile a quella vaticana, con alcuni quadri come un Tiziano e una Madonna del '400, hanno costruito una stanza interna aperta con pareti in stile Mondrian che raccontano la trasgressione di Livia attraverso l'arte. Lei si circonda di oggetti, per così dire, ribelli e provocatori, proprio come la sua indole". Ecco perché si dice spesso che possiamo capire molto di qualcuno dall'arredamento di casa sua.
Ricciardi ed Enrica: la finestra di fronte
Ne Il Commissario Ricciardi il protagonista ed Enrica finalmente si sono aperti il proprio cuore a vicenda e in questa terza stagione potrebbero fare grossi avanti. La loro storia d'amore è iniziata proprio attraverso la scenografia: guardandosi rispettivamente attraverso la finestra, essendo dirimpettai. Un gesto timido e cortese, anche in questo caso tra i vicoli di Taranto.
"Poi siamo stati a Napoli e a Roma per altre abitazioni, ad esempio quel capolavoro di architettura che compare nella prima serata, sede del doppio brutale omicidio. È la casa di un grande architetto fascista, rimasta identica negli interni, con una lampada di Gio Ponti, per simboleggiare la casa di un gerarca del regime".
Le location preferite del regista
Nel complesso Tescari ha adorato le case di Livia e Marangolo, che sono le sue preferite. Come direttore dei lavori, si è divertito molto ad usare le architetture esistenti e a trasformare quelle che c'erano per costruire un mondo fatto di povertà e di ricchezza, "in cui doveva dominare sempre la cultura". Lo stesso Luigi Alfredo Ricciardi, nato sulle pagine di Maurizio De Giovanni, non dimentichiamolo, è un Barone, un nobile. Anche se noi tutti lo amiamo soprattutto come Commissario.