Recensione Hannibal Lecter - Le origini del male (2007)

Che bisogno c'era di costruire un background per un personaggio che proprio dall'assenza di motivazioni traeva uno dei suoi principali motivi di fascino? Ma, pur mettendo da parte questo aspetto, bisogna dire che questo prequel è cinematograficamente ben poca cosa.

Il cannibale dalle uova d'oro

E' ormai una vera e propria gallina dalle uova d'oro, il personaggio di Hannibal Lecter: lo è per il suo creatore Thomas Harris, che ha dedicato alla figura del folle psichiatra ben quattro libri di successo, e lo è per i produttori cinematografici (qui di nuovo Dino De Laurentiis) che si sono avvicendati nella realizzazione delle sue incarnazioni cinematografiche. Nel caso di questo Hannibal Lecter - Le origini del male, il progetto nasce più che mai con intento "multimediale": Harris ha infatti scritto contemporaneamente il romanzo e la sceneggiatura del film, acconsentendo alla richiesta di De Laurentiis di dare un background al suo personaggio più famoso, un passato che ne spiegasse la "formazione" e le motivazioni.

La storia, partendo da uno spunto già accennato dal precedente romanzo Hannibal (che in un rapido flashback descriveva uno squarcio dell'infanzia del protagonista), inizia in Lituania alla fine della seconda guerra mondiale, dove il piccolo Hannibal e sua sorella Mischa assistono alla morte dei loro genitori durante un bombardamento, prima di cadere prigionieri di un gruppo di sbandati ex soldati tedeschi. Qui, Hannibal assiste all'evento che lo segnerà per sempre: la terribile fine di Mischa, uccisa e poi mangiata dagli ex militari. Anni dopo, l'adolescente Lecter è sempre prigioniero, ma stavolta dei sovietici, che hanno trasformato il suo castello di famiglia in una casa del popolo; dopo una rocambolesca fuga oltre la cortina di ferro, Hannibal trova rifugio nella periferia di Parigi a casa di sua zia Lady Murasaki. Qui, tormentato da incubi in cui rivive la morte della sorella, il giovane inizia a perseguire la vendetta verso gli assassini di Mischa.

Il primo appunto che si può muovere a questo prequel è di tipo concettuale, e ne investe la stessa ragione di esistere: che bisogno c'era di costruire un background per un personaggio che proprio dall'assenza di motivazioni traeva uno dei suoi principali motivi di fascino? Hannibal Lecter, almeno quello visto ne Il silenzio degli innocenti, attraeva perché "alieno", impermeabile ai concetti di bene e male comunemente intesi. La sua brillante intelligenza, unita all'apparente assenza di moralità delle sue azioni, ne faceva uno dei "mostri" più affascinanti mai portati sullo schermo: negli occhi di Anthony Hopkins c'era qualcosa di più di ciò che si può definire "follia", c'era l'intuizione di una morale "altra", impossibile da afferrare ma capace di esercitare un'irresistibile fascinazione. Raccontando il suo passato, e costruendogli addosso motivazioni tipicamente umane, Harris ha così portato a termine il processo di snaturamento del suo personaggio, già iniziato in Hannibal.

Ma anche mettendo da parte le critiche di concetto, bisogna dire che il film è cinematograficamente ben poca cosa. La sceneggiatura di Harris (in evidente difficoltà in un campo non suo) riduce il protagonista a una figurina ghignante e totalmente priva di spessore, complice la non esaltante prova del giovane Gaspard Ulliel: anche volendo accettare la nuova prospettiva da cui è inquadrato il personaggio, lo script non ne rispetta affatto le premesse. E' difficile provare un qualche interesse per le vicende di un ragazzino la cui figura sembra una via di mezzo (mal riuscita) tra la Uma Thurman di Kill Bill e i due assassini del primo Scream, entrambi privati della componente "teorica" che li rendeva riusciti nei rispettivi contesti. La regia di Peter Webber, poi (che forse avrebbe fatto meglio a restare in territori affini a quelli del precedente La ragazza con l'orecchino di perla) si adegua stancamente ai balbettamenti della sceneggiatura, confezionando uno stanco thriller di spionaggio condito da scene truculente, in cui è ben difficile riconoscere la genesi di un personaggio che tanto ha colpito l'immaginario collettivo negli ultimi anni.

E poi, forse sbaglieremo, ma pare difficile immaginare uno sviluppo del personaggio come quello che conosciamo (in cui Lecter, prima di essere arrestato, è uno stimato psichiatra) dopo gli eventi e soprattutto il finale visti in questo film. Ma forse, ahinoi, a diradare la nebbia ci penseranno i già ipotizzati nuovi episodi del franchise, in cui De Laurentiis ha annunciato di voler proseguire la narrazione della giovinezza del cannibale. Il suo creatore si presterà di nuovo?

Movieplayer.it

2.0/5