Recensione Tripla identità (2002)

Le molte anime di una stessa persona, i suoi molteplici volti, quale è la verità che si nasconde dietro il bel visino di Miranda?

I tre volti della falsa innocenza

A volte è proprio difficile discernere le molte anime di una stessa persona, riuscire a vedere contemporaneamente i suoi molteplici volti: alla fine quello che appare non corrisponde mai alla verità.
Ecco lo spunto per parlare di questo film dell'esordiente alla regia cinematografica (solo serie televisive alle spalle) Marc Munden.
Frank, un bibliotecario senza troppe aspirazioni se non quella di continuare a sgranocchiare pistacchi, incontra sul luogo di lavoro una affascinante donna, Miranda, di cui si innamora a prima vista. Dai primi sguardi, ad andare a letto insieme, non passa molto, e quel bibliotecario triste e dimesso diventa un uomo felice accanto a quella ragazzina dai grandi occhi marroni e dai capelli disordinati. Passano giorni sereni insieme, ma c'è qualcosa che non quadra. Frank se ne accorge quando Miranda scompare improvvisamente...
Un soggetto sulla carta molto accattivante, che trova una buona applicazione nell'economia generale del film. Come detto l'idea è abbastanza originale, anche se come vedremo non viene sfruttata a dovere, colpa anche della superficiale caratterizzazione dei personaggi, che in fondo non sono molto credibili, e sfiorano dei cattivi stereotipi, senza per fortuna assumerne in pieno i caratteri salienti. Anche i dialoghi non sempre brillano per intelligenza o ispirazione, e in generale il bilanciamento fra silenzio e parlato lascia dei tempi morti che non servono affatto ad aumentare l'atmosfera un pò noir (termine inadatto in questo contesto).
La regia sorprende per la padronanza nell'uso della macchina di ripresa, con frequenti preziosismi e inquadrature dal taglio molto interessante, abbinati a tratti più tradizionali, e comunque sempre abbastanza consone alla situazione scenica. Non viene mai perso di vista il personaggio predominante, e da notare le frequenti inquadratura strette su particolari del corpo dei personaggi (piedi, labbra, volto).
Il cast tutto sommato si comporta bene, anche se Christina Ricci ancora una volta non convince a pieno nel ruolo della "mezza" femme-fatale, Simm dal canto suo interpreta il personaggio del bibliotecario in maniera forse troppo sottotono, con poco coraggio. Kyle MacLachlan invece risulta essere il più credibile, perverso in giusta quantità e in buona forma espressiva, anche se al limite per via di alcuni aspetti della recitazione in cui calca troppo la mano.
Belle le musiche d'accompagnamento, opera di Murray Gold, anche se nella seconda parte sembra che vengano un pò a mancare nel sottolineare le sfumature e i passaggi d'azione.
Nel complesso, nonostante i difetti, sembra funzionare abbastanza bene, non annoia, anche se lascia un pò con l'amaro in bocca per possibili sviluppi che vengono poi accantonati, come se si avesse fretta di arrivare alla conclusione e si finisse per incorrere in quelche problema di sceneggiatura.
Un lavoro mediocre, che non lascia stupefatti ma neanche disgustati, forse solamente un pò delusi.