I sogni del lago salato: il viaggio della memoria di Andrea Segre tra Venezia e il Kazakistan

Il boom economico del Kazakistan ricorda quello vissuto dall'Italia negli anni '60. Segre evidenzia le assonanze di questi due mondi in un documentario intimo.

Quest'anno il Festival di Locarno scommette sul documentario. Dopo il boom degli ultimi anni, la nuova generazione dei documentaristi italiani è ormai una realtà consolidata. Grazie al passaparola, alcuni titoli hanno fatto bene anche in sala e le distribuzioni alternative in tv e via web hanno contribuito alla loro diffusione. Confermando il trend positivo, Locarno ha scelto di mettere, unico italiano in concorso, Bella e perduta, documentario poetico di Pietro Marcello, mentre fuori concorso troviamo i lavori di Alberto Fasulo, già vincitore del festival di Roma con Tir, e Andrea Segre, che ha scelto di esplorare con guardo personalissimo il Kazakistan di oggi.

I sogni del lago salato: un'immagine del documentario
I sogni del lago salato: un'immagine del documentario

I sogni del lago salato è il frutto di un viaggio compiuto da Segre nella nazione euroasiatica, attratto dal boom che sta vivendo grazie allo sfruttamente delle riserve petrolifere e del gas naturale. Nell'estrazione e gestione di queste risorse, l'ENI ha avuto un ruolo essenziale e sono molti gli italiani che si sono trasferiti in Kazakistan per lavoro, concentrandosi nelle regioni intorno al Mar Caspio. Il punto di vista di Andrea Segre, però, non è etnografico. Guardandosi intorno, intervistando le persone coinvolte nella vertiginosa industrializzazione e quelle che ne sono tagliate fuori, il regista percepisce un'assonanza sempre più forte con l'Italia degli anni '60, del boom economico, della speranze e della giovinezza. L'Italia dei suoi genitori, entrambi veneti. L'Italia di sua madre. Ecco che il viaggio si trasforma in un'esplorazione intima delle proprie radici, creando un ponte sentimentale che collega le sponde dello smisurato Mar Caspio a quelle della laguna veneta.

Venezia Kazakistan solo andata

"Il Kazakistan è immenso e incredibilmente vuoto" racconta Andrea Segre. "Volevo conoscere il suo popolo, capire cosa sta succedendo, raccontare questo mondo in evoluzione. Non sono partito con un'idea precisa in testa e non avevo pianificato nessuno degli incontri coi personaggi che compaiono nel film. E' semplicemente successo. L'ingrediente essenziale del cinema documentario è l'attesa. Io tiro fuori la telecamera e giro nel momento in cui sento che è giusto riprendere". Anche l'idea di confrontare l'Italia di ieri e il Kazakistan di oggi è nata in modo spontaneo, dall'esplorazione della sterminata regione. Il regista aggiunge: "L'idea di usare gli archivi per creare il parallelo è nata nel corso del viaggio. All'inizio era la spiegazione che davo ai kazaki che mi chiedevano perché mi trovavano lì, gli dicevo che il Kazakistan somigliava al posto da cui proviene mia madre. Col passare dei giorni ho capito che la sua vicenda personale faceva parte di un pezzo di storia collettiva". Tra le varie risonanze, il Mar Caspio fornisce l'occasione per uno dei momenti più potenti del film, l'incontro di Segre coi pescatori illegali. "Un giorno ci siamo imbattuti in una massa di pescatori illegali di storione. Facevano abbastanza impressione, erano vestiti come paramilitari. Si percepiva la tensione nell'aria, tanto che una delle traduttrici è scappata. Io, però, ho deciso di avvicinarmi a loro e gli ho spiegato che mi ricordavano i pescatori di vongole di Chioggia, che sono altrettanto illegali. Alla fine si sono tranquillizzati e ci hanno permesso di riprenderli".

Nanni Moretti e la deriva del capitalismo

I sogni del lago salato: un'immagine del film
I sogni del lago salato: un'immagine del film

Per realizzare I sogni del lago salato, Andrea Segre si è trattenuto in Kazakistan un mese, esplorando le varie aree dell'immenso paese. "L'inverno e l'estate in Kazakistan sono terribili e i problemi tecnici per girare all'aperto sono insormontabili perciò abbiamo scelto l'autunno, di cui mi piaceva la tavolozza dei colori. Siamo partiti da Baku, in Azerbaijan, e poi siamo risaliti lungo la costa del Mar Caspio". Proprio qui, in uno strano gioco di rimandi, sulle sponde del Caspio, in attesa di un'alba che non è mai arrivata, al regista è tornata in mente una scena di Ecce bombo di Nanni Moretti, uno dei film preferiti da sua madre, e ha scelto di inserirla anche nel suo documentario perché, come spesso accade, "il ricordo mi è tornato in mente proprio lì, su quella spiaggia deserta. Spesso l'ambiente interagisce col pensiero dell'opera in profondità". Con Moretti, il film di Segre condivide anche una malinconica riflessione sulla deriva del consumismo che, dopo occidente, ora sta plasmando anche le società orientali. "Non so se il mio sia un film pessimista" confessa Segre. "Io lo sono, ma non volevo imporre la mia visione allo spettatore. Volevo lasciarlo libero di farsi la propria idea. Oggi in Kazakistan ci sono profonde ingiustizie rispetto alla distribuzione delle ricchezze, ma ho scelto di non farlo dire esplicitamente ai personaggi del film perché avrei potuto metterli in pericolo. Nel paese subiscono un controllo quotidiano e vige una censura molto pesante. Il Kazakistan rappresenta un pezzo di passato, ma anche un pezzo di futuro. E' lì che andremo a finire se qualcuno non mette dei filtri alla deriva economica".