I predatori, la recensione: una cinica rabbia giovane

La recensione de I predatori: l'esordio alla regia di Pietro Castellitto coincide con un film pungente, surreale, miglior sceneggiatura per la sezione Orizzonti a Venezia 77, dedicato a una generazione di genitori e figli allo sbando.

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I Predatori: Pietro Castellitto in una scena del film

È molto difficile scrivere la recensione de I predatori senza pensare al retaggio familiare del suo regista. Perché se è vero che ogni opera prima porta con sé speranze e rischi, quando sei un figlio d'arte come Pietro Castellitto le aspettative sono ancora di più. Proprio come i pregiudizi, le pressioni e il desiderio di dimostrare qualcosa agli altri.

I predatori, invece, sembra infischiarsene elegantemente di tutto e tutti. Perché Castellitto ha tanta voglia di allontanarsi più possibile dalle ombre dei suoi genitori e raccontare con lucido cinismo lo scontro generazionale tra adulti allo sbando e figli senza punti di riferimento. Un bisogno riversato in un film pungente, surreale, premiato con la miglior sceneggiatura per la sezione Orizzonti a Venezia 77, in cui questo figlio d'arte deride con grande disinvoltura i rapporti familiari tossici.

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I Predatori: una scena del film

Chi sono, allora, i predatori? Forse una generazione di adulti egoista e incapace. Forse i mentori che non hanno saputo seminare buoni allievi. Nel dubbio Castellitto si diverte e ci diverte con una commedia nera anarchica e squilibrata. Un film imperfetto in cui però si sente forte la voce di un autore che ha davvero tanto da dire.

Nessuno è innocente

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I Predatori: Massimo Popolizio e Giorgio Montanini in una scena del film

Roma e Ostia sullo sfondo. I predatori si muove tra periferie e belle case alto-borghesi, raccontando la storia di due famiglie agli antipodi. Da una parte gli agiati Pavone (cognome assai sardonico): padre medico infedele, moglie regista sull'orlo di una crisi di nervi, figlio stagista insoddisfatto. Dall'altra i Vismara, famiglia proletaria e fascista, che agisce (poco) furtiva nel sottobosco criminale romano trafficando armi. Due mondi destinati a incontrarsi, perché accomunati dalle stesse insoddisfazioni. Due contesti familiari infelici, dove si sta insieme per abitudine o interesse, ma dove genitori e figli sono universi lontani anni luce. Sarebbe facile vedere ne I predatori un giovane regista arrabbiato con la generazione adulta, ma in realtà è un concorso di colpe in cui non si salva nessuno. Perché se da una parte i cinquantenni sono in una perenne crisi di mezza età, narcisi egocentrici ed egoisti, i figli hanno adottato tutte le insicurezze dei loro genitori ma non hanno l'orgoglio e la rabbia per prenderne le distanze.

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I Predatori: Manuela Mandracchia in una scena del film

I ragazzi de I predatori sono inetti, goffi, incapaci di prendere le redini delle proprie vite e staccare il cordone ombelicale. La rabbia di Castellitto si avverte forte, ma la vera sorpresa è il modo originale con cui viene messa in scena. I predatori è un film ambizioso, dove satira sociale e commedia grottesca si mescolano in modo a volte disordinato ma potente. Per questo Castellitto si affida a immagini spesso distorte, a inquadrature sbilenche, a personaggi sopra le righe. La macchina da presa si avvicina a loro con primi piani strettissimi per smascherarli e poi prende le distanze in campo lungo per sbeffeggiarne i paradossi. Insomma, un esordio dove la messa in scena diventa scrittura. E non è certo cosa da poco.

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Bombe ad orologeria

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I Predatori: un'immagine del film

Nonostante i temi sollevati da I predatori siano amari e di un'attualità lampante, Castellitto non appesantisce mai il tono di un film divertente, a tratti esilarante, con una scrittura sagace che ogni tanto gira a vuoto. La sceneggiatura è forse l'elemento più ambizioso di un'opera prima molto corale, in cui bastano poche battute per caratterizzare come si deve ogni personaggio. Merito di un cast ispirato, in cui Castellitto si è ritagliato una parte significativa ma non ingombrante, preferendo lasciare spazio a un panorama umano miserabile, in cui tutti sembrano sopra le righe e allo stesso tempo verissimi. Di autentico c'è anche lo spirito beffardo di un nuovo autore che ha la nausea di un certo tipo di cinema nostrano. Castellitto crea una marea di cliché visti e rivisti nelle commedie e nei drammi italiani per poi deriderli, prenderli in giro e mostrarne l'assoluta banalità. Così I predatori diventa un film volutamente dedicato alle aspettative disattese. Quelle di un figlio d'arte da cui forse nessuno di aspettava questo tagliente rancore nei confronti del mondo che lo ha partorito. Un mondo che non rimane rinchiuso nell'alta borghesia romana, ma si allarga verso un duello generazionale che tocca quasi tutti. Prede e predatori sono davvero là fuori. O forse persino accanto a noi.

Conclusioni

Nella nostra recensione de I predatori siamo rimasti molto colpiti dell’esordio alla regia di Pietro Castellitto. Un figlio d’arte che punta il dito contro una generazione di genitori inetti, egocentrici e insicuri, ma anche contro i giovani incapaci di prenderne le distanze e di trovare la propria strada. Il tutto raccontato con lucido cinismo, qualche sbavatura nel ritmo del racconto ma anche molte sequenze esilaranti. Un’opera prima con tanta personalità di un nuovo autore che sembra avere molto da dire con una voce fuori dal coro.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
2.2/5

Perché ci piace

  • Il tono dissacrante e pungente di un film molto originale nel tono.
  • Un cast ispirato, a cui bastano poche scene per lasciare il segno.
  • Alcune sequenze sono davvero esilaranti.

Cosa non va

  • Il ritmo non è molto omogeneo: alcune parti del film girano un po' a vuoto.