I cieli di Alice, la recensione: amore, guerra e animazione

La recensione de I cieli di Alice, opera prima francese che racconta le tensioni in Libano, basandosi in parte sul vissuto della famiglia della regista.

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I cieli di Alice: una scena del film

I più attenti alle varie questioni legate ai festival internazionali di cinema ricorderanno senz'altro la débâcle di Cannes 2020, un'edizione fantasma con una sessantina di film bollinati per creare l'illusione che la più grande kermesse di celebrazione della settima arte non fosse stata messa in ginocchio dall'emergenza pandemica. Anche la Semaine de la Critique, sezione parallela e indipendente che si occupa esclusivamente di opere prime e seconde, ha fatto una cosa simile, ufficialmente per aiutare i film già selezionati al momento dell'uscita in sala sul territorio francese. E tra questi c'è il lungometraggio di cui parliamo nella nostra recensione de I cieli di Alice, ora nelle sale italiane: l'esordio della cineasta transalpina Chloé Mazlo, che applica al formato lungo un'affascinante poetica personale già espressa più volte nei suoi corti (due dei quali allegati all'edizione DVD francese del film), e si avvale di una collaborazione di non poco conto in vista di un percorso internazionale per lo meno nei circuiti d'essai in Europa, dirigendo un'attrice di spessore come Alba Rohrwacher.

Tornare a casa?

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I cieli di Alice: Alba Rohrwacher con Wajdi Mouawad in una scena del film

I cieli di Alice racconta la storia di una giovane svizzera che, stufa di vivere in mezzo alle Alpi con la famiglia, risponde a un annuncio per diventare ragazza alla pari e si trasferisce in Libano. Una volta arrivata lì, fa la conoscenza di Joseph (Wajdi Mouawad, attore canadese di origine libanese), astrofisico che sogna di mandare il suo primo conterraneo nello spazio. Tra i due la scintilla è forte, e ben presto Alice si sente a casa a fianco dell'amato e della famiglia di lui. Ma le tensioni del 1958, che fanno da preludio alla guerra civile che sconvolgerà il paese dal 1975 al 1990 (conflitto che ha portato alla fuga della famiglia di Mouawad nella vita vera, e lo stesso è stato per i genitori della regista), stravolgono rapidamente l'immagine idilliaca che lei si era fatta dell'ambiente circostante, e la domanda comincia a farsi pressante: non sarebbe forse il caso di tornare in Europa, almeno provvisoriamente?

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Spunti personali

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I cieli di Alice: Alba Rohrwacher in una scena del film

Classe 1983, Chloé Mazlo conosce bene il contesto storico del suo primo lungometraggio: i suoi genitori hanno lasciato il Libano durante la guerra civile, e tale situazione è al centro della sua poetica, inizialmente espressa sotto forma di cortometraggi in stop-motion, dato che la cineasta si è formata nell'ambito dell'animazione. Un ambito dal quale non si è mai allontanata, poiché tali tecniche vengono impiegate qui per ambienti e anche personaggi, che si tratti di flashback o semplici interazioni tra figure umane ed elementi artificiali. Una scelta che accentua il contrasto fra i sogni di Alice e la brutale realtà in cui si trova coinvolta, costruendo un racconto che è allo stesso tempo stilizzato e "falso" ma anche tangibile e coinvolgente. I due protagonisti si muovono tra due mondi, nella storia e sullo schermo, che creano un unico microcosmo personale, loro e della cineasta, capace di arrivare dritto al cuore una volta superato il parziale straniamento che inevitabilmente accompagna la collisione dei due stili nelle prime fasi della sinergia.

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I cieli di Alice: Alba Rohrwacher e Wajdi Mouawad in una scena del film

C'è una sincerità di fondo che dà al tutto una potenza drammatica maggiore, da gustare se possibile in lingua originale anche per apprezzare il lavoro fatto da Alba Rohrwacher, che per l'occasione recita sia in italiano che in francese e ci accompagna in un angolo di Storia che merita tutti gli approfondimenti possibili, a cominciare da questa incursione molto particolare che è un grande piccolo biglietto da visita per una cineasta che fa del personale una rampa di lancio per spingersi in territori decisamente unici e al contempo universali. Lo dimostra questa storia d'amore situata in un contesto molto reale ma raccontata con mezzi che accentuano e deformano la realtà, lasciandoci in balìa di una voglia di raccontare che, al netto di qualche ingenuità (la parte svizzera non ha la stessa carica di surreale verosimiglianza di quella libanese), ha tutte le carte in regola per annunciare un nuovo, interessante nome da tenere d'occhio nel panorama transalpino.

Conclusioni

Chiudiamo la recensione de I cieli di Alice, sottolineando come si tratti di un'opera prima delicata e personale che racconta in modo interessante il connubio tra una vicenda intima e il contesto più ampio della Storia in territorio libanese.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
3.0/5

Perché ci piace

  • Alba Rohrwacher è notevole in due lingue.
  • La storia d'amore è semplice ma potente.
  • L'approccio estetico della regista è molto affascinante.

Cosa non va

  • La scrittura in alcuni punti scivola nel luogo comune.
  • Il fattore visivo non convincerà tutti.