Quello di Hunger Games è un franchise cinematografico da 3 miliardi di dollari. Gli incassi mondiali sono calcolati a fronte di 4 film principali dal budget complessivo di circa 493 milioni di dollari spalmati lungo il quadriennio 2012-2015. Un successo mondiale che è riuscito a capitalizzare l'amore dei fan della giovane saga letteraria young adult ideata da Suzanne Collins, tra le più applaudite e imitate nel suo genere, insieme distopica, romantica e battle royale.
Tre elementi costitutivi ben concepiti e cardinali che non sono mai stati realmente bilanciati con dovizia lungo l'intero arco narrativo della trilogia originaria, arrivando infatti con molta stanchezza al Canto della Rivolta, dove il dramma romantico e l'intrigo politico con guerriglia annessa non riuscivano a intrecciarsi adeguatamente tra loro, mettendo addirittura da parte i Giochi della Fame veri e propri. La cosa che lascia davvero a desiderare della conclusione della saga è però la mancanza di approfondimento di un antagonista tanto carismatico, sulfureo e affascinante come Coriolanus Snow, e insieme a lui dal background di Panem e della storia della sua scalata al potere, dell'invenzione dei Giochi, della loro evoluzione. La Collins - scrittrice consapevole - ha messo un'ideale pezza al problema nel 2020 con La ballata dell'usignolo e del serpente, libro prequel accolto con entusiasmo dai fan della saga e dalla critica e trasposto adesso in Hunger Games - La ballata dell'usignolo e del serpente (qui la nostra recensione) da Francis Lawrence a tre anni di distanza dal suo debutto letterario, forse il film più riuscito dell'intero franchise.
L'essenza del prodotto
Quello che colpisce di più nella saga di Hunger Games è il valore sociale della sua distopia, l'intelligenza della sua riflessione critica. In un prodotto young adult non è tendenzialmente la norma, di sicuro non più delle tematiche sempreverdi adolescenziali che riguardano love story, problemi d'identità sessuale o di genere, dipendenze, contrasti generazionali e - ovviamente - personaggi o ambientazioni con caratteristiche fantasy o sci-fi. Non che in generale non si ritrovino in questi titoli spunti sociali interessanti: è che di solito non sono così sovrastanti. In Hunger Games sì. E già nel titolo. Il presupposto principale della serie è di stampo sociale, dichiarato e strillato in copertina, e l'intero worldbuilding e il tessuto narrativo sono sviluppati attorno a questo concetto distopico che parla direttamente al presente, mettendo in risalto disparità civili che funzionano per estensione in ogni campo della vita reale. Si parla di vincitori e vinti, del potere dei primi sulla storia, di stato di diritto e rivoluzioni civili, del filtro dei media e delle realtà nascoste, di lotta di classe ed emancipazione.
La Collins entra nel vivo del dramma adeguandosi alle esigenze della letteratura young adult, partendo con fermezza nel primo capitolo, continuando con ancora più solidità nel secondo ma arrivando al terzo con una certa stanchezza, forse oppressa da necessità narrative inevitabili e desiderosa di chiudere l'arco di Katniss. Ne La ballata dell'usignolo e del serpente torna invece ai fasti de La ragazza di fuoco, incendiaria nelle sue disgressioni filosofiche e morali, nella sua capacità di evidenziare sfumature e contrasti dei personaggi, di rimanere fedele all'essenza del prodotto, agli Hunger Games, alla dicotomia umana incapace il più delle volte di essere questo o quello, bene o male, aut aut. Così il mondo. E tutto questo è racchiuso con particolare arguzia ed efficacia nel percorso e nell'introspezione del protagonista Coriolanus Snow (interpretato da un magnetico Tom Blyth) e nel motto della sua casata.
Come la neve
"Gli Snow si posano in alto"
Che lo spirito e la forza siano quelli de La ragazza di fuoco lo dimostra anche la passione della squadra dietro al progetto, in particolare il ritorno di Michael Arndt alla sceneggiatura. Francis Lawrence confeziona il film più completo della saga per ritmo, visione e varietà, trovando grazie ad Arndt e prima ancora alla Collins un ottimo terreno di partenza finalmente equilibrato in quasi ogni sua parte, tra dramma, romanticismo e azione. Va da sé che bisogna apprezzare il genere per apprezzare in pieno la trasposizione, ma anche non fosse gli elementi oggettivi del prodotto (comunque commerciale) sono lì per dimostrare la validità dell'adattamento in senso cinematografico, molto più di altri cugini mainstream che recentemente hanno tradito più di un'aspettativa. È comunque nel suo intrigante e sfaccettato protagonista che Hunger Games - La ballata dell'usignolo e del serpente ha il suo maggiore punto di forza, avendo tutte le caratteristiche dell'anti-eroe prima ancora di percorrere la strada del cattivo. Ogni sua azione presuppone volontariamente o meno un tornaconto personale, esempio pragmatico di Mano Invisibile che aiutando se stesso aiuta anche il prossimo, finché quest'ultimo non diventa un problema. Snow è figlio della fame e per questo ha fame di riscatto, per se stesso e per il buon nome della propria casata, ritrovandosi in un percorso di transizione dove desidera fare la cosa giusta in nome di principi corrotti alla radice e seminati da quei vincitori che dominano la storia. E gli Snow sono dominanti, o perlomeno lo sono stati.
Quando la vita ci mette davanti a delle scelte importanti, è lì che viene fuori il vero carattere della persona, la sua vera natura, il cuore dell'Io. Famiglia o amore, obiettivi o ideali, orgoglio o compromesso. La realtà è che La ballata dell'usignolo e del serpente nasconde nel suo animo letterario e cinematografico quella che chiameremo la Verità della Neve, che è osservabile e concreta nella sua dinamica fisica quanto estrapolabile in termini etici e morali. Ed è questa: cadendo, la neve, si posa in alto. Ha la dualità nella sua stessa natura, che gli impone di scendere prima di troneggiare su tutto. Deve accettare di abbandonare il suo status, guardare in basso e raggiungere quella realtà più solida e concreta per poi posarsi delicatamente su di essa. Può ghiacciarsi, la neve, e diventare scivolosa e insidiosa. E a seconda delle temperature (pure sociali e civili, oltre che climatiche) restare lì a lungo. Ma il suo destino è segnato sin dal momento della caduta, della sua trasformazione, perché la neve prima o poi, che lo voglia o meno, è costretta a sciogliersi e scomparire. Corionalnus Snow è esattamente come la neve, in nomen omen; così il suo percorso, così lo stesso destino del franchise, che nel prequel e negli inizi trova fermezza e solidità per poi liquefarsi fisiologicamente in ultima battuta. È davvero tutto qui. Tutto nella Neve.