Highwaymen - L'ultima imboscata racconta una pagina importante della storia americana, quella che si concentra sui due ex-Ranger che sono riusciti nell'impresa di fermare l'ondata criminale di cui si erano fatti protagonisti i famigerati Bonnie e Clyde. Frank Hamer e Maney Gault, questi i nomi dei due uomini, due personaggi storici realmente esistiti che nella realtà filmica della produzione firmata Netflix sono affidati a due interpreti del calibro di Kevin Costner e Woody Harrelson. Ed è proprio per questa intervista a Kevin Costner che che abbiamo avuto il piacere di incontrare l'attore in quel di Madrid, nell'ambito dell'attività stampa che ha accompagnato la premiere mondiale del film Netflix.
Gentile, disponibile, profondo, Costner non si è tirato indietro al cospetto delle nostre domande, ha approfondito i temi del film - di cui abbiamo parlato anche nella nostra recensione di Highwaymen - L'ultima imboscata - ma anche quelli del contesto in cui ci muoviamo, sia con accenni alla politica che all'attuale discussione che impegna il mondo dell'intrattenimento riguardo Netflix e il cinema. Ci ha, più di ogni altra cosa, regalato ricordi preziosi che riguardano il suo passato, sia dal punto di vista della vita privata e familiare, sia da quello più prettamente professionale, dalla scelta di dedicarsi al mestiere di attore a quella scommessa vinta che è stata Balla coi lupi e i prossimi passi della sua importante carriera. Ecco cosa ci ha raccontato.
Sulle tracce di Bonnie e Clyde
Cosa ti ha attratto di questo progetto?
Kevin Costner: Ho letto lo script di Highwaymen - L'ultima Imboscata dieci anni fa, quando mi è stato offerto la prima volta, e ho pensato che fosse buono ma che non fossi adatto alla parte. Mi è tornato tra le mani dieci anni dopo e ho trovato che avesse più senso per me, che fosse un ruolo che potevo interpretare.
Avevi rifiutato per motivi anagrafici? Eri troppo giovane allora per la parte?
Sì, pensai di esserlo. Ma forse sono ancora un po' troppo giovane anche adesso! Considerai che avrei dovuto metter su un po' troppo peso, mettermi nella condizione di far fatica a correre o scavalcare uno steccato. L'apparenza non era importante per questi uomini e dovevo capire se fossi in grado di calarmi nei loro panni e dimenticare quel fascino che Bonnie e Clyde potevano avere. Non era una situazione affascinante per loro e non lo è per me: andare in giro in auto per centoquattro giorni, perché è così a lungo che li hanno inseguiti, lungo le strade roventi del Texas. Tendiamo a non pensarci, ma non era un mondo facile, non c'erano strade asfaltate, non c'era l'aria condizionata, era una condizione terribile... ho pensato "wow, questo è un film per me!" (ride)
Che ci dici delle dinamiche tra il tuo personaggio e quello di Woody Harrelson? Si instaura un rapporto tipo insegnante/apprendista?
No, non si tratta di un apprendista. Erano amici, erano stati entrambi ranger, avevano servito insieme ed erano entrambi in pensione. Frank Hamer ha dovuto fare qualcosa di veramente pericoloso, chi avrebbe scelto? Non importa come scrivi lo script, la realtà è che ha scelto Maney Gault. Sapeva com'era Maney nelle situazioni difficili, era un personaggio duro. I ranger in America si trovavano spesso soli in una città, in molti casi venivano mandati in un luogo e i problemi sparivano grazie alla loro reputazione. I Texas Ranger erano particolarmente duri, in grado di affrontare ogni difficoltà, molti sono andati contro le compagnie petrolifere che facevano cose terribili, e ci sono poche cose più potenti di queste aziende. Maney non era un apprendista, era un valido aiuto in una battaglia.
Si parla di un collegamento tra Bonnie e Clyde e Robin Hood. Sei d'accordo?
Ogni volta che c'è qualcosa che affronta i poteri forti c'è tanta gente che ne è felice. Ma quelle stesse persone non sarebbero della stessa idea se si trovassero coinvolte in prima persona, se qualcuno come Bonnie e Clyde facesse del male alla loro famiglia. C'è anche chi pensa che Escobar sia stato un eroe, il punto di vista delle persone cambia molto a seconda delle situazioni.
Senti una sorta di collegamento tra Eliot Ness de Gli Intoccabili e Frank Hamer?
L'unico collegamento che vedo è che entrambi erano determinati in ciò che credevano. Erano entrambe persone semplici, che avevano delle vite, una moglie e figli, e mettevano tutto a rischio mentre inseguivano mostri.
Persone che erano dalla parte della legge, mentre dall'altra parte c'erano Bonnie e Clyde
Frank Hamer ha ucciso più persone di quante ne abbiano uccise Bonnie e Clyde. Ma c'era la convinzione di ergersi contro ciò che credevano sbagliato. Alcune persone sono fatte così, ma probabilmente nessuno di noi ce la farebbe. E non vuol dire non essere coraggiosi, ma c'è questo determinato tipo di persone in America. Non è un clichè, ma c'erano pistole, omicidi e un certo tipo di mondo, e qualcuno doveva mettere a freno tutto ciò. E per farlo bisognava essere tanto duri e determinati come gli individui che si inseguiva. È facile per noi liquidarli una volta che hanno fatto il loro lavoro, ma siamo felici quando ci sono.
Quello di cui parli è un tipo di individuo che ancora esiste negli Stati Uniti?
In questo momento in America è in corso un cambiamento di natura filosofica, col quale non mi sento necessariamente allineato. Non vedo i miei film come uno specchio di ciò. Per come la vedo io, gli uomini forti non sono rumorosi, sono calmi. Le donne forti non sono rumorose, sono calme. Quel che si richiede a un leader è che sia un gran pensatore. Alcuni problemi del vostro paese così come del mio paese sarebbero facilmente risolvibili, è questione di buon senso: "quello non funziona, sistemiamolo. Quest'altro non va, risolviamo." C'è poi un 20% di problemi di natura più complessa, che è difficile da risolvere per sua natura e c'è bisogno di qualcuno che ci lavori quotidianamente. Ma non può farlo qualcuno la cui principale preoccupazione è essere rieletto, che è più interessato a vendicarsi per un torto. Lavorare per la gente deve essere una professione altruistica e richiede grandi riflessioni.
Sei ottimista per quanto riguarda il futuro?
Devo esserlo! Non mi aspetti grandi cambiamenti al momento, sono una persona pratica e mi rendo conto della situazione, ma devo essere ottimista riguardo il futuro.
Kevin Costner e la sua carriera
C'è un momento molto toccante del film in cui Hamer spiega come è diventato la persona che è. C'è un momento della tua vita che ha la stessa importanza?
Ce ne sono stati un paio, ma il più importante è il giorno in cui ho deciso che sarei diventato un attore. Un momento critico, non propriamente di vita o di morte, ma in un certo senso lo è stato. Tutti cerchiamo la nostra strada dai mattoni dorati, tuo padre preme perché la trovi, tua madre prega che tu ce la faccia, ma è così difficile fare la cosa giusta nella vita. Sapevo di essere un narratore. La mia famiglia è dell'Oklahoma, ha perso tutto ed è stata costretta a trasferirsi in California. Non c'era lavoro e mio nonno aveva perso tutti i soldi con la banca. Una storia pazzesca: alle 11 aveva depositato i soldi e un'ora dopo la banca aveva chiuso per sempre. E conosceva anche il banchiere! Quando mia nonna raccontava la storia sibilava come un serpente: "lo sapeva! E non ha detto niente a Walter! Non mettere i soldi in banca!" Non riusciva a raccontarlo senza essere avvelenata, ripeteva "non dover far altro che avvertire Walter", perché di sicuro sapeva quel che stava per succedere. Erano 12.000 dollari. Un sacco di soldi. E la mia famiglia non si è mai ripresa da questo colpo.
Hai raccontato dell'impatto del grande cinema visto da ragazzo. Hai visto il tuo futuro in quelle esperienze?
Penso che percorrendo la carriera al contrario, guardando indietro, si riesca a vedere una strada. Ho scritto storie e poesie, ma il mio background era di grandi lavoratori. Io stesso ho lavorato su dei pescherecci. Ma ho dovuto ascoltare la voce del mio cuore e la decisione fondamentale è stata di non badare a quel che pensavano quelli che mi volevano bene, avrei dovuto fare quel che volevo fare.
Per Frank Hamer l'esperienza si rivela un fattore importante. È lo stesso nel mestiere di attore?
Ogni volta che le cose mi sono andate bene è perché mi sono affidato alle storie. Mi metto nei panni dello spettatore quando decido di fare qualcosa, mi chiedo se avrei voglia di vedere quel film, se nel buio della sala imparerei qualcosa, se mi emozionerei, se ne sarei sorpreso. Come per un buon libro, vorrei condividerlo? Come quando ascolti una grande canzone e non vedi l'ora di dirlo. Metto a me stesso questo tipo di pressione, perché voglio che la gente senta di non aver sprecato i propri soldi per vedere il film. E non voglio nemmeno che pensi di aver visto per la terza o quarta volta la stessa storia. Voglio fare dei sequel, ma devono essere tanto buoni quanto l'originale. Metto questo tipo di pressione perché credo nel pubblico e ci credo così tanto che non taglio qualcosa perché mi dicono "no, questo è troppo forte, la gente non vuole vederlo!" Io penso che invece abbiano bisogno di vederlo, perché può essere importante nell'economia della storia, perché quel qualcosa può dare più valore a ciò che accade dopo. Non ero tanto bravo in matematica, ma sento la matematica nei film, per come tutto si somma nel fare una buona storia.
Quando guardi a Balla coi lupi, cosa vedi?
Non ci ripenso molto, ma capita che qualcuno ci torni su. Era un momento meraviglioso per me, ma non per questo semplice. Ogni volta che hai a che fare col successo di qualcuno, è difficile guardare alla sua sua vita in senso inverso. Se parliamo di Balla coi lupi, la gente lo chiamava Kevin's Gate, perché in quel periodo mi era stato offerto un ruolo in Caccia a Ottobre Rosso e fui costretto a rifiutare anche se mi sarebbe piaciuto farlo. Mi offrirono molti soldi, più di quanti ne abbia mai visti e li volevo! Ma avrei dovuto rimandare Balla coi lupi di un anno ed era un progetto su cui avevo investito tanto. Molti pensarono che rifiutai perché mi sentivo troppo importante, perché stavo facendo un mio film, ma in realtà quel progetto era stato difficilissimo, nessuno voleva farlo, avevo dovuto fare il giro di tutti gli Studi due volte. Alla fine l'ho realizzato con soldi europei, due dei miei più grandi successi sono stati fatti grazie all'Europa ed entrambi erano film molto americani. Uno è Balla coi lupi e l'altro è Open Range, ma non ho trovato nessuno che volesse farli in America, ho dovuto investirci soldi miei e affidarmi a fondi dei vostri paesi che hanno reso possibili i miei western. Mentre facevo Balla coi lupi sembrava che fossi destinato al fallimento, io stesso non ero sicuro di potercela fare perché non avevo mai diretto un film, ma avevo già chiesto a tre registi di farlo e ognuno di loro voleva cambiare qualcosa del film. Registi che voi conoscete e ognuno di loro aveva le sue idee su come modificarlo, ma io non volevo cambiare la mia storia. Dopo il terzo ho smesso di scorrere la lista e mi sono detto che l'avrei fatto in prima persona. Mi dissi che se doveva essere un fallimento, almeno sarebbe stato un mio fallimento, ma non me ne sarei vergognato. Stavo in piedi la notte cercando di farlo funzionare e ogni idea che avevo sui film è stata messa alla prova, ma ho ascoltato il pubblico e sono stato convinto che non mi avrebbe abbandonato, che non avrebbe messo in discussione le mie idee. Forse sono stato un ingenuo, ma ho ha avuto fiducia nel mio pubblico e ho avuto ragione.
Uno sguardo al futuro
Che ne pensi di come l'intrattenimento sta cambiando?
C'è stato un cambiamento costante, dai video ai DVD allo streaming. So che questo film non sarebbe stato fatto e sono felice che abbia trovato la sua strada. Mi interessa questo, che sia fatto o meno, non che non sia considerato di valore perché non arriva in sala. Il dibattito oggi è se sia meritevole di essere nella stessa categoria per quanto riguarda i premi, per esempio, ma penso che è qualcosa che si sistemerà col tempo. È qualcosa di nuovo che tra un paio di anni sarà compreso e assimilato. Come è successo con l'animazione a suo tempo. Stanno affrontando il problema adesso e arriveranno a una soluzione. Qual è questa soluzione? Non lo so, ma so che questo film non sarebbe stato prodotto senza queste nuove prospettive. Ogni volta che c'è una guerra, una competizione, è necessario che sia alla pari, e c'è gente che pensa che in questo momento non lo sia. È su questo che stanno discutendo.
Cosa vorresti che accadesse nella seconda metà della tua carriera?
Voglio fare i miei film. Ho sviluppato materiale per tutti gli ultimi dieci, dodici anni, ho scritto un romanzo d'avventura intitolato The Explorers Guild che prima o poi renderò un film. Ma non lo farò finché non sarò in grado di farlo esattamente come lo ho in mente. Sono testardo, non voglio che nessuno interferisca. Non è a causa del mio ego, ma perché voglio che sia così come lo vedo. Lo amo tutto, amo l'inizio, amo le piccole cose, non voglio che qualcuno tiri via quei dettagli che mi piacciono. Per me è tutto, altrimenti non l'avrei scritto. Ho cinque o sei film che vorrei realizzare e penso che lo spettatore, seduto lì al buio, li apprezzerebbe. Vorrei che la gente riscoprisse il piacere di andare a vedere un film e restare sorpresa. Troppo spesso sappiamo troppo di un film ancor prima che esca.