Era il 1997 quando sugli scaffali delle librerie britanniche arrivava Harry Potter e la pietra filosofale, il primo romanzo scritto da J.K. Rowling che introduceva il magico mondo di Hogwarts destinato a ritagliarsi un posto veramente speciale nel cuore di milioni di lettori e, successivamente, di spettatori nelle sale cinematografiche. Dopo I doni della morte - parte 2 la storia di Harry, Ron Weasley, Hermione Granger e Draco Malfoy riprende da dove si era interrotta, dal binario 9 e 3/4, ma questa volta a teatro.
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Mantenere il segreto per sorprendere
La produzione dello spettacolo in scena al Palace Theatre di Londra ha chiesto fin dall'inizio a chi è riuscito ad aggiudicarsi un biglietto per una delle rappresentazioni di mantenere il segreto su quanto accade sul palcoscenico e il motivo appare presto evidente: Harry Potter e la maledizione dell'erede sorprende infatti per l'atmosfera e la magia che riesce a creare, grazie a un sapiente utilizzo degli elementi tecnici che, se rivelato prima della visione, diminuirebbe l'effetto emotivo in chi assiste.
La semplice lettura del copione non rende affatto l'idea di quello che si vedrà una volta varcata la soglia del teatro, già particolarmente adatto dal punto di vista architettonico alle caratteristiche un po' misteriose e dark che contraddistinguono l'ottavo capitolo della storia di Harry Potter. La trama della storia, inoltre, rientra finalmente sono quando si alza il sipario nel contesto per cui era stata ideata mettendo a frutto tutto il suo potenziale e in ombra quei passaggi che, lasciati solo sulla carta, potrebbero apparire forzati e poco in linea con lo stile a cui ha abituato la Rowling.
La continuazione della storia
Il primo atto prende il via diciannove anni dopo la sconfitta di Voldemort. Harry, sposato con Ginny Weasley, è diventato il responsabile dell'Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia ed è padre di James, Albus e Lily. Hermione è Ministro della Magia e Ron Weasley è il proprietario del negozio Tiri Vispi Weasley; la coppia ha due figli, Rose e Hugo. I tre vecchi amici si incontrano ancora una volta alla Stazione di King's Cross per salutare Albus e Rose, in partenza per il loro primo anno ad Hogwarts.
Il ragazzo, sul treno, fa la conoscenza di Scorpius Malfoy, il figlio di Draco, e i due diventano subito amici, nonostante la disapprovazione di Rose che non vede di buon occhio il futuro compagno di scuola a causa del passato della sua famiglia. A Hogwarts i due ragazzi entrano a far parte di Serpeverde, mentre Rose viene smistata in Grifondoro.
Albus non è uno studente brillante e questo lo porta in una situazione in cui la pressione causata dall'essere figlio di Harry Potter diventa sempre più grande e pesante. L'unico sempre al suo fianco è proprio Scorpius, anche lui però in difficoltà a causa delle insistenti voci che sia il figlio segreto di Voldemort, accusa che diventa ancora più difficile da sopportare dopo la morte di sua madre Astoria, a cui era molto legato.
Prima dell'inizio del quarto anno ad Hogwarts, Harry Potter confisca un Giratempo illegale, di proprietà di un vecchio Mangiamorte, e il padre di Cedric Diggory gli fa visita per chiedere di utilizzarla e salvare suo figlio, ucciso ingiustamente da Voldemort. Dopo aver fatto la conoscenza di Delphi, nipote di Amos, e aver litigato con Harry, Albus decide quindi di rubare la Giratempo, con l'aiuto della ragazza e del suo amico Scorpius con lo scopo di rimediare a quello che considera essere stato un errore del padre. Modificare il passato si rivelerà però più difficile del previsto e potrà avere delle terribili conseguenze.
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Un cast di talento per uno show complesso e spettacolare
J.K. Rowling, Jack Thorne e il regista John Tiffany hanno ideato una storia in grado di far ripercorrere ai fan della saga tutti i momenti iconici della storia di Harry Potter e al tempo stesso introdurre una nuova generazione di protagonisti, permettendo inoltre di approfondire i personaggi già conosciuti e amati da quasi venti anni. La Maledizione dell'erede non mette infatti mai in secondo piano le conseguenze della battaglia contro Voldemort, facendo emergere le ripercussioni che quella lotta ha avuto su Harry e Draco grazie alla rappresentazione del loro diverso modo di essere padri, diverso ma al tempo stesso con più di un punto in comune nel loro distacco emotivo e nella distanza quasi fisica che si viene a creare tra genitori e figli. Se alla semplice lettura i personaggi potrebbero apparire poco convincenti, a teatro si arricchiscono invece di innumerevoli sfumature e prendono letteralmente vita grazie a degli attori in grado di delinearne la personalità con bravura.
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Jamie Parker è un Harry ancora profondamente segnato dalle sofferenze e dalle perdite subite, alle prese con un senso di colpa che non si è mai del tutto assopito. Alex Price possiede il carisma giusto per portare in scena una versione adulta di Draco a cui J.K. Rowling ha permesso di dare spazio anche al lato più vulnerabile e ironico. Noma Dumezweni trasmette la giusta dose di saggezza e intraprendenza che ha contraddistinto da sempre Hermione, mentre Paul Thornley è un Ron Weasley spumeggiante e sempre carico di quel pizzico di leggerezza necessario a stemperare anche le situazioni più drammatiche.
Tra gli "adulti" non si possono poi non citare Paul Bentall, ottimo nei ruoli che gli sono stati assegnati, e Chris Jarman, presenza molto carismatica sul palco.
La nuova generazione di Hogwarts è guidata da Sam Clemmett nel ruolo di Albus Potter, in grado di gestire bene la figura di un adolescente alla ricerca del proprio posto nel mondo ma vittima di un confronto non voluto con l'imponente figura del padre a livello sociale; Cherrelle Skeete nella parte di Rose Granger-Weasley, alla quale viene assegnato forse uno spazio fin troppo esiguo; e la rivelazione Anthony Boyle che emerge con forza tra i tanti membri del cast grazie a una interpretazione dall'ampio registro, passando dall'insicurezza al coraggio e mostrando vari gradi di vulnerabilità e sensibilità umana senza mai apparire innaturale.
Non si può, infine, non citare Annabel Baldwin che regala dei momenti esilaranti con la sua versione di Mirtilla Malcontenta, ed Esther Smith che interpreta Delphi Diggory, personaggio impegnativo dal punto di vista emotivo e anche fisico.
Una storia ricca di spunti di riflessione
J.K. Rowling non ha mai esitato nell'offrire tra le pagine dei suoi romanzi importanti lezioni e spunti di riflessioni e anche La Maledizione dell'Erede regala dialoghi efficaci sul significato dell'amicizia, della famiglia, sulle conseguenze della solitudine e dell'emarginazione, sul sacrificio e persino sull'amore. Seguendo le (dis)avventure di Albus e Scorpius si assiste così a quello che potrebbe accadere a causa di un semplice gesto, di un'azione nata con buone intenzioni ma che si rivela in grado di ferire più profondamente di quanto si possa mai immaginare, cambiando per sempre il corso della storia.
La storia di Harry Potter continua quindi ad avere quasi delle sfumature educative che si rivolgono, in questo caso, agli spettatori di ogni età: i genitori potranno riflettere sulle conseguenze dei propri atteggiamenti sui figli, i figli capiranno forse che anche i genitori possono sbagliare in buona fede e avere difetti pur continuando ad amarli; e chiunque potrà riscoprire il valore, il fascino e l'importanza culturale del teatro.
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E' innegabile che la pubblicazione dello script abbia ricevuto anche molte critiche e accuse di aver dato vita a un ulteriore progetto solo per motivi puramente commerciali, tuttavia anche i più scettici dovrebbero dare una chance allo spettacolo: ogni elemento e personaggio prende infatti vita in modo inaspettato e sorprendente e persino gli elementi di scena, come i libri inseriti nella libreria di Hermione, arricchiscono le personalità dei protagonisti.
Un altissimo livello tecnico e artistico
A rendere veramente magico lo spettacolo è, senza alcun dubbio, il lavoro compiuto dal punto di vista tecnico e artistico. All'interno della cornice veramente suggestiva del Palace Theatre si è infatti curato ogni minimo dettaglio sotto l'attento controllo del regista John Tiffany. Il contributo dell'illusionista Jamie Harrison è evidente nel creare dei momenti (su cui è giusto mantenere il segreto) che lasceranno senza fiato gli spettatori e non fanno affatto rimpiangere gli effetti speciali cinematografici.
Le scenografie ideate da Christine Jones sono essenziali e al tempo stesso incredibilmente efficaci nel modificare rapidamente il palco con pochi elementi mobili ma estremamente duttili, anche grazie allo spettacolare contributo di Neil Austin alle luci.
A impreziosire lo spettacolo ci sono poi i movimenti coreografici ideati da Steven Hoggett, in grado di dare ritmo e creare l'atmosfera giusta pur essendo spesso semplici interazioni e spostamenti costruiti per sfruttare i costumi, e le musiche composte da Imogen Heap, mai invadenti e ben inserite per enfatizzare le diverse emozioni e situazioni in scena.
La magia continua a distanza di quasi venti anni
L'arrivo del mondo di Harry Potter a teatro trasporta in una nuova dimensione la magia che ha già avuto così tanto successo al cinema e, a prescindere dalla scelta di considerare La maledizione dell'erede una parte integrante della storia dell'iconico mago oppure no, permette di celebrarne gli elementi più importanti. Indipendente e al tempo stesso indissolubilmente legato ai romanzi, lo spettacolo sembra destinato ad avere una vita lunga, attirando nel corso degli anni in cui verrà programmato anche nuove generazioni di fan, quelle che non hanno vissuto l'attesa per l'uscita dei romanzi o l'arrivo nelle sale dei film, offrendo un'esperienza indimenticabile che a tratti toglie il fiato e a momenti commuove, diverte e sicuramente intrattiene per tutte le cinque ore in cui si viene trasportati nel mondo di Hogwarts.
A distanza di quasi venti anni, J.K. Rowling continua infatti a regalare una magia di cui il mondo sembra avere bisogno, quasi come se un incantesimo o un Patronus potesse allontanare dalle nostre vite, almeno per il tempo in cui siamo protetti all'interno delle mura di un accogliente teatro, le ombre oscure che aleggiano nella quotidianità, rischiando a volte di toglierci gioia e voglia di vivere.
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