La melodia e quei chilometri di lettere. Un giro di piano(la) e quel ritornello che ha segnato l'educazione sentimentale di svariate generazioni. Un po' preghiera, un po' accusa, un po' speranza. Se Hanno ucciso l'uomo ragno è, a tutti gli effetti, la serie italiana dell'anno, il motivo è da trovare nella chiave della lettura: la riconoscibilità. Una chiara attinenza alla nostra memoria, ai ricordi di quegli anni (appunto) inconsapevoli e grandiosi. Sì, la storia degli 883; la storia di Massimo "Max" Pezzali (Elia Nuzzolo nella serie), della sua introspezione e del suo coraggio; la storia di Mauro Repetto (Matteo Oscar Giuggioli), del suo "mancare tanto così" e del suo groove ballerino, ma anche profondissimo nell'aver scardinato il gruppo italiano di riferimento attraverso una dote formidabile: la semplicità della scrittura.
Guarda caso, la stessa scrittura che contraddistingue la serie creata da Sydney Sibilia (e scritta insieme a Francesco Agostini, Chiara Laudani, Giorgio Nerone) per Sky (successo stratosferico, siamo contenti). Dettagliata, luminosa, brillante. Vera. Talmente vera che, nelle otto puntate ormai disponibili, ecco la suggestione inaspettata. La rappresentazione esatta di cosa voglia dire essere innamorati a vent'anni. La leggendaria ascesa degli 883, ma anche la tenera, dolce e necessariamente dolorosa revisione del nostro primo amore: Silvia. Personaggio archetipico, proiezione delle nostre cotte, delle nostre notti lunghe fino all'alba.
Silvia, personaggio di riferimento (emotivo) per una serie che parla di noi
Lo capiamo subito, fin dal primo momento: Silvia, interpretata dalla rivelazione Ludovica Barbarito (lavoro di casting perfetto), sorriso enorme e occhi luminosi, è il riassunto di ideale di come potrebbe essere inteso il primo amore. E lo chiariamo subito, come ha poi confidato Max Pezzali: Silvia è, in un certo senso, una crasi, un misto di figure femminili che hanno ruotato attorno al cantante, spingendolo ad affrontare la complessità dei sentimenti all'interno di testi mai scontati. Allora, non una figura realmente esistita, piuttosto una sintesi. Tuttavia, sempre Max ha rivelato che Come Mai, incisa in una cassetta, come noi incidevamo le cassette (e poi i CD) per le nostre ragazze/i del cuore, è dedicata alla "Silvia originale".
Una trovata perfetta, e se vogliamo ancora più forte: non lo nascondiamo, e crediamo anzi che dietro Max e Mauro ci sia poi il personaggio "più interessante" di Hanno ucciso l'Uomo Ragno - La vera storia degli 883. Il motivo? La sua evoluzione: da ragazza all'apparenza superficiale e scostante (nel tumulto di un'adolescenza), ad una centralità di pensiero emotivo che per precisione umana lascia folgorati. Ci ritroviamo in lei, nelle sue meravigliose scelte sbagliate, nel confondere amicizia e amore, nel suo crederci fino in fondo ad un amore sfumato e scontornato, come solo l'amore acerbo sa essere, più potente e più doloroso. Ci ritroviamo in lei, quando dice che "il ragazzo più bello della scuola, alla fine della scuola, non è poi così bello". Quanta realtà, quanta onestà in Silvia, mezza greca e mezza pavese: musa ispiratrice, parafrasi romantica che ritroviamo in tutte le canzoni e in tutti i momenti di una serie che parla di noi.
Hanno ucciso l'uomo ragno - La vera storia degli 883 e una serie "Sul potere dei sogni"
Come rincontrare il nostro primo amore
Insomma, Silvia è la digressione essenziale della storia. Lo spunto, e il punto di partenza senza un arrivo previsto. Perché poi è così, il primo amore non si scorda mai. Non lo scordiamo noi, non lo scorda Max. E i suoi dubbi sono i nostri, il suo disagio è familiare, lo ritroviamo in quegli attimi perduti che, ancora adesso, scheggiano i ricordi. Tutto preciso, tutto identico a come l'abbiamo vissuto anche noi. E quanto ci rivediamo nell'incapacità di Max nel tenere con sé "qualcosa che ha sempre desiderato". Quanta paura, quanta indecisione in quegli sguardi ancora vividi, e ora riaccesi per magia.
E se gli 883 hanno cantato la vita di provincia di chi aveva vent'anni, nel profilo di Silvia ecco quella lettura dolente e lucida (lucida come gli occhi della brava Ludovica Barbarito, mentre arriccia il filo di un telefono che squilla a vuoto) che fa rima con il rimpianto per quel "tempo che passa per tutti", e che "nessuno indietro lo riporterà, neppure noi". Ancora una volta, ci troviamo a fare i conti con il nostro passato, rincontrando, in un personaggio che ci sembra di conoscere davvero, quelle figure che ci hanno reso ciò che poi siamo diventati. Lettera dopo lettera, telefonata dopo telefonata e, ancora, sms dopo sms. Tra le labbra, sempre quella canzone d'amore. Urlata "pregando per un sì".