"La propria destinazione non è mai un luogo, ma un nuovo modo di vedere le cose"
Basta solo questo aforisma di Henry Miller per riassumere in poche parole tutto l'impianto narrativo di Guida turistica per innamorarsi. Ogni valigia preparata, ogni itinerario attentamente costruito, si fanno tasselli di un'esperienza pronta a ribaltare ogni aspettava sottesa, ogni emozione nascosta e di cui non si è pronti ad affrontare. Una volta usciti da una passività di visione e raffronto del reale, si accoglie il viaggio come una mano pronta a togliere quel velo di Maya per mostrarci essenze e verità tenute cocciutamente nascoste.
Come sottolineeremo in questa recensione di Guida turistica per innamorarsi, sebbene in maniera molto più leggera e superficiale, il film diretto da Steven K. Tsuchida, e disponibile su Netflix, riesce a raccogliere la potenza rivoluzionaria intrinseca al concetto di viaggio, dimostrando quanto l'uscita dalla propria comfort zone e l'apertura totale verso mondi nuovi si faccia specchio riflesso di debolezze, fragilità e aspetti del tutto personali che tenevamo celati sotto al tappeto di auto-convinzioni pronte a sfaldarsi passo dopo passo, foto dopo foto.
Guida turistica per innamorarsi: la trama
Dopo una separazione inaspettata, la dirigente di un'azienda promotrice di servizi turistici (Rachael Leigh Cook) accetta l'incarico di recarsi sotto copertura in Vietnam per scoprire l'industria del turismo locale. Neanche il tempo di arrivare a destinazione che ecco per Amanda iniziare un'avventura inedita e romantica. Un'esplorazione fuori dagli schemi e del tutto imprevedibile, facilitata anche da Sinh, la guida vietnamita che porterà la ragazza e il resto dei viaggiatori a esplorare la vita allontanandosi dal tragitto prestabilito.
Il viaggio di deboli risvolti
Non ha grandi pretese Guida turistica per innamorarsi e ogni suo fotogramma intende ricordarcelo. Generata sulla scorta di Mangia, prega, ama, l'opera è una semplice commedia su chi osa uscire dalla propria ordinarietà per rinascere, germogliare di nuovo da terreni lontani. Non c'è alcuna volontà di rivoluzionare un genere già ampiamente battuto, o sorprendere i propri spettatori con virtuosismi registici e sconvolgimenti narrativi. Tutt'altro; nel film di Tsuchida vige una certa prevedibilità con cui anticipare ogni gesto, ogni azione, ogni pseudo punto di svolta. Ciononostante, per quanto debole dal punto di vista visivo e narrativo, il film risponde in maniera consona e ottimale al target a cui intende rivolgersi, quello di spettatori che vogliono intrattenersi ed estraniarsi dalla propria quotidianità per un'ora e mezza, con una visione leggera e poco impegnativa. Un viaggio cinematografico che non avrà sullo spettatore il medesimo impatto interiore della propria protagonista, ma che accompagnerà ogni sguardo curioso tra le vie di una Vietnam inedita con cui sognare a occhi aperti.
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Abbracci di mondi differenti
Che il cambiamento della protagonista avvenga solo a stretto contatto con un mondo a lei distante, è un elemento sottolineato anche dalla regia ampia firmata da Tsuchida. Totali, campi lunghi, inquadrature ad ampio respiro sono tutte scelte filmiche attuate al fine di unire e abbracciare in un solo sguardo la giovane protagonista con quel crogiolo ambientale che la rimodella a proprio piacimento, sulla spinta di un'indole più istintiva e meno timorosa.
Condividendo il medesimo spazio non solo con templi, i mercati, e le strade affollate di un Vietnam inedito, ma anche con uomini e donne che quel mondo sono chiamati a rappresentare, si sprigiona in Amanda un cambiamento volto ad aprirle nuovi percorsi da intraprendere e nuovi mondi da osservare. Un maelstrom interiore, il suo, a volte difficile da gestire che, per osmosi, tenta di colpire a ammantare anche lo spettatore al di là dello schermo, così da spingerlo a sfidarsi personalmente, uscire dai propri schemi e vivere sotto altri punti di vista e con occhi diversi.
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L'itinerario dei sentimenti umani
Non offre alcunché di nuovo al genere della commedia romantica e di viaggio il film di Tsuchida. Ogni passaggio narrativo si trascina lungo strade già battute in precedenza, seguendo un sentiero sicuro senza osare, o approcciarsi a itinerari inediti e sconosciuti. La sceneggiatura a opera di Eirene Donohue compie pertanto l'esatto opposto di quanto realizzato dalla sua stessa protagonista. Senza improvvisare, la sceneggiatura segue pedissequamente i punti nevralgici di una commedia tradizionale, rendendo l'intero impianto poco originale e scevro di sorprese, o innovazioni. Tra passaggi intermedi che citofonano la natura prevedibile dei risvolti successivi, e momenti di danza e festeggiamenti inutili all'economia del racconto, fungendo da meri riempitivi, la pellicola si sviluppa su parole blasonate e battute che difficilmente rimarranno impresse nella mente dello spettatore.
Guida turistica per innamorarsi è piuttosto un film concentrato sul comparto umano dei propri personaggi, su quanto cioè le relazioni interpersonali possono acuire e spronare un improvviso e differente modo di approcciarsi e vivere il mondo attraverso l'avventura di un viaggio. Data la mancanza di un'antagonista, Amanda risulta impossibilitata ad affrontare le difficoltà e le lotte instaurate da una propria nemesi. Così facendo, la donna non seguirà mai alcun arco evolutivo, se non grazie agli uomini e le donne che la accompagnano lungo questo breve, ma intenso viaggio. Dal canto loro, Rachael Leigh Cook (Amanda), Scott Ly (Sino) e tutto il resto del cast donano freschezza e immediatezza a personaggi alquanto stereotipati e ancorati al tipo di ruolo a loro affidato (la donna d'affari pronta a uscire dai propri ideali; la guida turistica che diventerà il suo interesse amoroso; un ex superficiale). Con sorrisi ampi, espressioni tenute sotto controllo e mai enfatizzate, gli attori danno vita a tante tessere di un puzzle di condivisione e umana sensibilità che può scadere a volte nella melensa retorica, ma che raggiunge comunque il proprio obiettivo, ossia quello di regalare per un tempo limitato un'evasione a spettatori poco esigenti, ma pronti a sognare.
E così Guida turistica per innamorarsi si fa viaggio di anima e cuore, un itinerario lungo arterie stradali che reduplicano quelle interne di cuori pronti a battere di nuovo, mentre gli occhi si aprono e le personalità mutano, deviando verso sentieri di coraggio e nuove scelte più istintive, innovatrici, e per questo spettacolari.
Conclusioni
Concludiamo la nostra recensione di Guida turistica per innamorarsi sottolineando come il film diretto da Steven K. Tsuchida tenti di alleggerire il cuore dei propri spettatori mostrando come l'esperienza di un viaggio possa aiutare a uscire da schemi prestabiliti, modificando il proprio punto di vista e, così, osservare e amare il mondo con occhi nuovi. Peccato che ogni buone intenzioni rimangano tali, impossibilitate a concretizzarsi a causa di una sceneggiatura debole e fin troppo ancorata agli stereotipi del genere.
Perché ci piace
- Le performance degli attori.
- L'elemento del viaggio come strumento di apertura mentale.
Cosa non va
- Una sceneggiatura piena di deja-vu e ancorata agli stilemi del genere.
- La poca pregnanza di battute pseudo vuote.
- L'inserimento di segmenti assolutamente inutili all'economia del racconto e usati come riempitivi.
- Il troppo buonismo di una narrazione orfana di momenti negativi che portano la protagonista a una sua evoluzione.