Grandi bugie tra amici, la recensione: un altro “grande freddo” fra humor e segreti

La recensione di Grandi bugie tra amici di Guillaume Canet, sequel di Piccole bugie tra amici: una vivace commedia che replica la formula del film precedente.

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Grandi bugie tra amici: François Cluzet, Laurent Lafitte in una scena del film

L'effetto di nostalgia di un film come quello di Guillaume Canet, che ci accingiamo ad esaminare in questa recensione di Grandi bugie tra amici, viene evocato fin dai primissimi minuti, quando le immagini del protagonista Max Cantara al volante sono accompagnate dalla voce di Van Morrison e dalla cover dei Them del classico di Bob Dylan It's All Over Now, Baby Blue. Il tuffo musicale negli anni Sessanta, il suggestivo panorama di Cap Ferret, con la costa bagnata dall'oceano ed eleganti baite immerse nella campagna: la prima preoccupazione di Canet è quella di creare fin da subito l'atmosfera adatta ad un racconto in cui si mescolano idillio vacanziero, problemi privati, ma soprattutto comicità a piene mani.

La stessa formula, in sostanza, che Guillaume Canet aveva già adottato nove anni fa per Piccole bugie tra amici (in originale Les petits mouchoirs), uno dei maggiori successi di pubblico del cinema francese dell'ultimo decennio; una pellicola di cui Grandi bugie tra amici è un diretto sequel, tanto da rendere la visione del primo film un prerequisito quasi indispensabile per comprendere appieno la natura dei rapporti fra i personaggi e certe dinamiche dei loro legami.

Noi finiremo insieme: gli amici ritrovati

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Grandi bugie tra amici: Clémentine Baert, François Cluzet in una scena del film

"Noi finiremo insieme": è la dichiarazione d'intenti del titolo francese dell'opera, Nous finirons ensemble, un omaggio di Guillaume Canet al regista Maurice Pialat e al suo Nous ne vieillirons pas ensemble del 1972, conosciuto in Italia come L'amante giovane. Ed è appunto lo spirito di comunione fra i protagonisti che li induce a ritrovarsi tutti insieme, dopo tre anni di separazione, in occasione del sessantesimo compleanno di Max, interpretato da François Cluzet. In preda a varie forme di ansia e pervaso da una rabbia repressa a stento, Max reagisce malvolentieri alla sorpresa organizzata dai suoi amici storici, che lo raggiungono nella casa di campagna da lui condivisa con la nuova fidanzata, la giovane e amorevole Sabine (Clémentine Baert).

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Grandi bugie tra amici: un'immagine di gruppo

Questo è lo spunto di partenza di una commedia sviluppata interamente nell'arco dei tre giorni che i personaggi trascorreranno sotto lo stesso tetto, tra momenti di spensieratezza, confessioni più o meno sorprendenti, inevitabili flirt e qualche parentesi drammatica. In sostanza, quel meccanismo narrativo imposto nel 1983 dal cult di Lawrence Kasdan Il grande freddo e da allora ripreso e imitato con frequenza incalcolabile. Già Piccole bugie tra amici, in fondo, era costruito su un modello analogo, e nove anni dopo Canet non sembra intenzionato a modificare più di tanto le caratteristiche su cui si fondava la vasta popolarità di quel film (pure il sequel, infatti, ha registrato incassi decisamente ragguardevoli in patria).

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Vecchi personaggi e nuove bugie

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Grandi bugie tra amici: Marion Cotillard in una scena

La principale novità di Grandi bugie tra amici è che stavolta l'attenzione è concentrata in prevalenza sulla figura di Max, il cui atteggiamento dai tratti misantropici nasconde un pesantissimo senso di fallimento e di vergogna. La conseguenza è che, giocoforza, i personaggi comprimari non ricevono spazio a sufficienza per acquisire un peso significativo negli equilibri della trama: la Marie sopra le righe di Marion Cotillard o l'irresponsabile Eric di Gilles Lellouche risultano privi di un autentico spessore, con quest'ultimo relegato a qualche siparietto farsesco con la bambinaia Catherine (e le battute ai danni di quest'ultima, che consistono essenzialmente nel definirla "cesso" e "pachiderma", rappresentano un'imbarazzante caduta di stile per lo script di Canet e Rodolphe Lauga).

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Grandi bugie tra amici: Pascale Arbillot, François Cluzet, Marion Cotillard, Laurent Lafitte, Gilles Lellouche, Benoît Magimel in una scena
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Grandi bugie tra amici: François Cluzet, Benoît Magimel, Hocine Mérabet, Joël Dupuch, Mikaël Wattincourt in una scena del film

Va ancora peggio a Laurent Lafitte (Antoine) e Pascale Arbillot (Isabelle), imbalsamati in ruoli incolori e senza una storyline degna di questo nome, mentre la Véronique di Valérie Bonneton, l'ex moglie di Max, si limita a una breve comparsa. Un discorso a parte va fatto per il Vincent di Benoît Magimel, diviso fra sentimenti non ancora sopiti sia per Max che per Isabelle e la sua relazione con un uomo più maturo, nonché alle prese con insicurezze paterne: tantissimo materiale, ma trattato in maniera superficiale e non molto credibile. E l'idea di far esplodere una serie di drammi a catena nell'ultima mezz'ora del film, lungi dal seguire una spontanea evoluzione degli eventi, appare piuttosto un espediente di comodo per arrivare all'immancabile catarsi con annessa, gioiosa riconciliazione.

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Conclusioni

Per chi aveva amato Piccole bugie tra amici sarà senz’altro piacevole rincontrare personaggi ed interpreti del capitolo precedente, sempre con quell’ironia e quella leggerezza in grado di stemperare gli aspetti più spigolosi ed amari. La sensazione però, come abbiamo sottolineato nella nostra recensione di Grandi bugie tra amici, è che a divertirsi siano più gli attori che gli spettatori, fra riempitivi del tutto gratuiti (il lancio con il paracadute), le canoniche scene di ballo (la ricca soundtrack propone, fra gli altri, Elton John, Donna Summer, Cyndi Lauper, Boney M., Crowded House e, in chiusura, Nina Simone) e i diversi cliché del caso.

Movieplayer.it
2.5/5
Voto medio
2.1/5

Perché ci piace

  • Un cast affiatato che può contare su vari “pesi massimi” del cinema francese.
  • La leggerezza e il ritmo spedito che avevano già fatto la fortuna di Piccole bugie tra amici.
  • Il potenziale ed immediato effetto di coinvolgimento per i fan del film precedente.

Cosa non va

  • La difficoltà di elaborare storyline convincenti per tutti i personaggi in gioco.
  • Le forzature narrative, i momenti scontati o gratuiti e una comicità che talvolta manca il bersaglio.
  • Lo squilibrio tra l’enfasi drammatica dell’ultima parte e un finale fin troppo conciliatorio e rassicurante.