Gold, la recensione: Zac Efron in un mondo che ha perduto la speranza

La recensione di Gold: il film di Anthony Hayes con Zac Efron, al cinema dal 30 giugno, è una storia in un mondo che sta finendo le sue risorse, dove, in un deserto sterminato, due uomini trovano improvvisamente dell'oro.

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Gold: Zac Efron in un'immagine

"Da qualche parte, in qualche momento, non troppo lontano da adesso". Inizia così, con la scritta che appare a schermo ancora nero, la recensione di Gold, il film di Anthony Hayes con Zac Efron, in uscita al cinema il 30 giugno. È una storia in un mondo che sta finendo le sue risorse, dove, in un deserto sterminato, due uomini trovano improvvisamente dell'oro. È una scoperta insperata, che può cambiare loro la vita. In un senso o nell'altro. Gli sterminati deserti australiani e Zac Efron sono i grandi protagonisti di una storia torrida, allucinata e allucinante, in cui l'oro è metafora di tante cose, è un mezzo per scavare nella natura umana. È un film che che trasmette ansia e disperazione, dove molto è già visto, ma per la storia che deve raccontare funziona.

Quella pepita d'oro enorme

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Gold: Zac Efron in un'immagine del film

Virgil (Zac Efron) arriva, in treno, in un posto di frontiera, assolato, sporco e disperato. Ha con sé un volantino, quello di un posto che può cambiare la sua vita. È un nuovo lavoro. Ma l'uomo che è venuto a prenderlo per portarlo a destinazione con la sua macchina, Keith (Anthony Hayes, lo stesso regista), lo avvisa: è un lavoro duro, sporco, dove troverà persone che non gli renderanno la vita facile. I due attraversano il deserto con una macchina che rischia continuamente di surriscaldarsi. Mentre sono fermi in mezzo al deserto, trovano una pepita d'oro. È una pepita enorme, una roccia, una piccola montagna. È pesantissima, e non si riesce a spostarla. Che fare? Uno di loro dovrà andare a prendere uno scavatore, l'altro restare di guardia all'oro. È l'occasione che potrebbe cambiare le loro vite...

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Un mondo assetato di speranza

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Gold: Anthony Hayes in un'immagine

Se non è la fine del mondo, ci siamo quasi. I personaggi di Gold si muovono in un mondo arido, assolato e deserto. Un mondo sporco, abbandonato a se stesso, sull'orlo del collasso. È un mondo assetato di tutto, di acqua, di denaro, di qualsiasi risorsa serva per sopravvivere. E di speranza, perché è quella che sembra mancare più di ogni altra cosa. Ed è soprattutto la speranza che quell'oro rappresenta per Virgil e Keith. Quella di Anthony Hayes è una visione del futuro che di certo non è originale, ma è comunque abbastanza potente da lasciare il segno e inquietarci durante la visione. Gli sterminati deserti australiani sono quelli che diedero vita all'immaginario di Mad Max, da Interceptor in poi. Qui sono lo scenario di una storia meno visionaria ed eccessiva, più realistica, ma non senza tocchi di allucinazione, come è credibile possa accadere a una persona che resta per giorni da sola nel deserto.

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Gold: una sequenza del film

La fotografia desaturata

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Gold: Susie Porter in una scena

La fotografia desaturata che rende Gold a tratti vicino alla monocromia, un'immagine che si articola su infinite sfumature del grigio e del beige, in un'infinita distesa di sabbia e polvere, ci ricorda a tratti quella di un film come Codice Genesi, ma anche dei tratti di inchiostro sulle pagine di una graphic novel. È efficace perché riesce ad astrarre una storia che è ambientata in un mondo futuro piuttosto concreto, ma allo stesso tempo è anche metaforica, simbolica.

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Fino a dove siamo disposti ad arrivare?

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Gold: Zac Efron e Anthony Hayes in una scena

Quell'oro, infatti, potrebbe essere qualsiasi altra cosa. Qualsiasi materia, oggetto, che rappresenti la speranza in un mondo che l'ha persa completamente, la promessa in un mondo che non promette più niente, l'acqua nel deserto. È la luce in fondo al tunnel. È anche il potere e la ricchezza, quella cosa per cui ognuno è disposto a dare molto, ad arrivare fino a un punto di non ritorno. Quello che si chiede Gold è proprio questo: fino a dove siamo disposti ad arrivare per questa cosa? Fino a che punto possiamo cambiare noi stessi, o rivelare la nostra vera natura?

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Gold: Zac Efron in mezzo al deserto

Come Il deserto dei tartari

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Gold: Zac Efron raccoglie la legna

Gold è un film articolato in delle fasi precise. Una premessa, il momento della svolta, e una seconda parte che è un lungo momento di attesa, e poi un'escalation che porta a un finale di quelli che rimangono impressi, sconvolgente eppure perfettamente coerente a quello che il film vuole raccontare. Per tutta la seconda parte sembra una sorta di Aspettando Godot o Il deserto dei tartari, perché non sappiamo se quell'uomo che se n'è andato tornerà mai. È una parte che ha un senso, ma è anche la più debole del film, perché comporta una piccola caduta di ritmo. La risposta alla nostra attesa l'avremo.

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Zac Efron è diventato grande

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Gold: Zac Efron in un'immagine del film

Gold è un film che vede ancora Zac Efron alla ricerca di una credibilità da attore adulto. La sua maturità è probabilmente arrivata. La prima cosa è chiaramente mascherare la sua bellezza con una barba lunga e nera, e con la pelle sporca di fuliggine e man mano sempre più bruciata dal sole. Ma il make up è solo il mezzo per tirare fuori una prestazione convincente e matura, in quello che è in pratica un assolo. Quello di un uomo che si trova ad affrontare i demoni che ha dentro prima di quelli che trova fuori. E Zac Efron, in Gold, è molto convincente.

Conclusioni

Come vi abbiamo raccontato nella recensione di Gold, gli sterminati deserti australiani e Zac Efron sono i grandi protagonisti di una storia torrida, allucinata e allucinante, in cui l'oro è metafora di tante cose, e un mezzo per scavare nella natura umana. È un film che che trasmette ansia e disperazione, dove molto è già visto, ma per la storia che deve raccontare funziona.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
3.5/5

Perché ci piace

  • La storia del ritrovamento di una pepita d'oro nel deserto diventa un trattato sulla natura umana.
  • Zac Efron è un protagonista convincente, un attore che sembra aver trovato la sua maturità.
  • Lo scenario apocalittico degli sterminati deserti australiani è una visione del futuro efficace...

Cosa non va

  • ... anche se è un immaginario già visto molte volte.
  • La parte centrale, per quanto coerente al racconto, soffre di alcune lungaggini e cali di ritmo.