Recensione Michael Clayton (2007)

L'opera d'esordio del regista Tony Gilroy è un legal thriller a metà tra Erin Brocovich e John Grisham con protagonista un George Clooney ancora più bravo del solito nei panni di un avvocato specializzato nel ripulire la fedina penale dei suoi assistiti.

Gli avvocati del diavolo

L'opera d'esordio del regista Tony Gilroy è un legal thriller a metà tra Erin Brockovich e John Grisham con protagonista un George Clooney ancora più bravo del solito nei panni di un avvocato, ex procuratore legale, ora specializzato nel ripulire la fedina penale degli assistiti per conto di un grande studio legale di New York. All'abilità lavorativa corrisponde, però, una situazione disastrosa in ambito privato: il drammatico divorzio e un ingente debito accumulato col gioco d'azzardo rischiano di distruggere completamente la vita di Clayton. A complicare la situazione interviene il crollo nervoso di Arthur Edens (Tom Wilkinson), uno degli avvocati di punta dello studio legale che rischia di mandare a monte l'accordo con la potente U/North, industria chimica di prodotti per l'agricoltura accusata di aver avvelenato molte persone con un diserbante. La catena di eventi innescata dalla crisi di Edens, e dal ritrovamento di un documento che attesta la colpevolezza della U/North, coinvolgono Clayton in una spirale di eventi drammatici che lo spingeranno fino al limite delle proprie possibilità.

Michael Clayton, sulla carta, si presenta come un lavoro dalle grandi potenzialità, incuneandosi in quel cinema di impegno civile degli anni '70 (per intenderci quello di Sidney Lumet, di Alan J. Pakula, di Sydney Pollack) che coniuga tematiche politico-sociali e asciuttezza stilistica. A dire la verità Gilroy qualche abbellimento sparso qua e là se lo concede impreziosendo la pellicola con tocchi di regia che la modernizzano e cercano di evitare l'eccessivo appiattimento: la struttura ciclica che contraddistingue il film, alcuni flashforward tra cui la vera e propria epifania di Michael Clayton che abbandona l'auto per avvicinarsi a un gruppo di cavalli in libertà, un montaggio dal ritmo variabile e una certa cura formale evidenziano l'impegno con cui il lavoro è stato realizzato. Quanto al cast, è senza dubbio il migliore a cui Gilroy potesse aspirare nonché il più adatto al film: Clooney è affiancato dall'inglese Tom Wilkinson nei panni di Arthur Edens e dall'intensa Tilda Swinton, capo dell'ufficio legale della U/North, una donna costretta a prendere decisioni che vanno contro ogni morale solo per dimostrare di essere all'altezza dell'incarico che le è stato assegnato. Sidney Pollack compare nelle doppie vesti di interprete e produttore dando così il suo patrocinio definitivo a un lavoro che però, alla fine dei conti, non decolla.

Nonostante le premesse ottime, l'impressione che la pellicola lascia è quella di un discreto film di genere, ben scritto, ben recitato, ma con poca anima. La scelta di mettere il dito nella piaga del sistema delle grandi corporation, e nei meccanismi economici che stano alla base di questo sistema, non viene portata fino in fondo lasciando ampio spazio ai drammi personali dei personaggi. L'intento di denuncia del sistema capitalistico si perde per strada restando sullo sfondo di quello che, alla fine dei conti, si trasforma in giallo/thriller venato di sfumature drammatiche. L'eccessiva lentezza del corpo centrale del film, in particolare di alcuni dialoghi, penalizza il ritmo, alto nelle parti iniziale e finale (senza dubbio le più riuscite) creando uno squilibrio di cui Michael Clayton paga il prezzo. Il bilancio finale, pur non particolarmente negativo, è insoddisfacente per un'opera ambiziosa che si pone obiettivi molto elevati tra cui, non è un mistero, gli stessi Oscar.

Movieplayer.it

2.0/5