Glassboy, la recensione: Non serve essere Batman per essere un eroe

La recensione di Glassboy, il film di Samuele Rossi che trova un modo pop e incantato per parlare di fragilità raccontando una storia per ragazzi sullo stile I Goonies e Stand By Me.

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Glassboy: una scena

"Hai una villa bellissima. Hai a disposizione quello che vuoi. Hai talenti nascosti. Sei solitario. Non sopporti le ingiustizie. Praticamente sei Batman". La recensione di Glassboy, il nuovo film di Samuele Rossi, in uscita il 1 febbraio in TVOD, a noleggio su tutte le più importanti piattaforme, inizia da qui. Dalle parole dei Mei, una ragazzina, destinate a Pino, il protagonista del film. Pino non è affatto Batman, e non è solitario per sua scelta. Ha una malattia rara, che lo rende in qualche modo fragile. Così, per paura, la sua o quella della sua famiglia che tende a proteggerlo, esce poco. Il suo rifugio sono i fumetti: non Batman, ma quelli che disegna lui, e che sono il suo contatto con l'avventura, con la vita e con il mondo esterno. Sono stati proprio dei disegni a fumetto, all'inizio del film, a introdurci nella sua storia, per poi tornare sui titoli di coda. E che ci hanno fatto capire subito da che parte siamo: orgogliosamente in un film per ragazzi, di quelli che in America fanno da sempre e da noi quasi mai. Una storia che unisce un importante aspetto sociale, che parla di fragilità e diversità, ma che punta anche ad avvincere. Ci riesce in parte, ma è un prodotto buona qualità.

La trama: Pino e la vita vista da dietro una finestra

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Glassboy: una sequenza

Pino (Andrea Arru) ha 11 anni, ed è solito guardare i bambini che giocano sulla piazza dalla sua finestra, nascosto dietro a una tenda. Ha una malattia ereditaria che ne mette a rischio la vita e così vive nascosto nella sua grande villa, come sotto una campana di vetro. Il mondo là fuori, quei possibili amici, li può solo osservare dall'alto, con il binocolo. Nella sua camera c'è tutto, ogni tipo di giochi e di colori. Ma lui vorrebbe essere lì, nella piazzetta, a fare le gare in bicicletta con gli Snerd, un gruppo di amici con cui si sentirebbe molto a suo agio. Mavi, la leader del gruppo, lo invita finalmente a far parte di loro. Ma la nonna Helena (una Loretta Goggi che si ispira a Crudelia De Mon) e i suoi genitori (Giorgia Wurth e David Paryla), iperprotettivi per troppo affetto, hanno per lui altre idee.

I Goonies, il cult che ha ispirato Stranger Things, It e Super 8

Quella tuta da supereroe

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Glassboy: un'immagine

Non è Batman, Pino, dicevamo. Al contrario, è un bambino fragile. Ha una malattia che gli fa rischiare la vita e che lo porta a doversi tutelare, a chiudersi in se stesso. Più per una paura dei suoi cari, che in famiglia hanno già perso una persona, che per un timore suo. E allora per lui essere un supereroe vuol dire fare la cosa più difficile, prendere e uscire da casa, raggiungere, anche solo per un attimo, quei suoi possibili amici su una piazzetta. E allora capita che per farlo, magari, si veste con una tuta imbottita, con delle paratie ed un casco, oltre che un mantello. Ed eccola là la sua tuta da supereroe. Goffa, improvvisata, improbabile. Ma non è meno importante di quella di Batman.

Il romanzo Il bambino di vetro diventa qualcos'altro

Tratto dal romanzo Il bambino di vetro di Fabrizio Silei, che racconta la storia di un ragazzo affetto da emofilia, una malattia che porta a sanguinare all'improvviso con molti problemi a far coagulare il sangue, Glassboy porta la storia da fine Ottocento ai nostri giorni, e si sofferma poco sulla malattia. Ne vuole piuttosto fare il simbolo di qualsiasi disabilità, fragilità, e diversità che, in qualche modo, ci tengono lontani dagli altri. In questo senso ha un valore universale e racconta un aspetto non banale quando si parla di queste cose: la paura degli altri, dei familiari e dai cari che tende a tarpare le ali ancora più della malattia stessa.

Glassboy, un film profetico

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Glassboy: una foto del film

Ma Glassboy, girato a fine 2019 e finito ormai un anno fa, per una serie di coincidenze ha finito per essere un film profetico. Perché, a causa della pandemia scoppiata del 2020, del successivo lockdown e delle misure di contenimento del virus, a vivere la situazione di Pino sono tutti, non solo le persone più fragili. Quel dover guardare i propri amici da lontano, quel non poter andare a scuola è diventata la condizione di molti ragazzi. E allora una battuta come "esultare per andare a scuola? Quando si è mai visto!" che un amico dice a Pino una volta che lui ha avuto il via libera dai genitori, ascoltata oggi ha tutto un altro sapore.

Quella voglia del cinema di Spielberg e Zemeckis

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Glassboy: una scena del film

Ha un quadro con la locandina di E.T. L'Extraterrestre appeso nel suo studio, Samuele Rossi, quando lo incontriamo su zoom per la conferenza stampa del film. Ama il cinema di Spielberg, di Zemeckis, e tutto quel cinema per ragazzi che in Italia si è sempre fatto pochissimo, per non dire mai. E qui è chiaro il suo intento: fare proprio un film di questo tipo, che unisse le tematiche più "sociali" all'emozione e l'intrattenimento di quei prodotti. L'atmosfera internazionale e spettacolare si vede subito, da quelle corse in bici che richiamano immediatamente E.T., I Goonies, Stand by me - Ricordo di un'estate, ma anche al più recente Stranger Things (vedi le lucine nella cameretta di Pino). È così che riferimenti cinematografici più recenti e più pop si sovrappongono e ricoprono una struttura narrativa che era quella del romanzo per ragazzi come I ragazzi della via Pal, Il signore dei bottoni, Gianburrasca, che erano i modelli del libro Il bambino di vetro. Gli omaggi sono tanti, da quelli più precisi (Mei, la bambina di origine orientale che richiama l'inventore de I Goonies) ad altri più sfumati, come il topos tipico dei film americani della ragazzina che entra dalla finestra. C'è in Rossi la voglia di fare un film orgogliosamente di genere. Un film che, dopo l'uscita sulle piattaforme, spera vivamente di arrivare nei cinema in estate e nelle scuole durante la prossima stagione.

Quella seconda parte...

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Glassboy: una sequenza del film

Il risultato è interessante, anche se la riuscita è parziale. Glassboy affascina e intriga durante tutta la prima parte, quella in cui Pino è nascosto, in cui tutta la storia è trattenuta, in cui si sente l'anelito a qualcosa: l'amicizia, l'avventura, il mondo fuori. Ma finisce per segnare un po' il passo proprio quando, insieme a Pino, usciamo all'esterno, e ci lanciamo nell'avventura. La vicenda, a quel punto, trova degli sviluppi un po' più ovvi e un po' sbrigativi e, soprattutto, l'azione non dà le emozioni e la tensione che è tipica di quei film americani a cui tende, pieni di sorprese e di fantasia. In questo senso è molto più forte la prima parte, quella che gioca sul distacco tra i due mondi, quelli di Pino e quello esterno, e sul desiderio del ragazzo di rompere le barriere che li separano. È questo il vero e proprio percorso dell'eroe, è questa la chiave della storia.

Il ritorno del film per ragazzi, o per famiglie

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Glassboy: una delle prime immagini del film

Glassboy, pur con i suoi difetti, resta una storia interessante da seguire, per il modo pop e incantato con cui viene rivestito il problema della fragilità. Ed è da lodare per il coraggio con cui si è cercato di fare, in Italia, quello che è a tutti gli effetti un film di genere. Un film per ragazzi, o per famiglie, un tipo di produzione che è appannaggio degli americani e a cui noi, per anni, abbiamo rinunciato. Negli ultimi anni ci sono stati tentativi interessanti, con Il ragazzo invisibile di Gabriele Salvatores, prodotto da Indigo Film, e con La Befana vien di notte di Michele Soavi (scritto da Nicola Guaglianone) con Paola Cortellesi, più posizionato verso l'action e il cinecomic il primo, più verso il fantasy e la commedia il secondo. Glassboy è qualcosa di ancora diverso. È un romanzo di formazione ancora più intimo, più delicato. E, come detto sopra, il destino ha voluto che fosse arrivato in un momento che lo ha reso universale. Ed è riuscito a raccontare la solitudine di tanti dei nostri ragazzi.

Conclusioni

Nella recensione di Glassboy vi abbiamo parlato di un film per ragazzi, di quelli che in America fanno da sempre e da noi quasi mai. Una storia che unisce un importante aspetto sociale, che parla di fragilità e diversità, ma che punta anche ad avvincere. Ci riesce in parte, ma è un prodotto buona qualità.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
3.0/5

Perché ci piace

  • Non si sofferma sulla malattia, ma vuole farne il simbolo di qualsiasi fragilità.
  • Prova a fare uno di quei film per ragazzi, alla E.T., I Goonies, Stand By Me.
  • Intriga durante la prima parte, quella in cui Pino è nascosto...

Cosa non va

  • ... ma finisce per segnare un po’ il passo quando usciamo all’esterno e ci lanciamo nell’avventura.
  • La vicenda, a quel punto, trova degli sviluppi un po’ più ovvi.
  • L’azione non dà le emozioni e la tensione tipiche di quei film americani a cui tende.