"Aspetta, che trovo una panchina su cui sedermi". Al telefono con Giorgia Arena chiacchieriamo di tutto: parliamo dei musical, e parliamo dell'associazione UNITA, e di quanto sia fondamentale oggi stipulare un contratto nazionale per attori e attrici; parliamo di libertà, di social - "ho avuto Instagram bloccato per mesi, è stata un po' una liberazione", ci dice - e parliamo soprattutto di Gigolò per caso (qui la nostra recensione), nuova serie Prime Video di cui è protagonista, condividendo la scena (e un podcast) con un irresistibile Pietro Sermonti che eredita il lavoro di sex worker dal malato padre (l'altrettanto irresistibile ]Christian De Sica).
Tra l'altro, per Giorgia Arena, fare l'attrice è stata una sorta di folgorazione: "fin da piccola cercavo di recuperare un'emozione", spiega a Movieplayer.it. Un'emozione che l'ha accompagnata poi sui palchi di mezza Italia, come attrice di musical (da Peter Pan - Il Musical a Mary Poppins). La stessa emozione che, ad inizio carriera, giovanissima, l'ha contraddistinta in quel programma cult (e kids) che è la Melevisione. Crescendo, il talento si è affinato, la struttura si è fatta personalità, tanto da restare impressa in un'altra serie Prime Video di successo, Bang Bang Baby. Insomma, una partenza mica male la sua: se il futuro del cinema italiano non può non prescindere dai nuovi volti (finalmente!), quello di Giorgia Arena è tra i migliori.
Giorgia Arena, la nostra intervista
Sei su Prime Video per la seconda volta. Ansia?
Sì, Gigolò per caso è la mia seconda volta su Prime, ed è qualcosa di totalmente diverso rispetto a Bang Bang Baby. Cosa mi dicono i miei amici? Si focalizzano sulla pancia incinta... Però mi fa effetto che la serie venga vista in tutto il mondo, questo sì.
Gigolò per caso, la recensione: un divertissement che gioca col gender
Tra l'altro reciti con Pietro Sermonti, un fuoriclasse. Come hai fatto a trattenere le risate?
Ho fatto fatica, sì! Perché ha una comicità spontanea, ed è una cosa che gli ho invidiato da subito. Mi ha subito trasmesso grande tranquillità, e l'ho osservato molto sul set. Lavora di dettaglio. E ha dato un apporto creativo alla sceneggiatura e alle scene.
La tua presenza nella serie è nevralgica, per un personaggio molto attuale.
Questa è una voce narrante al passo con i tempi. Il mio pensiero è: fare una rivoluzione insieme. Eva, il mio personaggio, è una femminista che fa qualcosa di inclusivo, senza escludere l'uomo. Poi parla di libertà sessuale, di piacere. Oggi, è evidente, si respira un'aria molto pesante, di divisione, e la rivoluzione di genere è, in qualche modo, la rivoluzione copernicana di questo Secolo. Bisogna ristabilire la figura dell'uomo. E bisogna ristabilire dei modelli culturali sia per l'uomo che per la donna.
Come si fa a cambiare?
Il problema è che siamo spaventati, perché cambiare questo è difficile. Il cambiamento spaventa: anche l'uomo, che perde certezze che durano da Secoli.
E la serie ribalta un po' i ruoli.
Sono fiera di farne parte, perché è una commedia raffinata e mai volgare. Il protagonista è un uomo che fa il sex worker, a livello sociale viene accettato di più. Con una domanda: se fosse stata una donna? Le femministe cosa avrebbero detto? C'è uno stigma molto forte, che riguarda l'oggettivazione del corpo. Ho ascoltato tante interviste di donne che fanno questo mestiere e, anche se non comprese fino in fondo, non ho mai pensato che non dovessero avere dei diritti. È una questione di scelta, e le scelte possono avere tante sfumature.
Tra l'altro, subiamo costantemente il paragone con gli altri, e siamo influenzati nelle scelte.
Per due mesi ho avuto i social bloccati. Non ero bombardata dalle immagini, non subivo il metro di paragone con la vita degli altri. Tutti noi abbiamo i nostri tempi, la nostra storia. Il paragone con gli altri ci priva di libertà.
I musical, il lavoro e lo studio
Giorgia, tu hai iniziato con i musical a teatro. Come è andata?
Ho iniziato con i musical, e dico che è un mercato molto libero. Fare un provino per il teatro di prosa è complicato, ci sono delle vere e proprie caste. Venivo dalla danza, ed era un linguaggio artistico che mi permetteva di tenere vivo questo aspetto. È stata una gavetta che per anni ho tenuto forse nascosta, ma ho girato per anni i teatri d'Italia. È stata una palestra. I musical sono un teatro considerato di serie b, anche perché non c'è un ricambio generazionale. Ci sono sempre gli stessi dinosauri, ci sono sempre i soliti titoli. Se poi vai a New York o Londra vedi delle cose incredibili. I musical in Italia sono stati importati. Ragiono: adesso, Sette spose per sette fratelli, ha ancora cosa da dire?
A proposito di lavoro. C'è qualcosa che cambieresti nell'industria audiovisiva italiana?
Il contratto nazionale degli attori è stato rivisto, e con UNITA, di cui faccio parte, stiamo facendo una rivoluzione. Un mese fa, la legge delega, anche per i lavoratori dello spettacolo, è stata tradita dal governo in nomi della discontinuità. Ora l'hanno studiata come fosse un bonus. Ma è il reddito ad essere discontinuo, non il lavoro. E poi c'è una povertà incredibile: in America sono uniti, se scioperano, scioperano tutti.
In che senso tradito?
Perché il governo non capisce cosa voglia dire davvero fare l'attrice. Se io mi sbatto in sala prove, per qualcuno è intrattenimento, io invece sto lavorando. Poi, c'è l'arroganza di affidarsi a persone che non hanno affinità con questo mondo.
Anche perché per fare l'attrice bisogna costantemente studiare.
Studio continuamente, se non vado al cinema o a teatro inaridisco. E poi continuo a studiare la tecnica. Cito Cristina Pezzoli e Michael Margotta, due insegnanti fondamentali per me. Bisogna curare per non far appassire un fiore. Un lavoro che va nutrito sempre.
Da Giulietta Masina a Billy Elliot
C'è un'attrice di riferimento per te?
Giulietta Masina, l'ho sempre adorata. Ho iniziato prima a ballare e poi a camminare, però. Mi vedevo da piccola con la webcam, cercavo di recuperare un'emozione, come se ci fosse già qualcosa. Portavo i monologhi di Paola Cortellesi ai provini. Ecco, un'attrice che ha iniziato con Magica Trippi, e ora guarda dove è arrivata...
Sei nel prossimo film di Julian Schnabel, In the hand of Dante. Com'è andata?
Posso dire che Julian Schnabel anche per piccoli ruoli ha voluto incontrare tutti gli attori. La mia è una piccola partecipazione, ci siamo incontrati e ci siamo stretti la mano, e i nostri occhi qualcosa si sono detti. È stato molto emozionante, e prima della scena mi ha detto: fai quello che vuoi. Sei tu che dirigi il gioco.
In chiusura, devo chiedertelo: musical preferito?
Billy Elliot, che meraviglia!