Dopo tanto chiacchiericcio, curiosità, preoccupazione, attesa, è ora nei cinema italiani Wonka, la pellicola che riporta al centro il cioccolataio più famoso della letteratura e del cinema, prima tra le pagine di Roald Dahl e poi davanti la macchina da presa. Ci sono stati vari interpreti del suddetto personaggio profondamente caratteristico e sopra le righe - non dimentichiamo Crispin Glover nel film parodistico Epic e Christian Borle nell'adattamento musical a Broadway - ma tre sono stati i principali: Gene Wilder nel cult natalizio degli anni '70, Johnny Depp nel remake degli anni 2000 e ora Timothée Chalamet in questo comfort movie di Natale 2023. Chi di loro avrà fatto meglio? Scopriamolo in questo nostro speciale.
3. Johnny Depp ne La fabbrica di cioccolato (2005)
Rilettura in chiave dark e grottesca da parte di Tim Burton, ci tocca mettere La fabbrica di cioccolato del 2005 all'ultimo posto del podio di questa nostra classifica. Non tanto e non solo il film, ma soprattutto il Willy Wonka di Johnny Depp, che risultava troppo esasperato ed esagerato, troppo costruito a partire dal trucco per finire alle espressioni facciali, alle mosse e alle battute. Era intenzionale da parte del regista di Burbank rendere il cioccolataio poco affabile, poco intenzionato a piacere alla gente. Si era ritirato nella sua fabbrica insieme agli Umpa Lumpa, gli unici esseri (non umani) a sopportare le sue stramberie e la sua misantropia, figlia dell'atteggiamento sempre severo e rigido del padre dentista. In fondo non sopportava nemmeno i bambini. Johnny Depp perde ancora una volta una sfida sulle pagine di Movieplayer, dopo quanto successo con la saga di Animali Fantastici.
Wonka, le opinioni della redazione
2. Timothée Chalamet in Wonka (2023)
Timothée Chalamet è un giovane favoloso in Wonka, attualmente al cinema, e riesce a donare dolcezza, carisma e poesia al personaggio senza risultare macchiettistico e stucchevole. Proprio come la pellicola di Paul King, che cerca la pace e l'armonia piuttosto che lo scontro e la cattiveria nel mondo (senza dimenticare qualche assist geniale come il Cartello del Cioccolato). Un prequel che si discosta dalla versione di Burton, di Stuart e anche di Dahl se vogliamo, un'origin story diversa da quella raccontata tra controparte cartacea e precedenti adattamenti. Eppure perfettamente bilanciata grazie all'interpretazione mai sopra le righe di Chalamet, che diventa un eroe più che un antieroe di questa favola natalizia per grandi e piccini.
Affabile, sognatore, un po' ingenuo e inguaribile ottimista, questo Willy è legato alla madre più che al padre (di cui non sappiamo nulla o quasi) e in suo nome e in sua memoria vuole aprire la cioccolateria più fantastica (e magica) mai vista. Il suo sarà proprio un atto di magia verso il prossimo in cui coinvolgerà un gruppo di underdogs pronti a prendersi la propria rivincita sulla vita. Un leader positivo che ha bisogno di persone accanto, che anche iconograficamente richiama (cappello a cilindro marrone e abito viola) il Willy degli anni '70 e in un certo senso quello più vicino a lui caratterialmente, piuttosto che quello degli anni 2000 con la rilettura dark burtoniana.
Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato: perché il cult con Gene Wilder è da guardare ancora oggi
1. Gene Wilder in Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato (1971)
Nonostante l'ottimo lavoro fatto da Chalamet, non può che rimanere al primo posto il Willy Wonka portato sullo schermo dal compianto Gene Wilder nel cult (e musical) del 1971 diretto da Mel Stuart Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato. In quel caso il personaggio era figlio dell'atteggiamento del padre, solo accennato, e rimaneva la sua identità misantropa verso il genere umano ma in realtà è proprio nei bambini, nella fanciullezza, che nutriva speranza tanto da volergli lasciare in eredità la propria fabbrica. Un eredità tanto dolce quanto amara e fondamentale, che solo un bambino degno avrebbe potuto accaparrarsi. Ovvero Charlie Bucket. Gene Wilder ha donato al proprio mastro cioccolataio un delicato equilibrio tra l'essere furbetto e cattivello verso i piccoli ospiti della fabbrica, per dar loro in fondo una lezione sul come comportarsi nella vita e soprattutto verso gli altri, e l'essere talmente generoso da donare il lavoro di una vita proprio ad uno di quei bambini e alla sua famiglia, facendo in modo che la sua magia e in un certo senso la sua dinastia non si esauriscano con lui. Tanto di cappello, uno dei simboli del personaggio.