Recensione Inseparabili (1988)

Attualmente ci sono pochi esempi di poetica cinematografica coerente nell'espressione e nei contenuti. Cronenberg, al contrario, si manifesta.

Gemelli diversi

I favolosi gemelli Mantle, interpretati da Jeremy Irons, rappresentano la ginecologia d'avanguardia per l'utilizzo di strumenti innovativi studiati appositamente per i loro interventi. Entrambi sono geniali, entrambi hanno la mania della bellezza interiore e per la magnificenza degli organi, entrambi sono all'opposto. Per carattere, modi di fare, desiderio di successo, relazioni.
Nel momento in cui l'attrice Genevieve Niveau (Claire Bujold) entra nel loro studio, i rapporti fra i due fratelli si intensificano e stridono. Non perchè persi nella bellezza esteriore della donna, ma per l'interesse nell'interno del suo corpo. Genevieve ha un utero triforcuto, sorta di strabismo di Venere del piacere, che i Mantle non possono farsi sfuggire. Questo gioco delle parti, le fusioni, le finzioni conducono i protagonisti al massacro guidati dalla mano invisibile di David Cronenberg.

Attualmente ci sono pochi esempi di poetica cinematografica coerente nell'espressione e nei contenuti. L'omologazione non consente allo spettatore di comprendere i segni distintivi di un regista, poichè sono leggeri e indistinguibili. Il marchio di fabbrica oggi è un problema. Cronenberg, al contrario, si manifesta. Sempre. In Inseparabili, uno dei suoi migliori film, le atmosfere sono livide, bluastre, e la macchina da presa si concentra sui corpi, nella totalità e nei dettagli (il volto è parte di un intero). L'interno e l'esterno si scambiano gli ruoli, così come il fascino dei gemelli si esprime nel personale con il cervello (le parole sono il veicolo della mente, un altro interno) diviso nei due lobi, quello frontale, del movimento e degli istinti, e quello parietale delle sensazioni. Gli strumenti stessi utilizzati sono il prodotto di quello che è la commistione fra il tradizionale, la fisicità, e l'innovazione, il corpo, il movimento, che non sono altro che la filosofia della mutazione del regista. Per questa ragione le emozioni sono giocate sulle frontiere di ciò che è presente in scena, che sia Beverly Mantle ("Beverly è un nome da donna", recita Genevieve), Elliot Mantle o la stessa Genevieve, chiusura del triangolo. Sesso e ginecologia, ferro e carne, uomo e donna. Tutto cambia a ogni secondo nello scorrere del dramma in un continuo crescendo di intricate relazioni che il regista e Irons sostengono con grande maestria.

Nei lungometraggi di Cronenberg le interpretazioni degli attori sono fondamentali (si pensi allo stesso Irons in M. Butterfly o a Ralph Fiennes in Spider), perchè è necessario che l'ambiguità sia sorretta e condotta sino alla fine per creare nello spettatore un'inquietudine che si porterà al di fuori della sala. E anche oltre.