Nel 1979, sull'onda di un cortometraggio da loro girato, un medico di Sidney e uno studente di cinema unirono le forze per produrre un piccolo film il cui fulcro principale era l'azione e la strada. Un titolo che girasse intorno ad un lavoro di stunt: artigianale, veritiero, avvincente e a basso costo. A bassissimo costo in realtà, dato che alcune fonti parlano di appena 200 mila dollari di budget totale. Il film era il primo capitolo di Mad Max (da noi Interceptor) e regalò all'Australia la sua saga cinematografica più importante, oltre a far diventare George Miller un regista.
Una rivoluzione, parola costante nel franchise che nacque con Rockatansky (prima con il volto di Mel Gibson e poi di Tom Hardy) e che oggi, nel 2024, prosegue con quello di Furiosa (prima con il volto di Charlize Theron e poi di Anya Taylor-Joy), protagonista appunto di Furiosa: A Mad Max Saga (qui la nostra recensione). Non si può infatti non parlare di "rivoluzione" anche per indicare ciò che fece il regista del Queensland a 70 anni, quando diede nuova linfa, dopo tre decadi, al suo universo post apocalittico con un quarto capitolo che, partendo dalle premesse del primo film, creò un solco nell'immaginario del cinema action non ancora raggiunto.
Titolo figlio di un pensiero improntato sulla concezione di saga nella sua complessità, dallo storytelling all'impronta linguistica. In mezzo, la volontà di dar vita ad una rete per inglobare le pellicole del secolo scorso e continuare ad aggiungere potenza ad una struttura immaginativa straordinaria. L'ultimo film non solo ha confermato tutto ciò, espandendo ulteriormente il world building, ma ci ha indicato come il nuovo corso viva sotto il segno di un'integrazione che passa dal rapporto tra opposto e complementare, tanto che questa pellicola e la precedente possono essere viste come un trattato unitario. Un nuovo modo di fare saga. Un modo - indovinate? - rivoluzionario.
Furiosa dentro Fury Road
Nel 2015 Mad Mad: Fury Road è stata una folgorazione collettiva, riuscendo ad imprimere fin dall'inizio una nuova velocità di racconto. Uno sguardo nuovo, contemporaneo e in un certo senso pionieristico su di un universo costruito in precedenza, mantenendo la voglia di orientarlo verso una tensione istantanea e vertiginosa. Un asse perpetuo intorno a cui la storia doveva prendere forma senza discostarsene mai.
L'idea di tornare a mettere mano ad un immaginario appartenente ad un cinema dalla percezione in gran parte superata partiva dalla voglia di sfidare nuovamente il pubblico, portando l'esperienza ad un livello superiore rispetto a qualsiasi altra cosa vista in precedenza. Si è quindi optato per costruire una storia in grado di rappresentare il cuore della saga, asciugando tutto ciò che non era strettamente necessario. Una pagina inedita, sintetica, ma rappresentativa di ciò che avvenne già negli Anni '70.
Miller voleva richiamare i film della trilogia originale, però riaggiornandoli in linea con i cambiamenti tecnologici e culturali, quindi pensando meticolosamente a dove intervenire, sia per quanto riguardava la parte relativa a costumi, scenografia e design, sia per quanto riguardava la parte tematica. La trama, per quanto semplice e diretta (un punto fisso e sempre a fuoco per orientare il pubblico nella velocità estrema dell'azione), aveva dentro di sé dei prodromi di riflessioni all'avanguardia, da innestare sulla ricetta classica del genere post-apocalittico, come il femminismo e la violenza sulle donne. Riflessioni da cui poter sviluppare un nuovo racconto che potesse dare continuità alla rivoluzione del franchise. Ecco l'origine di Furiosa: A Mad Max Saga.
Furiosa: A Mad Max Saga, le opinioni della redazione
Un rivoluzionario modo di fare saga
Se è vero il cinema del futuro è quello in cui la donna ricoprirà un ruolo predominante ("Chi ha distrutto il mondo?" si urla riferendosi a Immortan Joe), allora è vero anche che Miller è uno dei cineasti che per primi hanno deciso di inserire questa discussione come elemento principale di una saga appartenente al cinema più commerciale e di impatto. Così principale da essere il punto di espansione dell'universo grazie ad un film dedicato al personaggio femminile introdotto in Mad Max: Fury Road: Furiosa, per di più raccontando la sua vita in un prequel che copre vent'anni, donandole così la stessa dignità narrativa di Rockatansky ed eleggendola ad una delle colonne di quello che si è già visto.
Il quinto capitolo del franchise torna, al contrario del quarto, a concentrarsi sul mythos e l'arte del racconto epico per costruire una storia originale, degna delle Wastelands e pensata sulla rilettura dei classici in chiave moderna, ma anche in grado di dar vita a tutto ciò nel film del 2015 era stato solo accennato. Ecco l'idea di integrazione dei due titoli: pellicole che possono (o forse devono) essere vissute come due facce di un monolite sempre più ricco e allo stesso tempo come storie separate che girano intorno alla medesima idea di cinema e al medesimo immaginario.
L'ultima rivoluzione, l'ultimo salto che accade in Furiosa: A Mad Max Saga è relativa alla costruzione del protagonista (o, meglio, della protagonista) rispetto al passato. Max in Mad Mad: Fury Road era poco più di un pretesto narrativo, un altro punto di riferimento dato agli spettatori, mentre in questo caso la vicenda gira intorno alla formazione di Furiosa, che si riflette negli echi biblici, nella gesta cantate dai bardi e negli occhi dei terribili uomini che governano le Terre Desolate, come in western classico. Tutto il peso dell'eroina si avverte però per l'intero film, chiusa in un silenzio che lascia spazio alle sue azioni, ai suoi sguardi e alle sue scelte. "Sarà epico?", lo è stato e lo sarà ancora. Un'altra rivoluzione, in attesa della prossima.