Spremere finché si può, dove si può. Battere il ferro, riproporre senza una vera continuità di forma. Se la prima stagione di Fubar giocava sul detto-e-non-detto di un papà e una figlia, entrambi spie sotto copertura, la seconda riparte più o meno da dove eravamo rimasti, amplificando, come spesso accade, sia i pregi (pochi) che i difetti (tanti).

Creato da Nick Santora, lo show Netflix rielabora l'action comedy in stile anni Novanta declinandolo in forma seriale: in mezzo addirittura citazioni storiche, dalla caduta del Muro fino a Gorbačëv, per uno sfondo in cui la spy story, rispetto alla prima stagione, appare magari più centrata, allungandosi per tutti e otto gli episodi che, nemmeno a dirlo, offrono un altalenante ritmo legato ad un corollario fin troppo ampio di personaggi (e di informazioni).
Fubar 2: Schwarzenegger incontra Carrie-Anne Moss
Una nuova minaccia, che punta ad un piano che vorrebbe azzerare - anzi, resettare - la popolazione. Come? Attraverso un attacco che bloccherebbe le reti di comunicazione e le reti elettriche degli Stati Uniti d'America. Tracollo dell'economia mondiale, e crollo degli armamenti militari. Ma non solo. Niente di nuovo all'orizzonte, allora, ed ennesima missione impossibile, che parte subito forte, senza rinunciare ai calibri grossi, tanto che Arnold Schwarzenegger alias Luke - la serie ricorda di continuo essere un agente della CIA - tornato in azione, schiva un proiettile mortale a lui destinato. Scopriamo pure Luke è stato nientemeno l'uomo che ha posto fine alla Guerra Fredda (a giudicare dai giornali, non è servito a granché).

Un piano sotto, ecco una famiglia disfuzionale che ha ritrovato una certa unità, nonostante la pressione lavorativa: complicato essere spie, complicatissimo esserlo sotto lo stesso tetto (in una convivenza forzata). Ma, tra litigi, battute, lavoro di squadre e chiacchiere strampalate, Luke e sua figlia Emma (Monica Barbaro, fresca di una regalata candidatura all'Oscar) sono dunque a capo della squadra che dovrebbe scongiurare il blackout. E non solo. Il viaggio è lungo, e per Luke pare ancora più pericoloso: dietro il piano pare ci sia Greta Nelso (Carrie-Anne Moss, scelta di casting conseguente all'alone 90s), ex spia della Germania est nonché vecchia fiamma di Luke. Come se non bastasse, all'inizio del secondo episodio c'è pure un ridicolo tango tra i due. Ci chiediamo: serviva?
Umorismo forzato e storyline sgangherata

Ora, se avete apprezzato la prima stagione, uscita nel 2023 (rimasta saldamente in top 10 per diverse settimane), ritroverete più o meno le stesse vibrazioni, che si reggono sulla presenza scenica di Arnold Schwarzenegger (e Carrie-Anne Moss). Quello di Luke, ammaccato ma ancora performante agente, è un ruolo che si addice perfettamente all'ex Mr. Olympia. Come dire, i vecchietti di Hollywood sanno ancora picchiare duro, e soprattutto sanno ancora essere attrattivi verso una nuova fetta di pubblico. Dall'altra parte, non saranno certo i nuovi episodi a farvi appassionare, anche perché c'è una tale e continua quantità di informazioni che si perde, alla lunga, il senso della storyline. Arrivati solo alla terza puntata sembra pare che lo script stia già per terminare la forza cinetica, riprendendo ritmo solo a tratti, e solo grazie ad un cambio di location (Fubar 2 è una sorta di giro del mondo, si arriva fino a Tallin).

L'umorismo, a volte, appare forzato; un riempitivo che intervalla le sequenze action, senza essere mai un gustoso dettaglio. In mezzo, parole, parole, parole e il "solito" caos progettato per stravolgere il mondo. Un fiume di parole che si rimpallano tra i molti personaggi (c'è pure un tenero maialino, chiamato nell'adattamento 'Porchetta': sigh!). Certo, poi si potrebbe riflettere su quanto il sottotesto di FUBAR ammicchi all'ossessione moderna verso l'essere performanti, nonostante l'età. "Sono in un'età in cui le vertebre si muovono più spesso di me", dice Schwarzenegger a Carrie-Anne Moss, che si rimprovera di non essere più "la donna di una volta". Uno scambio abbastanza esplicativo del tono che pervade Fubar, e di quanto la serie, alla lunga, si sforzi continuamente di far ridere con un tono che somiglia, addirittura, ad una delle tante serie televisive animate che riempivano i pomeriggi degli adolescenti nel 1997. Ma almeno quelle erano ben fatte.
Conclusioni
Fubar, seconda stagione, aggiunge poco e, anzi, enfatizza le enormi buche già avvertite nella prima. Interessante l'intuizione di scrittura Carrie-Anne Moss, affiancandola a Schwarzenegger, ma la sensazione generale, alla fine, suggerisce una certa confusione: troppi personaggi, e una storia che si sfilaccia a più riprese.
Perché ci piace
- Una buona intuizione scritturare Carrie-Anne Moss.
- Schwarzenegger ce la mette tutta.
Cosa non va
- L'umorismo sempre forzato.
- Dialoghi che sembrano arrivare da una serie tv animata anni 90.
- Troppi personaggi.
- Storyline sgangherata.