È questione di classe! Potevo diventare un campione; potevo essere qualcuno, invece di niente, come sono adesso...
È il 6 agosto 1954 quando negli Stati Uniti, una settimana dopo la prèmiere newyorkese del 28 luglio, fa il suo debutto Fronte del porto, il nuovo film di Elia Kazan, nonché la terza collaborazione fra il regista di origini greche e il giovane divo Marlon Brando, ormai in inarrestabile ascesa. Ispirata a un reportage dal titolo Crime on the Waterfront, pubblicato nel 1948 dal giornalista Malcolm Johnson per il quotidiano New York Sun, la pellicola di Kazan non tarda a trasformarsi in uno degli eventi cinematografici dell'anno: la critica accoglie Fronte del porto con un entusiasmo pressoché unanime e il pubblico viene attirato in massa nelle sale, smentendo gli iniziali timori sullo scarso appeal commerciale del film (timori che avevano indotto la 20th Century Fox ad abbandonare il progetto, rientrato poi alla Columbia Pictures).
Dopo il passaggio al Festival di Venezia, dove si aggiudica il Leone d'Argento, Fronte del porto si impone come il titolo più acclamato del 1954 in America, vince quattro Golden Globe e viene insignito di dodici nomination agli Academy Award, fino ad eguagliare il record di otto premi Oscar stabilito quindici anni prima da Via col vento: Fronte del porto conquista infatti, fra le altre, le statuette come miglior film, per la regia di Elia Kazan (già premiato nel 1948 per Barriera invisibile) e per la sceneggiatura originale di Budd Schulberg, mentre Marlon Brando, giunto alla sua quarta candidatura consecutiva, riceve a furor di popolo l'Oscar come miglior attore. Insomma, un plebiscito che, se da un lato dà una misura dell'inossidabile importanza acquisita dal classico di Kazan (inserito all'ottavo posto nella classifica dei cento maggiori film di sempre stilata nel 1998 dall'American Film Institute), dall'altro è anche l'indice di una Hollywood, e di un'America, alle prese con i fermenti sociali e politici di quel periodo.
Dall'Uncino di Arthur Miller al Fronte del porto di Schulberg e Kazan
Proprio tale prospettiva offre uno dei punti di vista più interessanti nel ripercorrere la genesi, la realizzazione e la fortuna di Fronte del porto a sette decenni di distanza; un trionfo così trasversale e dalle proporzioni sorprendenti sarebbe stato quasi impensabile, del resto, appena qualche anno prima. È soltanto sul finire della Seconda Guerra Mondiale, infatti, che si registra una crescita dell'interesse degli spettatori verso drammi caratterizzati da un ampio tasso di realismo e incentrati su temi complessi, talvolta considerati perfino 'scabrosi': l'alcolismo in Giorni perduti di Billy Wilder (1945), l'antisemitismo in Barriera invisibile dello stesso Kazan e in Odio implacabile di Edward Dmytryk (1947), i disturbi mentali ne La fossa dei serpenti di Anatole Litvak (1948). È appunto in questo periodo che il grande drammaturgo Arthur Miller, attratto da un tragico caso di cronaca (l'omicidio di Pete Panto), sviluppa una storia basata sui legami fra gli operai portuali e la criminalità organizzata.
Il copione di Arthur Miller, intitolato The Hook (l'uncino), viene proposto a Elia Kazan e costituirà l'embrione da cui avrebbe poi preso vita Fronte del porto; è a questo punto, tuttavia, che la vicenda del film viene contaminata per la prima volta dal clima di paranoia e dai fervori anticomunisti della Guerra Fredda. Il boss della Columbia, Harry Cohn, vincola il proprio beneplacito a una condizione: trasformare i sindacalisti corrotti contro cui si batte il protagonista di The Hook in comunisti. Ma Arthur Miller, strenuo oppositore della "caccia alle streghe" maccartista, rifiuta di modificare la sceneggiatura; a quel punto, Elia Kazan decide di affidare lo stesso soggetto allo sceneggiatore Budd Schulberg. Il nuovo copione, chiamato On the Waterfront (dal titolo dell'inchiesta di Malcolm Johnson), viene acquistato dal produttore Sam Spiegel, che per il ruolo del protagonista, l'ex pugile Terry Malloy, è intenzionato a scritturare Frank Sinatra.
Elia Kazan e lo spettro del maccartismo
Un tratto comune lega la parabola di Elia Kazan a quella di Budd Schulberg: poco tempo prima di iniziare a lavorare al film, entrambi sono convocati dalla HUAC, la Commissione congressuale per le attività antiamericane, a causa della loro passata affiliazione al Partito Comunista Americano; ed entrambi, posti di fronte al rischio di finire sulla lista nera, assumono la parte di "testimoni amichevoli", accettando di fare i nomi di altri presunti comunisti appartenenti al mondo dello spettacolo. La scelta di piegarsi di fronte al maccartismo rimarrà una macchia indelebile sulla reputazione di Elia Kazan, e in qualche modo si rifletterà pure sul suo film più celebre: perché in molti si chiederanno se sia possibile tracciare un parallelismo fra la collaborazione di Kazan con la HUAC e la lotta intrapresa dal personaggio di Terry Malloy, che accetta di testimoniare in tribunale per denunciare la corruzione all'interno del sindacato dei lavoratori portuali.
Fronte del porto è dunque un'opera intimamente legata al contesto che la vede nascere: un contesto talmente controverso da influenzarne spesso la visione, soprattutto all'epoca della sua uscita. Ciò nonostante, risulterebbe a dir poco forzato confinare il film in questa chiave allegorica: già solo per il fatto che, mentre Malloy è un eroe coraggioso che si mette in gioco in prima persona per redimere i suoi errori, subendo le minacce e le violenze dell'organizzazione gestita dal boss Johnny Friendly (un feroce Lee J. Cobb), nell'America dei primi anni Cinquanta era la Commissione di Joseph McCarthy a impugnare il coltello dalla parte del manico, esercitando una pressione micidiale a danno di singoli individui e isolando chi teneva fede ai propri principi. Settant'anni più tardi, dunque, ad emergere dal film non sono tanto le traversie politiche del regista, quanto l'intensità inquieta, rabbiosa e carica di sofferenza sprigionata da un indimenticabile Marlon Brando, preferito da Kazan a Sinatra.
Marlon Brando: il volto-simbolo di una rivoluzione
Alfiere di una recitazione rigorosamente naturalistica, improntata sulle tecniche del method acting, Brando disegna un personaggio in partenza debole e disilluso, ma che arriva a sperimentare un rinnovato sussulto di dignità grazie alle parole di padre Pete Barry, un sacerdote impegnato ad esortare gli operai a difendere i propri diritti, e alla determinazione di Edie Doyle, la sorella di un operaio ucciso su ordine di Friendly per impedirgli di testimoniare. A dar volto a padre Barry è un carismatico Karl Malden, già diretto da Kazan in Un tram che si chiama Desiderio, mentre il ruolo di Edie rappresenta l'esordio al cinema per la trentenne Eva Marie Saint, premiata con l'Oscar come miglior attrice supporter. Fronte del porto contribuirà inoltre a lanciare anche la carriera di Rod Steiger, altro talento sfornato dall'Actors Studio e qui impiegato nei panni di Charley Malloy, fratello maggiore di Terry e braccio destro di Friendly.
Nell'ambito della storia di Hollywood, la pellicola di Elia Kazan sancisce pertanto la definitiva affermazione del "metodo" e la consacrazione di uno stile recitativo che, da lì in poi, avrebbe preso piede in maniera sempre più ampia negli Stati Uniti: non a caso la performance di Marlon Brando è ritenuta tutt'oggi una vetta assoluta, nonché un modello imprescindibile per un'intera generazione di attori (in primis James Dean). Ma Fronte del porto segna pure l'ingresso del mondo del lavoro nel cinema americano, attraverso un morality tale che punta l'attenzione sullo sfruttamento del proletariato e su tematiche sociali che, fino ad allora, erano sempre rimaste lontanissime dai riflettori degli studios; in sostanza, quanto basta a renderlo una pietra miliare in grado di marcare un fondamentale punto di svolta nel modo di concepire i film all'interno della maggiore industria cinematografica di allora e di oggi.