"Io da questo momento ho deciso di fare successo. Ditemi come si fa e io lo faccio". Franco Battiato è seduto in disparte, su un divano e non alla scrivania, nello studio del boss della sua casa discografica, Bruno Tibaldi. Dopo che il discografico e il manager parlano di lui, chiede per un attimo la parola per dire questa cosa. E la metterà puntualmente in pratica, creando il disco pop perfetto, La voce del padrone. La nostra recensione di Franco Battiato - La voce del padrone, il documentario di Marco Spagnoli, in uscita al cinema per una settimana, dal 28 novembre al 4 dicembre, inizia da qui, da quel disco pop perfetto, per poi toccare altre strade, altre corde. Il film di Marco Spagnoli, che segue il produttore Stefano Senardi, è proprio come la musica di Franco Battiato: ti cattura con le melodie pop, con i ritornelli (o gli aneddoti) accattivanti, ma poi ti porta in profondità, a scoprire altri strati, infiniti strati. Come dice la canzone, vedere questo film è percorrere insieme le vie che portano all'essenza di Franco Battiato.
Una specie di David Bowie ottimista
Franco Battiato - La Voce del Padrone, come suggerisce il titolo, inizia da La voce del padrone, dal disco pop perfetto. Il disco da cantare, da ballare, da ascoltare. Ma dentro il quale c'è tutto quello che Franco Battiato aveva fatto prima, tutte le sperimentazioni. Il disco che, all'improvviso, come ricorda il giornalista Riccardo Bertoncelli, portava ai suoi concerti 8 mila persone che cantavano in coro le sue canzoni. L'idea di fare successo l'aveva decisa a priori. Aveva costruito un disco pop, pieno di ritornelli, aveva trovato una formula vincente, ma che non assomigliava a niente di quello che allora c'era sul mercato. Quella decisione, presa a tavolino, studiata, determinata, di fare un disco di successo, dopo tante sperimentazioni, l'avrebbe presa anche David Bowie, con Let's Dance, nel 1983. Ma Battiato ci arrivò prima. E non è un caso che Massimo Bonelli lo definisca "una specie di David Bowie ottimista". Franco Battiato è stato, ed è, l'artista italiano più internazionale.
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Centro di gravità permanente
È Morgan, tra i tanti, brillanti, personaggi intervistati da Spagnoli e Senardi, a spiegarci la musica, ma soprattutto i testi di Franco Battiato. Prendiamo la canzone più famosa di quel disco. Chi è che cerca un centro di gravità permanente? È la canzone stessa: una canzone fatta di frammenti, di scene che arrivano da tanti posti diversi: la vecchia bretone, i capitani coraggiosi. La canzone stessa non ha centro, fino a che non arriva il ritornello. È proprio quello il centro di gravità permanente che tiene insieme tutte queste cose. Non ci avevamo mai pensato, e la lettura di Morgan, al solito, è preziosissima. Ascoltarla da lui non ha prezzo. Ma Morgan ha anche lavorato con Battiato alla composizione (per l'album Gommalacca) e ci ha svelato anche la sua modalità di comporre. Al computer, spostava tutte le note su e giù, di continuo, fino a che trovava la combinazione giusta. Nella prima scena del film, è Pino Pischetola, Pinaxa, a entrare nell'aspetto tecnico di quella canzone. Ci racconta della "doppiatura", di quella tecnica che consiste nel registrare due volte la canzone con lo stesso tono, e avere così un suono più pieno. E poi l'orchestra d'archi, il sax anni Sessanta, la sezione ritmica che suona quasi disco music. E il coro dei madrigalisti, con il loro canto registrato quattro volte su quattro note diverse.
E ti vengo a cercare
E ti vengo a cercare è un'altra canzone famosissima di Franco Battiato. È la nuova fase, quella più introspettiva, spirituale, che arriva in seguito, dopo La voce del padrone. È entrata nel nostro immaginario anche grazie a quella sequenza di Palombella rossa, di Nanni Moretti, in cui Michela Apicella, nel mezzo di una tribuna politica, si mette a declamare, e poi a cantare, il testo della canzone. C'è anche la testimonianza di Moretti, nel film. Ma E ti vengo a cercare diventa anche un tema del film, perché il film diventa un viaggio, fisico e spirituale, nel mondo di Battiato. Insieme a Stefano Senardi viaggiamo fino a Milo, alla casa di Battiato. E cominciamo a scoprire sempre di più di questo personaggio unico. Come la sua passione per la pittura, per la quale si sentiva negato, e invece raggiunse risultati eccellenti. E poi il cinema, quel cinema che a un certo punto lo vide come regista, del film autobiografico Perdutoamor e in altri. E ancora attore, in Padre, di Giada Colagrande. Franco Battiato era così. Sceglieva un argomento, un ambito. E lo studiava, approfondiva qualsiasi cosa.
La cura
Franco Battiato - La Voce del Padrone inizia dalla canzone più famosa, più pop, Centro di gravità permanente. Comincia con gli aneddoti, le disamine tecniche. Ma poi diventa qualcos'altro. Diventa intimo, intenso. Commovente, ma mai triste e doloroso. Ha una sua sobria serenità, quella che aveva Franco Battiato, e che a lui sarebbe piaciuta in un film a lui dedicato. Il film di Marco Spagnoli è proprio come la sua musica: ti cattura con il suo suono più facile, ti diverte, ti intrattiene. E poi ti porta a un livello più intimo, più profondo, più spirituale. Per dirla con una delle sue canzoni più famose, insieme a Marco Spagnoli e Stefano Senardi percorriamo insieme le vie che portano all'essenza di Franco Battiato. A proposito de La cura, il capolavoro di Franco Battiato, Giada Colagrande ci suggerisce una chiave di lettura interessante. Che quella canzone, la più bella canzone d'amore mai scritta, Franco Battiato l'avesse dedicata alla sua anima. È un'idea che ci emoziona. Come tanti spunti, tanti contributi dei tanti intervistati, come alcune delle parole del Maestro. Come quelle con cui risponde alla domanda "cosa vorresti che rimanesse di te?". "Il mio suono. è una vibrazione di quello che sono".
Conclusioni
Nella recensione di Franco Battiato - La voce del padrone, vi abbiamo parlato di un film che è proprio come la musica di Franco Battiato: ti cattura con le melodie pop, con i ritornelli (o gli aneddoti) accattivanti, ma poi ti porta in profondità, a scoprire altri strati, infiniti strati. Come dice la canzone, vedere questo film è percorrere insieme le vie che portano all'essenza di Franco Battiato.
Perché ci piace
- L'idea di celebrare Franco Battiato e il suo disco più famoso, La voce del padrone.
- La capacità di coinvolgere grandi artisti, da Eugenio Finardi a Morgan, per spiegare Battiato.
- L'intimità e la sensibilità con cui, dal punto di partenza, il film va a esplorare altri aspetti dell'artista.
Cosa non va
- Solo che il film a un certo punto finisca.