Festival di Roma 2014, il ritorno di Roan Johnson con Fino a qui tutto bene

Presentato nella sezione Prospettive Italia il nuovo film di Roan Johnson, la storia di un gruppo di universitari che danno l'addio alla loro vita di studenti per diventare "grandi"; "Racconto i ragazzi che non si arrendono, dalle loro storie è nato un film libero e folle", ha raccontato il regista.

A Roma presentò nel 2011 il suo debutto registico, I primi della lista e sembra quasi naturale che Roan Johnson sveli ancora nella rassegna capitolina la sua nuova creatura, Fino a qui tutto bene, inserita nella sezione Prospettive Italia della nona edizione del Festival Internazionale del Film. Il termine creatura ci appare quanto mai appropriato, poiché il lungometraggio è stato fortemente voluto e amato dai suoi ideatori, che hanno dato seguito ad una felice intuizione, realizzandolo pezzo dopo pezzo con la collaborazione di una coraggiosa e scanzonata Armata Brancaleone.

Contattato dall'Università di Pisa, città in cui il londinese Johnson è cresciuto, per girare un documentario sull'ateneo, il regista scopre successivamente quanto siano interessanti e ricche di sentimento le storie di quegli universitari che sfidano il mondo a dispetto della crisi e del crollo dei valori. Viene così fulminato dall'idea di raccontarne le esperienze attraverso le vicende di un gruppo di ragazzi che, durante un fine settimana epocale, danno il simbolico addio alla vita da studenti per diventare "grandi". Fatto in casa, con la collaborazione di professionisti del settore e di semplici amici, Fino a qui tutto bene arriverà in sala dal prossimo 29 gennaio con Microcinema.

Qui comincia l'avventura...

Fino a qui tutto bene: il regista Roan Johnson in una foto promozionale
Fino a qui tutto bene: il regista Roan Johnson in una foto promozionale

La genesi del film, come anticipato, ha un che di avventuroso e sentire la storia direttamente dalle parole di Roan Johnson fa un certo effetto. "Siamo stati chiamati, assieme ad Ottavia, per far un documentario sull'Università di Pisa e non era una cosa semplice, perché ci saremmo ritrovati a raccontare un mondo - ha detto -, abbiamo scoperto delle facoltà assurde in cui gli studenti fanno prototipi di macchine e poi le fanno gareggiare e cose del genere. Decidiamo quindi di fare delle interviste per raccogliere materiale e sono venuti fuori aneddoti e storie buffe su amori e amicizie nati nelle case in cui gli studenti abitavano. In particolare le studentesse ci davano la sensazione del non volersi arrendere; facevano discorsi molto chiari, avevano intenzione di seguire le loro passioni e di voler puntare in alto senza per questo andare alla deriva. Ecco, quella è stata un'eredità che ci siamo portati indietro".

Da quel materiale raccolto, dunque, è arrivato lo spunto per un film che provasse a raccontare le storie di tutti. "Non avevamo un tema che ci appassionasse esageratamente o un personaggio solo da seguire - ha continuato il regista -, per questo ci è venuta l'idea di raggruppare la storia in quest'ultimo week-end. La voglia di veder realizzato il film ci ha spinti ad essere drastici. Non avremmo potuto aspettare la risposta del produttore di turno, che magari ci avrebbe fatti aspettare, imponendoci un attore famoso e via di seguito. Così ci siamo detti che avremmo dovuto seguire quello che ci avevano dato gli studenti, la loro libertà e indipendenza. Abbiamo avuto dei bravissimi professionisti come il direttore della fotografia che hanno voluto unirsi al progetto di questo film folle. Questo ci ha dato una forza immensa. Non credo che questo processo produttivo possa essere sempre replicato, ma è stata la soluzione migliore e non vedo l'ora di farlo di nuovo".

"Quando abbiamo pensato all'idea ci è venuto naturale andare verso la commedia, è questa la nostra visione del mondo - ha aggiunto la sceneggiatrice Ottavia Madeddu -, ogni personaggio è uscito da solo. Abbiamo scritto nel nostro dialetto con l'idea che l'attore avrebbe portato il suo mondo, questa riscrittura è stata fatta con loro ed è stato un lavoro bellissimo".

Estate pisana

Girato in quattro settimane ad agosto, in una Pisa completamente deserta, con un budget di circa 250.000 euro, Fino a qui tutto bene incarna un modo nuovo di concepire la produzione indipendente. "Non ho avuto limitazioni particolari - ha spiegato il regista -, l'unico vincolo era trovare la storia giusta, lo spunto azzeccato e lo abbiamo trovato nel momento in cui abbiamo deciso di racchiudere la vicenda in un tempo e in un luogo stretto. Abbiamo girato sempre con velocità e professionalità, certo per risparmiare sull'albergo gli attori hanno vissuto davvero nella stessa abitazione, ma questo è servito allo spirito del film. Vedendolo non ho mai la percezione che sia un film povero. Poi ci è andato di culo tutto, se fosse piovuto tre giorni o un attore avesse fatto i capricci, ciao a tutto. Pisa invece era a nostra completa disposizione, neanche la Paramount avrebbe mai potuto ottenere delle strade così libere dal traffico".

Fino a qui tutto bene: Silvia D'Amico con Melissa Anna Bartolini sul set del film
Fino a qui tutto bene: Silvia D'Amico con Melissa Anna Bartolini sul set del film

Amici e attori

Fino a qui tutto bene: una scena del film
Fino a qui tutto bene: una scena del film

Parte della forza del film arriva dall'indubbio affiatamento tra gli interpreti, Melissa Anna Bartolini, Guglielmo Favilla, Silvia D'Amico, Paolo Cioni e Alessio Vassallo, e dalle capacità di un trainer come Roan Johnson. "Roan sa esattamente cosa vuole, anche se non le dirà mai direttamente, ti ci porta poco alla volta - ha raccontato Favilla - alla fine ti scordavi che c'era la macchina da presa". "Penso che il cohousing è un'esperienza che tutti dovrebbero fare almeno una volta nella vita - ha detto Vassallo -, è un'esperienza formativa. Un'esperienza a 360°".

"Johnson ha un superpotere - ha aggiunto Cioni -, non solo sa prendere gli attori giusti, ma anche la troupe giusta. Se non trovi l'equilibrio questa fantomatica magia non si crea. Roan va a cercare con il lanternino i disadattati e poi funziona". Per Silvia D'Amico, vivere tutti insieme sul serio ha contribuito a creare la giusta atmosfera. "L'ultimo giorno stavamo veramente sgombrando dall'appartamento e il giorno prima c'è stata davvero la festa di addio, quindi vi lascio immaginare il disordine e il caos nella casa. Ci siamo svegliati alle 8:00 e Roan ci ha suggerito di prendere quei momenti e ha iniziato a riprendere. C'era un silenzio spiazzante, come se tutti sentissimo il dispiacere e il peso del momento".

Universitari

In una sequenza chiave del film, i protagonisti si ritrovano sperduti in mezzo al mare, tutti sulla stessa barca, e devono cominciare a remare per trarsi d'impaccio. Un'operazione quanto mai difficoltosa, visto che remano al contrario. "Sì, però si mettono a remare, questo è il concetto che volevo passasse, ovvero non arrendersi - ha chiuso Johnson -. Non so se quello è il periodo migliore della vita, ma di certo non lo dimentichi. Ecci perché vorremmo che il film venisse visto alle Università in giro per l'Italia e fare un tour".