Non c'è dubbio, forma, colori, musica, design, umore. La saga di Fear Street, targata Netflix, funziona. Forse perché dietro i quattro film ci sono le ispirazioni letterari di R.L. Stine, e forse perché l'effetto nostalgia, miscelato al sangue che scorre a fiumi, stimola sempre un certo effetto, acchiappando l'attenzione degli spettatori. Verrebbe quasi da dire: perché non sono così tutti i film originali Netflix?

Una domanda che cade ovviamente nel vuoto di un lungo sospiro, ma funzionale ad introdurre la nostra opinione riguardo Fear Street: Prom Queen, diretto da Matt Palmer e scritto insieme a Donald McLeary (traendo il soggetto dal romanzo The Prom Queen di Stine, pubblicato nel 1992). Scansando il campo dall'equivoco, il film, in novanta minuti secchi, punta all'intrattenimento duro e puro, sfogliando le regole che assoggettano e indirizzano le strutture dei migliori slasher movie.
Fear Street: Prom Queen, chi sarà la reginetta del ballo?

Certo, Matt Palmer non è Wes Craven né George Romero (e ci mancherebbe), tuttavia riesce a portare avanti un film che gioca sull'ambientazione e sull'estetica. È il 1988, e la Shadyside High School è in fermento alla vigilia del ballo di fine anno, dove si incoronerà la reginetta della scuola. Le favorite sembrano essere le It Girls (capeggiate da Tiffany, interpretata da Fina Strazza), gruppetto di bellissime che non rinunciano ad essere spietate, cattive e velenose nei confronti delle rivali, tra cui la timida e riservata Lori Granger (India Fowler), spalleggiata dalla sua migliore amica Lori (Suzanna Son). Durante la serata, però, alcune delle ragazze vengono uccise da un killer mascherato. In piena tradizione slasher, la scia insanguinata porterà ad una risoluzione, forse, inaspettata.
Uno slasher che funziona

Lo ripetiamo, Fear Street: Prom Queen, così come gli altri capitoli, funziona e gira senza troppi intoppi. Consci di quanto possa essere ingombrante il paragone, lo utilizziamo con responsabilità per rendere più chiara l'idea: potrebbe essere l'approccio alla Scream che incontra le tonalità di Nightmare, con un pizzico di Mean Girls. Rispetto agli altri Fear Street di Netflix, Prom Queen è un film a sé stante, come ha specificato il regista. Tuttavia ci sono alcuni piccoli e gustosi dettagli che si collegano ai precedenti titoli (o successivi, se pensiamo all'ordine cronologico in cui vederli), rendendo la storyline ancora più tridimensionale. Certo, ci sono diverse cadute, e diverse - palesi - ingenuità di narrazione che gracchiano rispetto al tono generale: una testa che rotola nel bel mezzo del ballo, oltre suscitare una certa ilarità, sembra scollegata rispetto ad una credibilità contestualizzata nei confini dello genere slasher, finendo per diventare un mero sketch.

Dall'altra parte, però, la fotografia di Márk Györi coglie il senso degli 80s (pur nella loro inflazionata estetica), così come funziona il respiro generale rispetto alla centralità del ballo di fine anno (raccontato al cinema infinite volte, risultando però sempre affascinante), assorbendo l'attesa delle ragazze e dei ragazzi in preda all'ansia da prestazione. Ecco, questa è la sfumatura che più funziona: la rielaborazione del concetto di celebrità, le spine appuntite dell'ambizione senza scrupoli, l'arroganza, l'aspirazione alla perfezione che genera mostri. Una sorta di anticamera analogica a ciò che avviene oggi sui social. Insomma, Fear Street: Prom Queen, nella sua studiata messa in scena e nel suo spirito pop, sollazza la nostra partecipazione, rielaborando, alla fine, l'idea stessa di final girl attraverso un'inquadratura finale che vale, da sola, la visione del film.
Conclusioni
La saga Netflix Fear Street continua a stupire. Unendo l'effetto nostalgia ad un'estetica curata, e ispirato ai romanzi di R.L. Stine, Fear Street: Prom Queen, diretto da Matt Palmer, offre novanta minuti di puro intrattenimento slasher. Dietro all'ansia da ballo di fine anno una scia di sangue che non lascia scampo, sfociando in una divertita disamina su quanto l'ambizione alla perfezione generi mostri. Sebbene non paragonabile ai maestri del genere, il film ricrea un'atmosfera che ricorda Scream e Nightmare, con un tocco alla Mean Girls.
Perché ci piace
- Una buona messa in scena.
- Il cast funziona.
- La scena conclusiva.
Cosa non va
- Un paio di sequenza poco riuscite.
- Diverse forzature.