Fallout, la serie Prime Video creata da Graham Wagner e Geneva Robertson-Dworet e prodotta da Jonathan Nolan* e Lisa Joy, è stata una scommessa vinta da parte del colosso dello streaming. Basata sull'omonima IP videoludica di Bethesda, fin dal suo debutto avvenuto il dieci aprile del 2024, ha fatto registrare numeri importantissimi che hanno decisamente ripagato lo sforzo produttivo intrapreso dalla compagnia. Nei primi 16 giorni di presenza online è stata vista da ben 65 milioni di persone superando quota 100 a ottobre. Per Prime Video si tratta del secondo miglior risultato di sempre dopo il debutto de Il Signore degli Anelli: Gli Anelli del Potere nel 2022 reso ancor più importante tenendo conto che quello di Fallout è sì un marchio noto, ma non così noto come quello collegato a Tolkien. Come si è giunti a questo risultato e cosa ci racconta la marcia trionfale di Fallout?
Fallout, un'avventura post-atomica realizata "senza fretta"
Anche se quella di Fallout è una saga multipiattaforma, la software house proprietaria del franchise, Bethesda Softworks che ha sede nella città di Rockville nello stato del (Maryland), è a sua volta posseduta da un colosso che forse avrete sentito nominare in giro un paio di volte: Microsoft. Un'azienda che sicuramente apprezza sempre ogni nuova possibilità di revenue, ma che non ha di certo fretta di vedere degli adattamenti televisivi o cinematografici dei titoli videoludici che possiede perché la salute delle sue finanze non dipende certo da queste operazioni. Se decide di farle, tanto vale farle bene senza alcun fiato sul collo.
Ed è con questo approccio che è nata la serie di Fallout. Di recente, Phil Spencer, CEO di Microsoft Gaming, e Jonathan Nolan, produttore esecutivo e showrunner della serie TV, hanno parlato proprio di questo viaggio produttivo evidenziando le ragioni della sua riuscita. È proprio il dirigente della compagnia informatica a spiegare che il fattore determinante è stata la passione di Nolan nei confronti di Fallout, una dedizione fondamentale a catturare la piena fiducia sia di Microsoft che di Todd Howard, creatore del gioco. Il produttore e autore aveva infatti una piena comprensione di quello che era ed è il DNA di questa proprietà intellettuale riflettendo in maniera perfetta quella che, grazie al cielo, sembra essere la nuova consapevolezza della macchina hollywoodiana verso i cosiddetti moviegame. Una consapevolezza che, come ormai avviene con i cinecomic, si basa sulla conoscenza e rispetto del materiale alla base che si traduce in produzioni capaci di fare contenti tutti, dagli studios ai fan a chi, magari, viene a scoprire proprio con un qualche adattamento un dato mondo già amatissimo dai videogiocatori di tutto il pianeta.
L'approccio, la filosofia di Phil Spencer e della Microsoft sono, lette in quest'ottica, perfetti. Dice infatti l'executive che "Non siamo obbligati a fare uno show televisivo o un film per ognuna delle nostre proprietà" aggiungendo che "Quindi, se lo facciamo, deve essere qualcosa che realizziamo con persone di cui ci fidiamo, con qualcuno che crediamo possa alzare l'asticella qualitativa per ciò che rappresenta il franchise". E quando una serie finisce per essere vista da 100 milioni di persone, l'asticella di cui sopra non si limita a essere innalzata. Decolla proprio.
Fallout e Westworld: cos'hanno in comune i mondi creati da Jonathan Nolan e Lisa Joy?
Un terreno radioattivo, ma comunque fertile
Il bello di un epopea come Fallout è che basa gran parte del suo fascino sulla sua "lore", sulla sua ambientazione. Trattandosi di un gioco di ruolo arricchitosi di elementi sempre più action col passare del tempo in cui, contrariamente ad altre saghe, il giocatore non è esclusivamente collegato alla storia di un personaggio che attraversa le varie iterazioni, ecco che la vera star di Fallout è proprio la sua atmosfera. La Nuka Cola. Il suo setting distopico. Le musiche d'epoca. Il Pip-boy. La Confraternita d'Acciaio. Ogni giocatore vive tutto questo a modo suo.
Jonathan Nolan lo sapeva bene e ha deciso di operare di conseguenza. Per lui è stato come avere a che fare con un terreno aperto e sterminato perché, osserva, "È stato simile alla nostra esperienza con i film di Batman. C'erano state così tante versioni diverse di Batman che era quasi un invito a dire: 'Beh, devi fare qualcosa di tuo' ... E con tutte le straordinarie scelte a disposizione del videogamer nei giochi di Fallout, per noi è stato incredibile vedere come ogni gioco della saga avesse una diversa ambientazione, una storia diversa, un cast diverso, eppure fossero tutti collegati tra loro. Per noi, questo ampio mito è stata un'opportunità straordinaria per un adattamento".
Un modo di accostarsi, questo, che se seguito alla lettera, con scrupolosità dall'inizio alla fine del processo, non può che avere dei risultati positivi. Già perché per quanto sviluppato sia un mercato come quello dei videogiochi, non è detto che poi nella singolarità di questa o quella saga, vada necessariamente a coincidere con gli interessi di un pubblico differente come può essere quello che impiega una piattaforma streaming per gustarsi una serie tv o va al cinema per vedere un film. Forse l'unica eccezione alla regola può essere Super Mario Bros. Il Film che, ormai da tempo, vive nel novero di quelle icone culturali conosciute anche dai sassi.
Con Fallout era facile correre il rischio di creare qualcosa di eccessivamente ermetico per i non iniziati. Ma non è stato così perché - in attesa di scoprire gli sviluppi della storia con la seconda stagione già in produzione - tutta quella imponente fascia di persone che si sono appassionate alla serie ignorando cosa fosse un Vault, ha potuto iniziare a scoprire i pericolosi segreti della zona contaminata grazie a Lucy MacLean (Ella Purnell), Maximus (Aaron Moten), al Ghoul / Cooper Howard (Walton Goggins), degli "avatar" che stanno accompagnando esperti e non in questa nuova avventura che è un capitolo a sé nel grande affresco del folklore di Fallout. Un capitolo a sé che ha messo d'accordo tutti e che è una ulteriore dimostrazione di come, dopo anni e anni di buchi nell'acqua, qualcosa è davvero cambiato nel rapporto fra Hollywood e i videogame.