Fall, la recensione: un film che avrebbe voluto girare Tom Cruise

La recensione di Fall: il film di Scott Mann, al cinema dal 27 ottobre, è continuo gioco di vertigini e adrenalina a 700 metri di altezza. Per questo è un film da vedere assolutamente al cinema.

Fall, la recensione: un film che avrebbe voluto girare Tom Cruise

Siamo soliti associare la vertigine al cinema a La donna che visse due volte, il cui titolo originale è appunto Vertigo, il capolavoro di Alfred Hitchcock. O alle imprese di Tom Cruise nei film di Mission: Impossibile. Nella recensione di Fall, il film di Scott Man in uscita al cinema il 27 ottobre, possiamo dire che è un'opera che ridefinisce, o aggiorna, il concetto di vertigine al cinema. La storia di due ragazze che si trovano bloccate su una torre di 700 metri è raccontata con riprese mozzafiato, che assicurano allo spettatore la sensazione di un continuo salto nel vuoto. Per questo Fall è un film che va visto al cinema, sullo schermo più grande che potete.

A 700 metri, senza poter scendere, e attorno solo il deserto

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Fall: Virginia Gardner, Grace Caroline Currey in una sequenza

Siamo sulle Montagne Rocciose e tre giovani, due ragazze e un ragazzo, stanno facendo free climbing. Sono Becky (Grace Caroline Currey) e Hunter (Virginia Gardner), due amiche, e il marito di Becky. L'uomo muore per un incidente, e questo manda Becky in depressione. 51 settimane dopo, è ancora a terra. E quando l'amica Hunter la chiama per farla tornare alla vita e all'azione, inizialmente è riluttante. Ma poi si lascia trascinare nell'impresa: scalare una torre di trasmissione alta più di 700 metri, più del doppio della Torre Eiffel. Le due ragazze arrivano facilmente in cima, ma lì accade qualcosa. E si ritrovano bloccate: scendere sembra diventato impossibile. Attorno a loro c'è solo il deserto e nessuno che le ascolta. E anche il cellulare, a 700 metri d'altezza, non ha campo.

Fall, perché è il film perfetto per mettere alla prova il vostro coraggio

Il nemico è il vuoto

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Fall: Virginia Gardner, Grace Caroline Currey in un'immagine

Fall è un thriller dove il nemico è impalpabile, ma è continuamente presente. È il vuoto, l'altezza, la vertigine che si crea guardando in basso da 700 metri. La paura è capire che la distanza è enorme, che non hai modo per accorciarla. E che sei così in alto che nessuno può vederti o sentirti. Ma il villain è anche quel bullone arrugginito e allentato che, come ci ha fatto presagire la regia con dei primi piani inseriti a regola d'arte, è lì per cedere e lasciarci senza appigli. La regia, in questo senso, è davvero efficace. Perché crea la tensione, l'attesa, l'atmosfera dell'essere lì, in alto, in pericolo, con un sound design efficacissimo nel restituire i suoni del matallo arrugginito, precario, tremante, quei bulloni in agguato. Ma anche il suono dell'aria, il vento che, a quelle altitudini, ti sbatte sul volto. E poi l'inquietante verso degli animali...

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Fall: Virginia Gardner, Grace Caroline Currey in una scena del film

Scott Mann riesce a farci sentire tutta la vertigine

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Fall: Virginia Gardner in una sequenza

Fall è un film di vertigini, di suoni. Ma anche di inquadrature. La regia di Scott Mann è eccezionale nel farci percepire, ad ogni attimo del film, l'enorme altezza della torre in cui le ragazze si trovano, e quindi il pericolo a cui vanno incontro. La prima inquadratura della torre, dal basso, quando le ragazze sono ancora a terra, è impressionante: è così alta che i tralicci di ferro che la compongono diventano sempre più piccoli fino a diventare indefiniti, sfumati, come se quella costruzione si perdesse nell'infinito. Man mano che saliamo, insieme alle ragazze, vediamo i particolari di mani e piedi che afferrano i pioli della scala, i primi piani dei volti, ormai in alto, che si stagliano contro l'orizzonte, con il cielo immenso tutto intorno. E poi la vera chiave del film, le riprese dall'alto verso il basso: la macchina da presa, dalla pedana in cui si trovano le ragazze, in cima alla torre, guarda giù, sposando il loro punto di vista, come in una sorta si soggettiva, e facendoci sentire tutta la vertigine. Ci sporgiamo verso il basso, e sotto di noi vediamo solo il vuoto, un vuoto enorme. È il senso di vertigine che vi coglierà lungo tutto l'arco del film.

Ciao, Sports Illustrated

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Fall: Virginia Gardner in un primo piano

"Ciao, Sports Illustrated", dice Becky a Hunter al mattino, al momento di partire per la torre, guardando il suo look. Il riferimento è al famoso numero estivo della rivista con i costumi da bagno. È un riferimento piuttosto esplicito ai meccanismi dei social media. Hunter, che è una influencer, sa che indossare un reggiseno push up e i calzoncini corti farà aumentare i suoi click e i suoi follower. È un gioco tipico dei social media, ma che rende scoperto quello che in fondo è il gioco di Fall, che, in maniera comunque funzionale alla storia, punta molto sui corpi avvenenti delle due protagoniste. Ci viene in mente un altro thriller, Paradise Beach - Dentro l'incubo, che vedeva il corpo di Blake Lively (che si batteva con uno squalo) sempre in evidenza ed enfatizzato. Scott Mann punta molto sui corpi atletici e formosi delle due ragazze, che catturano l'attenzione, ma non la distolgono mai dal vero centro del film, la situazione di pericolo.

Paradise Beach - Dentro l'incubo: Un feroce squalo a caccia della sensuale Blake Lively

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Fall: Virginia Gardner, Grace Caroline Currey in un momento del film

Filmare ai tempi dei social media

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Fall: Virginia Gardner, Grace Caroline Currey in una scena

Il discorso sui social media è un sottotesto importante del film, perché se le due ragazze si sono cacciate in quella situazione è anche colpa della continua caccia ai like e ai contatti che oggi gli influencer mettono in atto. C'è, in queste persone, la continua esigenza di filmare, documentare, per poi postare. Anche in bilico, anche mentre si reggono con una mano sola, anche rischiando di finire contro un camion: l'imperativo è filmare. Ci è venuto in mente quello che accadeva in Rec, un film uscito in era pre-social, in cui la reporter televisiva, in piena apocalisse zombie, diceva al suo operatore "non smettere di filmare". Era il cosiddetto dovere di cronaca, un discorso legato soprattutto ai media. Oggi è ognuno di noi che, diventando media di se stesso, ha l'esigenza di filmare e di trasmettere. E di alzare ogni volta l'asticella dell'attenzione con imprese sempre più estreme. Che spesso finiscono in tragedia.

Un film che avrebbe voluto girare Tom Cruise

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Fall: Grace Caroline Currey in un momento del film

Fall è un film riuscito non solo per le riprese cariche di vertigine e di adrenalina, per le inquadrature molto varie, ma anche per una sceneggiatura che non rende mai monotona una storia che in pratica si svolge in un unico posto. Tutto il film si regge tra speranza e disillusione, tra i tentativi ingegnosi delle protagoniste e la loro frustrazione. Il tutto condito dagli aspetti personali, dai rimpianti e dai rimorsi, che affiorano man mano che le due amiche, rimaste sole nel nulla, si confidano. E con un plot twist che arriva a pochi minuti dalla fine che è davvero ben congegnato. Da segnalare, oltre alle sue protagoniste, belle ma anche molto credibili, sostenute anche da un ottimo make up che ne sottolinea la sofferenza, la presenza di Jeffrey Dean Morgan nel ruolo del padre di Becky. "Stiamo arrivando, Ethan Hunt" sentiamo dire all'inizio del film. Mentre abbiamo ancora in mente la vertigine che ci ha fatto provare in Mission: Impossible - Protocollo Fantasma appeso al Burj Khalifa di Dubai, possiamo dire che sì, questo è un film che avrebbe voluto girare Tom Cruise. Ed è un grande complimento per un film di questo tipo.

Mission: Impossible - senza stunt: Tom Cruise e le 10 scene più estreme dei film

Conclusioni

Nella recensione di Fall vi abbiamo parlato di un film che ridefinisce, o aggiorna, il concetto di vertigine al cinema, con riprese mozzafiato che assicurano allo spettatore la sensazione di un continuo salto nel vuoto. Per questo è un film che va visto al cinema, sullo schermo più grande che potete.

Movieplayer.it
4.0/5
Voto medio
4.1/5

Perché ci piace

  • La maestria delle riprese che assicurano un continuo senso di vertigine e di vuoto.
  • Il sound design che enfatizza ogni sensazione: dalla precarietà del ferro, al suono del vento in alta quota.
  • Le storie delle protagoniste, che nel contesto di un thriller, donano un lato umano alla vicenda.
  • Il plot twist che arriva a pochi minuti dalla fine.

Cosa non va

  • Una sola cosa: non è un film per deboli di cuore...