Dopo la abbastanza disastrosa Nove perfetti sconosciuti su Prime Video (divenuta antologica col rinnovo per una seconda stagione), Nicole Kidman sembra aver avuto più fortuna affidandosi al talento di Lulu Wang, già fattasi notare sulla piattaforma con il film The Farewell - Una bugia buona con Awkwafina, per la nuova miniserie destinata al servizio streaming dell'e-commerce, ovvero Expats, dal best seller internazionale The Expatriates scritto da Janice Y. K. Lee. Accanto a Kidman, Sarayu Blue e Ji-young Yoo interpretano tre donne che devono affrontare in tre modi diversi la maternità, accomunate da una tragedia inaspettata. Le loro strade si incrociano fino ad arrivare al finale, disponibile dal 23 febbraio, di cui vi parliamo nella nostra spiegazione.
Dalla trama di Expats al finale
Il tra(u)ma che tutte e tre le donne protagoniste vivono è la sparizione di Gus, il figlio più piccolo di Margaret Woo (Nicole Kidman) un giorno al mercato - uno dei luoghi più caotici dell'intera metropoli a rappresentare l'incontro di culture diverse, soprattutto quelle delle tre espatriate. Quel giorno Margaret lo aveva affidato a Mercy Cho (Ji-young Yoo), una ragazza conosciuta da poco, fidandosi istintivamente e perché aveva avuto una discussione con la domestica, Essie (Ruby Ruiz), una donna che vorrebbe tornare a casa dalla propria famiglia ma sente peso e responsabilità di quella non biologica, di cui si è occupata fin dalla nascita di Gus, e anche dopo la sua sparizione, compreso il marito di Margaret, Clarke (Brian Tee).
Questo ha avuto un impatto anche nella vita della sorella di quest'ultimo, Hilary Starr (Sarayu Blue) che vive nello stesso edificio dei Woo, da sempre decisa insieme al marito David (Jack Huston) a non avere figli; dopo quel tragico evento, in lui è scattato qualcosa. Lei però prende la pillola a sua insaputa, incolpando lo stress per non il rimanere incinta, e lui si rifugia tra le braccia di Mercy,. A questo è servito il secondo episodio, un lungo flashback: raccontare l'evento tragico e le sue conseguenze su tutti i personaggi. Così come gli episodi speciali sul tema del rimanere bloccati in stile Breakfast Club (il quarto) e durante l'alluvione (il quinto, inutilmente lungo come un film) per mostrare parallelamente il punto di vista della servitù che oltre a conoscere i vizi e i segreti dei propri datori di lavoro non ha la reale opportunità di coltivare le proprie aspirazioni, come il personaggio di Puri (Amelyn Pardenilla), la domestica di Hilary, perché la mattina dopo bisogna tornare al solito tran-tran quotidiano.
Expats, la recensione: il dolore della maternità
Tre sfumature di maternità
Più grande del dolore della perdita di un figlio c'è solamente il non sapere, rimanere in un limbo praticamente eterno, vivere di un senso di colpa verso se stessi e gli altri per le proprie scelte di quel giorno infausto: tutta questa frustrazione viene ovviamente percepita dai figli superstiti, Daisy e Philip, che trattano male Margaret e sono sicuramente un po' viziati. Anche perché cresciuti nel quartiere "bene" di Hong Kong, sinonimo di privilegio. Per la precisione quello di Mong Kok, che si trova nel distretto di Kowloon West ed è pieno di edifici alti a più piani con attività commerciali di vario tipo insieme a catene di fast food. Margaret vive la condizione di altre donne benestanti di avere governanti che fanno da madri al posto loro e quindi ritrovarsi in uno strano limbo. Hilary invece sente il peso della società e della madre per non avere figli. Col suo breve viaggio a casa in India, scopriamo che il padre picchiava la madre che ha sempre accettato sommessamente per quieto vivere e per la reputazione familiare. Ora però la giovane donna non ci sta più e in punto di morte riesce a dire al padre quello che pensa veramente di lui, togliendosi un peso enorme dal cuore. Nel frattempo Mercy rimane incinta di David creando un cortocircuito incredibile che conferma davvero i paradossi della vita e del destino. Lei, troppo giovane per pensare a chiunque altro oltre che a se stessa, ora si ritrova un altro essere umano nel proprio grembo e un futuro potenzialmente differente davanti a sé.
Decisioni
Il finale di Expats è girato quasi interamente attraverso tre dialoghi montati in modo suggestivo al tavolo di un ristorante, durante i quali le tre donne si incontrano a coppie in momenti diversi, per spiegare alle rispettive interlocutrici e al pubblico le proprie scelte. Hilary decide che la sua vita, che si è faticosamente costruita, va bene così com'è e vuole provare a ricominciare a partire da un simbolico tappeto che va a comprarsi da sola, con o senza David che sia. Mercy, dopo aver rivelato la propria gravidanza alla ragazza conosciuta attraverso le proteste della cosiddetta Rivoluzione degli Ombrelli ed essere stata lasciata, trova conforto nella propria madre che vorrà aiutarla col bambino in arrivo, prendendo ufficialmente consapevolezza della propria condizione di madre-in-essere. Margaret, infine, capisce che la sua famiglia deve tornare negli Stati Uniti perché altrimenti vivrà per sempre nell'ombra e nel ricordo di Gus, senza riuscire ad andare avanti, soprattutto i figli rimasti.
Eppure alla fine in aeroporto sceglie di rimanere a Hong Kong perché il pensiero che in qualsiasi momento possa ritrovare il piccolo di casa per strada, non la farebbe stare tranquilla. Quel mistero rimane quindi insoluto, come spesso nella vita reale. Essie decide di seguire gli Woo negli Stati Uniti alla richiesta di Margaret, quando avrebbe potuto tornare dalla propria famiglia in Indonesia e conoscere finalmente dal vivo la propria nipotina. A dimostrazione del tema centrale di Expats: la condizione di madre è davvero peculiare e sfaccettata, fatta anche di molte ombre e non solo di luci, di decisioni difficili e, a volte, impossibili. L'inquadratura finale di Lulu Wang, che indugia su Margaret in mezzo alla folla di Hong Kong, rappresenta proprio il sentirsi straniere in terra straniere, ma anche perdute nel vento.