Non possiamo che iniziare la nostra recensione del secondo episodio speciale di Euphoria con un pensiero che si è fatto strada lentamente alla fine dei titoli di coda, quando siamo riusciti a riprenderci dalla girandola emotiva che questi cinquanta minuti ci hanno regalato (ancora una volta): se capita una volta sola potremmo definirlo un miracolo, ma se succede per due volte di fila, allora ci troviamo di fronte a qualità e talento. Solo un mese fa, la serie HBO tornava sui nostri schermi con il primo di due episodi speciali, a fare da ponte per la posticipata seconda stagione del teen drama senza filtri in onda in Italia su Sky Atlantic e NOW TV, e, come ne scrivevamo nella nostra recensione, quell'ora passata con Rue (Zendaya) nella tavola calda ci aveva emozionato non poco. Certo, non nascondiamo che la serie creata da Sam Levinson, qui ancora una volta regista, si è distinta fin da subito per riuscire a raccontare con spietatezza e sincerità il mondo adolescenziale contemporaneo, ma quell'episodio natalizio dimostrava di poter alzare l'asticella della già elevata qualità. Poteva essere un caso, la classica mosca bianca che si distingue e si rende memorabile, se non che, anche oggi, alla fine di un'ora passata in compagnia di Jules (Hunter Schafer) e dei suoi pensieri, sentiamo di aver assistito a una conferma. Di scrittura, di messa in scena, ma soprattutto di recitazione. L'episodio è da oggi disponibile On Demand su Sky e su NOW TV; nella notte tra domenica e lunedì, invece, verrà trasmesso su Sky Atlantic in contemporanea con la messa in onda americana di HBO con replica il lunedì sera alle 23.
Una seduta terapeutica
Jules, l'altro volto protagonista di Euphoria, se possiamo parlare di protagonisti. È chiaro che i personaggi interpretati da Zendaya e Hunter Schafer siano il cuore della serie, nonostante la coralità della storia. Ed è proprio a Jules che questo secondo speciale è dedicato. Riprende gli stilemi e la dimensione intima del primo speciale: due persone in una sola stanza (scelta quantomeno obbligata date le circostanze, le riprese si sono svolte nel 2020 con tutti i limiti che ben conosciamo) e un lungo dialogo che non solo porta avanti la storia principale, ma ne riprende i fili approfondendo la psicologia del personaggio principale. Ci sono, però, delle differenze importanti che distinguono questo episodio dal precedente. La prima (e più importante) è sulla struttura del racconto: mentre Rue poteva confrontarsi con Ali, il suo sponsor, dando vita a una vera e propria conversazione, qui i riflettori sono puntati quasi esclusivamente su Jules che, durante una seduta dalla psicologa, ha modo di raccontare quello che prova e quello che ha vissuto. La conversazione diventa quasi completamente un monologo, intervallato solo da qualche domanda che sprona la ragazza a raccontare sempre di più e a indagare su sé stessa in maniera sempre più profonda. Ne risulta un episodio che richiede uno sforzo in più da parte dello spettatore che dovrà cercare di prendere lo sguardo della psicologa e accogliere i pensieri di Jules, in maniera sicuramente meno distaccata.
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Questione di empatia
È la chiave per potersi lasciare andare e godersi questi cinquanta minuti di incredibile televisione (sì, l'abbiamo già detto per lo scorso episodio ma non possiamo non ripeterci): provare una forte empatia per la protagonista, per il suo racconto, per i suoi pensieri e la sua psicologia, qui capace di capovolgere il punto di vista che abbiamo avuto di lei nella prima stagione donando nuove sfumature e tridimensionalità. Il risultato è un episodio di gran lunga più rischioso del precedente, perché si poggia su un patto con lo spettatore ben più fragile, così come più fragile è il personaggio di Jules nonostante voglia dare di se stessa un ritratto "da dura". Il lavoro di Sam Levinson e la stessa Hunter Schafer, qui co-sceneggiatrice e produttrice, è quello di togliere gli strati, gli indumenti, le rappresentazioni che Jules fa di se stessa per spogliarla. Ecco che, di conseguenza, molti dei comportamenti inspiegabili e un po' repentini visti nella prima stagione qui assumono una spiegazione e una giustificazione, fermo restando che - è bene non dimenticarlo - si parla di adolescenti e dei problemi che si portano sulle spalle. E, si sa, l'adolescenza non permette di assumere uno sguardo razionale e logico, anche della corretta dimensione di quello che si sta vivendo. È necessario sottolinearlo perché, a differenza dell'episodio più quadrato di Rue, entrare nella mente di Jules significa anche fare i conti con una personalità complessa, divisa tra sogno e realtà. In quei momenti, quando lo sguardo della macchina da presa si sposta dallo studio della psicologa ed entra prepotentemente nella mente e nelle visioni della ragazza, l'episodio assume i connotati dei migliori film di Terrence Malick, dove immagini, musica e pensieri si uniscono in un'armonia emozionante. Ma è necessario lasciarsi andare, come stendersi in riva al mare e lasciarsi cullare e bagnare dalle onde dell'oceano.
Semplicità e complessità
Euphoria è fatta di contrasti, a partire dal titolo stesso che descrive al rovescio la vita e le problematiche dei suoi personaggi. L'abbiamo imparato con le sigle degli episodi: la musica ritmata, spesso di genere hip hop, che presenta il titolo colorato che, però, rimane immobile su sfondo nero, proprio ad evidenziare la differenza tra apparenza e verità. Quest'episodio, invece, opta per un'altra (bellissima) soluzione, riassumendo la storia (vi consigliamo di leggere il testo della canzone) e funzionale al confronto che da lì in poi si svolgerà, tra ciò che è semplice e ciò che è complesso. La semplicità: uno stile di regia funzionale, capace di raccontare moltissimo con una semplice inquadratura; il plot generale, ambientato durante una seduta terapeutica; gli argomenti stessi che Jules usa per parlare dei suoi problemi: l'amore, i genitori, le paure, il suo passato. La complessità: la messa in scena che via via si fa sempre più onirica tanto da far venire il dubbio su cosa sia vero e cosa sia una proiezione della protagonista; i legami con gli eventi e i personaggi della prima stagione da ricordare per apprezzare al meglio il racconto; le sfaccettature di una personalità complessa come quella di Jules che deve fare i conti con una frantumazione della propria personalità. La domanda sembra essere sempre la solita: chi siamo veramente, quello che crediamo di essere o quello che gli altri dicono che noi siamo? Assume i contorni della poetica pirandelliana, quella dell'"Uno, nessuno e centomila" e lo trasla nella dimensione adolescenziale. Una vita tra il tangibile e l'online, tra rapporti veri e conversazioni sui social, faccia a faccia o attraverso uno schermo. Non ci meraviglia che Jules sia un personaggio così complesso e, di conseguenza, anche incoerente. E non dovrebbe meravigliarci, ma lo fa comunque, il talento di Hunter Schafer nel saper gestire l'intero spettro emotivo di Jules. Mai per un secondo ci viene da pensare di star vedendo un'attrice che svolge il suo lavoro recitando: il ritratto che ne viene fuori è quello di un personaggio vivo, vero, reale. Un'interpretazione da manuale e che si vede raramente in televisione.
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Cosa ci lasciano i due episodi speciali
Al termine di questi due episodi, l'attesa per la seconda stagione ormai è incontenibile. Il grande merito di queste due ore speciali è stato quello non solo di portare avanti, seppur di poco, la trama generale, ma di farlo attraverso un approfondimento psicologico della coppia di personaggi principale che arricchiscono gli otto episodi precedenti. Viene voglia di ricominciare da capo, con questa nuova consapevolezza, e rivedere la serie sotto un'altra prospettiva più chiara. E, siamo onesti, si fa fatica a trattenere l'entusiasmo per sapere come la relazione tra Rue e Jules potrà proseguire. Senza dubbio stiamo parlando di una serie che ora si troverà a dover affrontare una sfida ancora maggiore, ovvero confermare l'altissima qualità fin qui dimostrata e migliorando quei pochi e leggeri difetti che un teen drama inevitabilmente si porta dietro. Ma è chiaro che sarà lo spettatore stesso a scegliere di dare il giusto peso alle diverse caratteristiche dell'opera. Quello che, invece, è certo è che Euphoria riesce a colpire e ad emozionare, a muovere una gabbia di sentimenti che spesso preferiamo tener chiusa. Proprio come Rue fa con Jules, capace non solo di guardarla (trovarsela di fronte agli occhi), ma di vederla (cioè andare oltre il semplice sguardo e riuscire a comprenderla). E forse proprio empatizzando con questi personaggi così scomposti e frammentati saremo capaci di ricomporre le fratture che spesso, senza che ce ne accorgiamo, ci dividono.
Conclusioni
A conclusione della nostra recensione del secondo speciale di Euphoria non possiamo che confermare le ottime impressioni dell’episodio precedente. Questa seconda parte dedicata a Jules è allo stesso tempo simile e diversa da quella su Rue: ne mantiene le caratteristiche di base (una lunga chiacchierata per aprire sé stessi e fare ordine alle idee), ma si fa più complessa, unendo passato e presente della serie, contrapponendo la dimensione onirica e interiore della protagonista con quella reale, confondendole. Ancora più che nel precedente episodio, qui lo sforzo da parte dello spettatore dev’essere maggiore, soprattutto nella capacità di comprendere ed empatizzare con la protagonista. È a quel punto che la visione di Euphoria diventa una vera gioia densa di emozioni. Un ennesimo piccolo gioiello televisivo.
Perché ci piace
- L’interpretazione intensa e incredibile di Hunter Schafer.
- La capacità di unire la semplicità dei temi con la complessità dell’adolescenza.
- Molti i momenti emozionanti capaci di colpire il cuore dello spettatore.
Cosa non va
- Si basa completamente su una forte empatia verso la protagonista col rischio di lasciare distaccato lo spettatore meno emotivo.