Se esplorare le intricate trame della cultura seriale sudcoreana è il vostro guilty pleasure preferito, allora non potete perdervi questa Eredità sepolta. Lo diciamo subito: il nuovo k-drama mistery-thriller targato Netflix è davvero intrigante. Sviluppato dal talentuoso Yeon Sang-ho (Train to Busan, Psychokinesis) insieme allo storico collaboratore e assistente regista Min Hong-nam, qui al timone di tutti e sei gli episodi della miniserie.
La serie si inserisce innanzitutto nella crescente ondata di produzioni coreane per il colosso dello streaming, che dall'amatissima Hellbound - tra l'altro sempre ideata da Sang-ho - ha vissuto una sensibile espansione soprattutto in ambito seriale, guardando anche alla recente La creatura di Gyeongseong (leggi la nostra recensione), pensata come miscela unica di folklore, dramma e orrore. In Eredità sepolta si affronta invece un mistero fondamentalmente thriller e poliziesco, genere tanto caro e ben sfruttato dai coreani, concepito secondo criteri stilistici e culturali del paese, più vicino a un film in sei parti che a una serie tv e con evidenti richiami al grande cinema nazionale di Park Chan-wook (Old Boy), Bong Joon-ho (Madre) e Na Hong-jin (The Chaser, Goksung).
Eredità sepolte: le colpe dei padri
Ambientata nella provincia coreana, Eredità sepolta segue la storia di Yoon Seo-ha (una bravissima Kim Hyun-joo), professoressa associata universitaria con una vita tutt'altro che felice. Trattata con superficialità dal professore di cattedra - di cui è anche ghostwriter - e dai colleghi, a ridosso della scoperta del tradimento del marito con una sua allieva di yoga, Seo-ha viene a conoscenza di essere l'unica erede di tale Yoon Myung-gil, zio paterno di cui non conosceva nemmeno l'esistenza. Giunti nel vicino villaggio dove risiedeva il parente, la donna scopre di aver ricevuto in lascito il cimitero di famiglia. Improvvisamente, comincia a ricevere un forte interesse da parte del capo villaggio, Yuk Sung-soo, entrando inoltre in contatto con quello che si presenta come il suo fratellastro, Kim Young-ho (Ryu Kyung-soo), dal carattere strambo e psicologicamente fragile ma interessato al cimitero di famiglia.
La scomparsa dello zio, deceduto per strada a causa di un avvelenamento da tallio, richiama al villaggio il capo investigatore Park Sang-min (Park Byung-eun) e il detective Choi Sung-jun (Park Hee-soon), ognuno con un suo specifico metodo d'indagine e alcuni sottoposti più fedeli di altri, essendo in una sorta di contenzioso di leadership tra loro. Da una parte si susseguono le indagini sull'omicidio di Myung-gil, che arrivano a scavare fino alle radici delle relazioni di Seo-ha, portando alla luce un difficile rapporto con il padre e una seconda relazione dello stesso; dall'altra ci vengono rivelati di episodio in episodio i motivi dell'acredine tra i due investigatori, a quanto pare sempre correlati a delle colpe paterne. In un contesto del genere, proprio dopo l'arrivo di Seo-ha al villaggio, cominciano a verificarsi una serie di strani omicidi che complicano le ricerche di Sung-jun e Sang-min e mettono in allerta la protagonista. Tutto sembra collegato al cimitero di famiglia, ma perché?
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Lento ma interessante
In una panorama televisivo e streaming dove spesso forma e sostanza non riescono a combaciare come vorrebbero - e come dovrebbero -, dalla Corea si erge senza timore Eredità sepolta, che offre un'esperienza di genere dove coinvolgenti e affascinanti atmosfere riescono a intersecarsi perfettamente con un intreccio narrativo solido e appassionante. Al di là della cifra interpretativa eloquente di Kim Hyun-joo e di Park Hee-soon, la serie offre un racconto davvero avvincente che si snoda lungo un complesso modello di rapporti e relazioni in grado di dare lettura intima al dramma dei protagonisti e di sbocciare anche in un sofisticato (ma mai cervellotico o difficile) k-thriller come non se ne vedevano da un po'. I colpi di scena sono centellinati a dovere e il mistero disvelato secondo i tempi narrativi necessari, rimessi allo sviluppo dei personaggi e al contesto della storia.
Il ritmo potrebbe forse risentire di una scrittura che si dilunga molto nell'indagine, volendo intrecciare senza soluzione di continuità anche le ferite emotive dei protagonisti e un certo valore drammatico o evocativo dell'immagine, ma il risultato resta comunque ottimo. Musiche e atmosfera in particolare contribuiscono a immergere lo spettatore nel mistero, creando anche un certo contrasto tra modernità (pensiamo al modello investigativo contrapposto, ad esempio, a quello dello splendido Memorie di un assassino) e stilemi di costume o spirituali tipici della vecchia cultura coreana come lo sciamanismo (e qui c'è una certa correlazione con Goksung).
Un notevole K-thriller
La regia di Min Hong-nam ha poi delle intuizioni importanti, sia dal punto di vista estetico che cinematografico in senso puro, guardando ad esempio alla gestione di una sequenza nel quinto episodio dove riesce a inserire un piccolo ma centrato piano sequenza che dà tutto un altro gusto e un altro impatto a una scena che poteva invece risultare piatta e comune. La sfida finale lanciata al pubblico è quella tipica del mistery-thriller-poliziesco, scoprire cioè il colpevole e le relative motivazioni, ma siamo certi che rimarrete affascinanti anche dal contorno, dalle prove attoriali e dalla cura formale e contenutistiche che contraddistinguono l'opera.
Conclusioni
Eredità Sepolta è un mistery-thriller d'estrazione coreana come non se ne vedevano da un po'. Concludendo l'analisi della nostra recensione, la miniserie sviluppata da Yeon Sang-ho regala un intreccio narrativo solido e appassionante al netto di un ritmo un po' lento che viene però mitigato dal ridotto numero di episodi e dalla relativa durata. Sembra infatti più un lungometraggio in sei parti che una serie televisiva in senso stretto, e questo anche per i diversi e importanti richiami ad alcuni grandi maestri del cinema coreano. In definitiva, uno dei prodotti originali Netflix più convincenti di questo inizio 2024.
Perché ci piace
- La struttura dell'intreccio, la scrittura di Yeon Sang-ho.
- La regia di Min Hong-nam e le sue intuizioni formali.
- Atmosfere e scenografie.
- Le interpretazioni del cast.
Cosa non va
- Il ritmo narrativo è un po' troppo compassato anche se funzionale alle intenzioni del racconto.