Aspettando la cerimonia per la 66° edizione degli Emmy Award, in calendario il 25 agosto, torniamo a parlare del più prestigioso premio della TV americana in un ideale viaggio fra gli annali della serialità televisiva a stelle e strisce.
Negli scorsi articoli vi abbiamo proposto una rassegna delle numerose serie cult - drammatiche o comiche - che non sono mai riuscite ad aggiudicarsi l'Emmy nella categoria principale; ora, invece, passiamo ad occuparci degli interpreti, con una galleria dedicata ai principali "volti" televisivi snobbati all'assegnazione delle statuette. Partiamo duque dagli attori, molti dei quali, pur senza aver conquistato l'ambito trofeo, sono stati comunque in grado di dar vita a personaggi entrati di diritto nel nostro immaginario collettivo...
Gli "Happy Days" della TV americana
Cominciamo da uno degli attori del piccolo schermo più popolari di sempre: il simpaticissimo Andy Griffith, scomparso nel luglio 2012 a 86 anni. Fra il 1960 e il 1968 Griffith è stato il mattatore di una delle sit-com più seguite d'America, The Andy Griffith Show, nel ruolo dello sceriffo Andy Taylor, mentre fra il 1986 e il 1995 è tornato a riscuotere consensi interpretando il brillante avvocato Benjamin Matlock, con i suoi inconfondibili completi bianchi, nella serie giudiziaria Matlock: nessuno di questi due personaggi, tuttavia, gli è mai valso neppure una candidatura agli Emmy Award. Un altro divo della TV americana degli anni Sessanta è senza dubbio Martin Landau: il talentuoso attore, formatosi presso l'Actor's Studio, fu il protagonista di una delle serie di maggior successo del decennio, Missione impossibile, nei panni dell'agente segreto Rollin Hand (trent'anni più tardi, Mission: Impossible avrebbe ispirato il primo film della fortunatissima saga cinematografica interpretata da Tom Cruise). Grazie al suo ruolo nella serie Landau ottenne tre nomination consecutive all'Emmy come miglior attore, fra il 1967 e il 1969, senza però aggiudicarsi il trofeo (Landau si "consolerà" con un Oscar nel 1994 per il film Ed Wood).
Arrivando agli anni Settanta, la serie TV che maggiormente ha rappresentato questo decennio è stata naturalmente Happy Days, trasmessa dal 1974 al 1984 e ambientata a Milwaukee vent'anni prima. Happy Days ha macinato ascolti record e ha tenuto viva, almeno sul piccolo schermo, l'idea di una "età dell'innocenza" che il cinema della New Hollywood aveva già frantumato. Henry Winkler, l'indimenticabile interprete dello spavaldo Fonzie, con il suo proverbiale giubbotto di pelle, ha ricevuto tre nomination all'Emmy come miglior attore fra il 1976 e il 1978, ma nessun premio, mentre un giovanissimo Ron Howard, che prestava il volto a Richie Cunningham, non è stato mai neppure candidato. Quattro nomination invece (ma nessuna statuetta), fra il 1974 e il 1977, per un veterano del cinema e del teatro, Karl Malden, passato alla televisione in qualità di co-protagonista, accanto a Michael Douglas, della popolare serie poliziesca Le strade di San Francisco, nella parte del maturo tenente di polizia Mike Stone. Impossibile inoltre non ricordare il compianto Robin Williams: il grande attore, recentemente scomparso, ha raccolto i primi successi proprio in TV, guadagnandosi nel 1979 la nomination all'Emmy come miglior attore impersonando il simpatico alieno Mork in Mork & Mindy.
Da J.R. all'agente Cooper
"Chi ha sparato a J.R.?": è la domanda che, nell'estate del 1980, tormentò milioni di affezionatissimi spettatori del celeberrimo serial Dallas, in onda con enorme successo dal 1978 al 1991 (e all'origine anche di un bizzarro sequel omonimo, trasmesso dal 2012). A prestare il volto a uno dei personaggi simbolo nella storia della televisione, J.R., alias John Ross Ewing Jr, l'ambizioso magnate del petrolio texano, avido e senza scrupoli, che nell'episodio più famoso della serie finiva per beccarsi una pallottola in corpo, era Larry Hagman, che si guadagnò due nomination all'Emmy nel 1980 e nel 1981; due anni fa, poco prima della sua scomparsa, Hagman è tornato a indossare il cappello di J.R. nel sequel / reboot Dallas. Agli Emmy non ha avuto certo maggior fortuna il protagonista maschile del serial "concorrente" di Dallas, ovvero Dynasty, l'altra grande saga familiare che ha caratterizzato la TV degli anni Ottanta: John Forsythe, interprete di Blake Carrington, magnate del petrolio del Colorado e patriarca della tormentata famiglia Carrington, conteso tra la perfida ex moglie Alexis e la neo-sposa Krystle. Fra il 1982 e il 1984 Forsythe ottenne tre nomination all'Emmy come miglior attore, ma nessuna vittoria.
Uno dei grandi "eroi" del piccolo schermo, Dale Cooper, l'eccentrico agente dell'FBI incaricato di indagare sull'omicidio della giovane Laura Palmer, è valso un'immensa popolarità all'attore canadese Kyle MacLachlan, protagonista delle due stagioni di Twin Peaks, la serie cult realizzata da David Lynch (e appena ripubblicata in versione Blu-Ray); grazie al ruolo dell'agente Cooper, MacLachlan si è aggiudicato fra il 1990 e il 1991 due nomination all'Emmy come miglior attore. Quattro nomination consecutive, fra il 1990 e il 1993, hanno ricompensato il lavoro svolto da Scott Bakula nella fortunata serie fantascientifica In viaggio nel tempo; nella serie Bakula interpretava la parte del dottor Samuel Beckett, geniale scienziato artefice del progetto Quantum Leap, che gli permetteva appunto di spostarsi avanti e indietro nel tempo, modificando il corso degli eventi. Passando dal thriller e dalla fantascienza al versante della sit-com, il grande "snobbato" di questo periodo è stato indubbiamente John Goodman: co-protagonista, accanto a Roseanne Barr, della famosissima serie Pappa e Ciccia, che registrò record di ascolti negli USA, il massiccio Goodman conquistò ben sette nomination all'Emmy come miglior attore comico fra il 1989 e il 1995 grazie alla parte di Don Conner, il marito di Roseanne, senza però riuscire a mettere le mani sulla statuetta (a differenza della Barr, premiata come miglior attrice nel 1993).
Medici, poliziotti e detective: gli snobbati degli anni Novanta
Nel corso degli anni Novanta, medici e poliziotti hanno fatto la parte del leone sul piccolo schermo, e spesso anche in occasione delle premiazioni degli Emmy... ma non sempre. Gli interpreti di alcuni dei personaggi televisivi più noti di quel decennio, infatti, sono rimasti puntualmente a mani vuote nel corso delle cerimonie degli Emmy, a partire dai due dottori più popolari ed affascinanti dei Nineties: stiamo parlando di George Clooney, alla vigilia della sua consacrazione a superstar del cinema, e di Anthony Edwards, che hanno prestato il volto rispettivamente al dottor Doug Ross e al dottor Mark Greene in E.R. - Medici in prima linea, l'amatissima serie ospedaliera trasmessa ininterrottamente fra il 1994 e il 2009. Titolo di culto per milioni di spettatori in tutto il mondo, E.R. è valsa due nomination (nel 1995 e nel 1996) a George Clooney e ben quattro nomination consecutive (fra il 1995 e il 1998) ad Anthony Edwards come migliori attori protagonisti: nessuno dei due, tuttavia, è riuscito a portarsi a casa il trofeo.
È stato perfino più sfortunato Jimmy Smits, interprete del detective Bobby Simone nel serial poliziesco di maggior successo del decennio: NYPD Blue. Con ben cinque candidature consecutive, fra il 1995 e il 1999, Smits non ha vinto alcun Emmy (a differenza del suo collega Dennis Franz, che grazie a NYPD si è aggiudicato ben quattro Emmy nella sua stessa categoria). Ha ottenuto ben sei nomination come miglior attore protagonista invece Sam Waterston, candidato per tre volte (fra il 1992 e il 1994) per il ruolo del procuratore distrettuale Forrest Bedford in Io volerò via, serie sul razzismo negli Stati Uniti degli anni Cinquanta, e per altre tre volte (nel 1997, 1999 e 2000) interpretando un altro procuratore distrettuale, Jack McCoy, nella serie giudiziaria più longeva della TV americana, Law & Order - I due volti della giustizia, in cui Waterston ha recitato dal 1994 fino alla sua conclusione, nel 2010. Fumata nera pure per David Duchovny, candidato all'Emmy nel 1997 e nel 1998 grazie alla sua interpretazione di Fox Mulder, agente dell'FBI incaricato di occuparsi dei casi inspiegabili e attinenti alla sfera del paranormale, nella serie thriller che, dopo Twin Peaks, ha segnato maggiormente l'immaginario televisivo del decennio: X-Files, trasmessa con enorme successo dal 1993 al 2002 (neppure una candidatura, invece, per l'altra serie che l'ha visto protagonista, Californication).
Friends without Emmys
E ancora una volta, torniamo a occuparci anche del lato "brillante" della TV: negli anni Novanta, infatti, non sono mancate le omissioni sorprendenti pure fra i protagonisti delle situation-comedy. A partire da quella di Jerry Seinfeld, che nell'innovativa sit-com trasmessa fra il 1989 e il 1998, e intitolata per l'appunto Seinfeld, ha dato vita a un bizzarro ed egocentrico alter-ego di se stesso: cinque nomination come miglior attore, dal 1992 al 1996, ma nessun premio (in compenso, Seinfeld ha ottenuto un Emmy come produttore della serie nel 1993). Delusione anche per il suo comprimario Jason Alexander, che interpretava il ruolo di George Costanza, il migliore amico di Seinfeld: sette nomination come miglior attore supporter, tutte sfumate (spesso a vantaggio di un altro membro del cast, Michael Richards, premiato con ben tre Emmy). Una sorte analoga è toccata a Garry Shandling, autore e protagonista di un'altra sit-com dal taglio postmoderno e meta-televisivo, ovvero The Larry Sanders Show: per la parte di Larry Sanders, conduttore di un fittizio talk-shaw, Shandling ha ottenuto cinque nomination come miglior attore (nel 1993 e poi tra il 1995 e il 1998), e in compenso ha vinto un Emmy in qualità di sceneggiatore.
Ben sei candidature consecutive invece, fra il 1994 e il 1999, per Paul Reiser, che in Innamorati pazzi prestava il volto a Paul Buchman, trentenne newyorkese appena sposatosi con la vivace PR Jamie; sebbene Resier non sia mai stato premiato, la sua partner nella serie, Helen Hunt, ha messo a segno ben quattro Emmy di fila! Infine, nonostante la popolarità stellare e ingaggi per milioni di dollari, non hanno avuto la soddisfazione di aggiudicarsi alcun Emmy i tre protagonisti maschili della sit-com in assoluto più famosa ed amata degli anni Novanta: Friends, in onda fra il 1994 e il 2004. Matt LeBlanc ha ottenuto tre nomination come miglior attore per la parte di Joey Tribbiani (alle quali vanno aggiunte altre tre nomination per il ruolo di se stesso nella sit-com Episodes) e Matthew Perry un'unica nomination per quella di Chandler Bing, mentre il "povero" David Schwimmer, l'interprete di Ross Geller, è stato completamente ignorato dai giurati degli Oscar TV.
I grandi esclusi del nuovo millennio: da Martin Sheen a Jon Hamm
Una delle serie più acclamate dalla critica all'alba del nuovo millennio è stata West Wing, firmata da Aaron Sorkin e trasmessa dal 1999 al 2006: il racconto del lavoro quotidiano e delle difficili decisioni del Presidente democratico degli Stati Uniti Jed Bartlet, impersonato da Martin Sheen, e dei suoi collaboratori. Con un totale di ben 26 Emmy Award, West Wing è la serie drammatica più premiata nella storia degli Emmy: a maggior ragione risulta incredibile il fatto che Sheen non sia mai riuscito a portarsi a casa l'ambito trofeo, nonostante un totale di sei nomination (dal 2000 al 2004 e poi una sesta candidatura nel 2006). Tre nomination come miglior attore (nel 2002, 2003 e 2006) sono state assegnate invece a Peter Krause per la parte di Nate Fisher, che eredita suo malgrado un'impresa di pompe funebri in Six Feet Under, applauditissimo dramedy firmato da Alan Ball. Per la prima stagione di Six Feet Under, insieme a Krause è stato candidato anche Michael C. Hall per la parte di David, il fratello gay di Nate.
Hall diventerà un idolo del pubblico televisivo soprattutto per aver dato vita, a partire dal 2007, al personaggio di Dexter Morgan, ematologo della squadra omicidi di Miami, ma in realtà egli stesso serial-killer impegnato a dare la caccia agli altri assassini, in Dexter: per la sua performance nei panni di Dexter Morgan Michael C. Hall ha ricevuto cinque nomination all'Emmy fra il 2008 e il 2012, ma senza vincerne neppure uno. Sorte ancora più beffarda, con un totale di sei nomination conquistate nel 2005 e poi fra il 2007 e il 2011, per l'attore inglese Hugh Laurie, che dopo una carriera come comico e caratterista si è ritrovato all'improvviso una superstar grazie alla parte di Gregory House, medico burbero, arrogante, pieno di eccentricità ed idiosincrasie, ma a dir poco geniale, nella serie ospedaliera Dr. House, autentico fenomeno che ha entusiasmato il pubblico di tutto il mondo (ma non abbastanza da far conquistare a Laurie l'agognato Emmy). Ben sei nomination consecutive fra il 2006 e il 2011, ma tutte quante sfumate, sono state attribuite a Steve Carell per la parte di Michael Scott, goffo ed incompetente direttore generale della Dunder Mifflin di Scranton, nella sit-com The Office, apprezzato remake americano dell'omonima serie britannica.
Tornando al genere drammatico, fra le recenti omissioni degli Emmy non si può non citare Steve Buscemi, candidato nel 2011 e nel 2012 per la parte del subdolo politico corrotto Nucky Thompson, protagonista di Boardwalk Empire - L'impero del crimine, imponente affresco della vita ad Atlantic City nell'epoca del proibizionismo. Tre nomination, dal 2012, per il divo inglese Benedict Cumberbatch per il suo ritratto del detective Sherlock Holmes nel serial Sherlock, che vede Cumberbatch in lizza pure quest'anno fra gli attori di miniserie e film TV. Infine, ha collezionato sette nomination come miglior attore Jon Hamm, il quale ha prestato il volto a uno dei personaggi più iconici e significativi della TV americana dell'ultimo decennio: Donald Draper, talentuoso direttore creativo dell'agenzia pubblicitaria Sterling Cooper, nella serie più apprezzata e blasonata del nuovo millennio, Mad Men, un impietoso ritratto dell'America degli anni Sessanta e delle sue contraddizioni. Hamm è stato candidato ininterrottamente fin dal 2008, per la prima stagione di Mad Men, ed attualmente è in corsa per la settima volta, benché con pochissime chance di vittoria (tra i suoi avversari, Matthew McConaughey e Bryan Cranston). Che la giuria degli Emmy si decida finalmente a ricompensarlo il prossimo anno, in occasione del gran finale di Mad Men?
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