Entrare nella mente di un assassino è qualcosa che, da sempre, affascina scrittori e pubblico. Mai come in questi ultimi 10 anni, però, il true crime è stato così facilmente consumato e approfondito. Infiniti podcast, video su YouTube e libri ci hanno trasformato tutti in esperti psicologi e medici forensi. Conoscere profili psicologici e tecniche scientifiche è appassionante. Ben altra cosa è invece scoprire che, spesso, chi compie atti orrendi ci somiglia molto. Potrebbe essere il nostro vicino di casa. Potremmo essere noi. O addirittura nostra sorella. È proprio ciò che accade in Elisa, film di Leonardo Di Costanzo presentato in concorso a Venezia 82, prima dell'uscita in sala il 5 settembre.

Ispirato al saggio Io volevo ucciderla, dei criminologi Adolfo Ceretti e Lorenzo Natali, l'opera racconta una versione romanzata della storia vera di Stefania Albertani, che è stata condannata per l'omicidio della sorella. Non solo: ha bruciato il corpo e cercato di fare lo stesso con i genitori. Un fatto terribile, uno di quelli che fa dire: ma come è possibile? Ecco: Di Costanzo cerca di capire proprio questo. La protagonista diventa Elisa Zanetti e la troviamo in carcere. Un criminologo, Alaoui (Roschdy Zem), le vuole parlare, proprio per cercare di comprendere cosa abbia spinto la donna a quel gesto. Il problema però è che non ricorda: ha rimosso tutto.
Il confronto con l'uomo, in una specie di non luogo all'interno del carcere, che sembra quasi un Purgatorio, Elisa comincia a riviere l'accaduto, potendone finalmente assumersene la completa responsabilità. A interpretare la protagonista è Barbara Ronchi, in una delle prove più interessanti e scomode della sua carriera.
Elisa: un film scomodo
Dopo Ariaferma, presentato sempre a Venezia nel 2021 e vincitore di due David di Donatello (alla migliore sceneggiatura originale e al protagonista Silvio Orlando), Di Costanzo torna al Lido con un film ambientato di nuovo in un carcere. Ancora più che nell'opera precedente, il regista e sceneggiatore abbraccia la complessità e l'ambiguità, senza dare giudizi netti, lasciando aperta la porta alla comprensione. Anche per chi ha commesso qualcosa di imperdonabile.
E quella persona è proprio Elisa, a cui Ronchi dona tutta se stessa, cercando di entrare davvero in quel lato oscuro fatto di rancore, rabbia e inadeguatezza, che ha portato la donna a uccidere la sorella, di cui era profondamente gelosa. "L'ho uccisa perché era migliore di me" dirà. Per l'attrice è un ruolo importante: sapevamo già che fosse molto brava, e la vittoria del David di Donatello nel 2022 per il film Settembre di Giulia Steigerwal è il sigillo definitivo sull'argomento, ma, forte del suo successo, avrebbe potuto adagiarsi, scegliendo personaggi in grado di conquistare facilmente l'affetto del pubblico. Invece no, con questo film ha coscientemente abbracciato una donna molto difficile, respingente, per cui è difficile trovare empatia.
Barbara Ronchi è bravissima

Elisa è spigolosa, inquietante e, allo stesso tempo, molto umana. E proprio per questo ci turba ancora di più. Perché potremmo essere noi. Conoscendo la sua storia capiamo infatti che non si è mai sentita all'altezza, schiacciata dal peso della perfezione a tutti i costi. Un ruolo veramente complesso, di quelli che fanno domandare: ma a me potrebbe succedere? Se il film funziona è soprattutto grazie alla grande prova di Ronchi. Anche perché ci sono delle cose che non girano del tutto, come il personaggio di Valeria Golino, che ha poco minutaggio e una funzione non del tutto chiara. Anche la scrittura non è sempre convincente, ma, al netto di qualche difetto, lo sottolineiamo di nuovo, resta una Ronchi gigantesca.
Conclusioni
La storia vera di Stefania Albertani, che ha ucciso la sorella, diventa occasione per indagare il lato oscuro degli esseri umani e di provare a comprenderne la complessità. Di Costanzo, dopo Ariaferma, torna a raccontare una storia ambientata in un carcere e questa volta sceglie come protagonista Barbara Ronchi, che offre un'interpretazione notevole. Nonostante il personaggio sia spigoloso e inquietante, non si può non apprezzare la bravura dell'attrice. Se il true crime vi appassiona, e in particolare la psicologia criminale, questo film fa per voi.
Perché ci piace
- La grande prova di Barbara Ronchi.
- L'idea di ambientare i colloqui tra la protagonista e il criminologo in una specie di non luogo.
Cosa non va
- La scrittura non sempre funziona.
- Il personaggio di Valeria Golino non ha una funzione chiara.