Dopo Metro Manila e Missione Anthropoid, Sean Ellis fa ritorno alle atmosfere inglesi per l'horror Eight for Silver, elegante period movie che rielabora il mito del lupo mannaro. La creatura in questione si manifesta in un insediamento britannico nella campagna francese, evocata da una maledizione rom a seguito dell'orribile violenza subita dagli zingari insediati nell'area per mano degli inglesi. A indagare sugli orrori provocati dalla creatura sarà un esperto patologo che ha le fattezze di Boyd Holbrook. Incontriamo (virtualmente) Sean Ellis quando a Los Angeles è l'alba e il regista è in attesa della premiere al Sundance 2021.
Tra le ragioni che hanno spinto Sean Ellis a rivisitare il mito del lupo mannaro c'è la sua valenza metaforica. Per il regista, "il lupo mannaro rappresenta la dipendenza. Non necessariamente quella da sostanze. Nella società moderna c'è la dipendenza dalla tecnologia, dai social. Colui che è afflitto da una dipendenza è prigioniero del lupo, come mostra il mio film". Per raccontare una storia che riflette temi attuali come l'immigrazione, l'integrazione, la paura del diverso, ma anche il rapporto tra genitori e figli, Ellis ha sentito però il bisogno di affidarsi al folclore e alla leggenda ambientando la sua storia nel passato: "A volte sento che vicende moderne e ambientazione moderna si annullino a vicenda. La storia si ripete. Ho preso questi concetti e li ho trasferiti nel passato per usarlo come specchio del presente. I profughi vengono prodotti dalle guerre e le guerre scoppiano per motivi religiosi o per impossessarsi della terra. In più la nuova generazione sta lasciando il pianeta in modo peggiore rispetto a come lo ha ereditato. Volevo parlare di tutto questo e ho deciso di usare il filtro del passato".
La location diventa personaggio tra i personaggi
Eight for Silver si apre e si chiude in una cornice bellica che racchiude un lungo flashback. Tale struttura è frutto dei cambiamenti sopraggiunti durante la lavorazione. "Mi piaceva l'idea di ambientare la storia in una cornice per ritornare al presente nel finale. Dopo aver girato il primo blocco abbiamo riguardato il film è abbiamo pensato a un nuovo finale che ha influenzato anche l'inizio. Con Amadeus di Milos Forman questo tipo di espediente ha funzionato molto bene" commenta Sean Ellis, per poi soffermarsi sulla scelta delle location.
Dopo due film girati fuori dall'Inghilterra, nelle Filippine e in Repubblica Ceca, il regista è tornato a ispirarsi alle atmosfere all'horror britannico girando, però, in Francia "Molta gente ha visto il film e ha detto 'Che bella la campagna inglese'. Altri si sono interrogati sul motivo per cui avessi scelto di raccontare la storia di un gruppo di inglesi che vivono in Francia" racconta Sean Ellis. "È una interessante terra di nessuno, l'Inghilterra ha un sacco di vecchie colonie. Mi piace questa idea di comunità che non è solo isolata, ma il nazionalismo inglese prolifera. Dopo aver invaso la Francia, l'Inghilterra la difende dagli zingari. Era interessante raccontare la storia in questo modo: una comunità inglese immersa nella campagna francese." Il regista prosegue: "Per un film come questo l'ambientazione è parte della storia, è uno dei personaggi, aiuta a veicolare il mood. Per me era importante mettere in scena questo paesaggio invernale solitario, denso di valenze metaforiche. È una comunità agricola che difende la terra perché è la sua fonte di ricchezza".
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Un cast ideale
A interpretare il personaggio chiave di Eight for Silver, il coraggioso patologo che intuisce subito la natura della sciagura che si è abbattuta sulla comunità inglese è Boyd Holbrook in un ruolo per lui atipico. "Boyd è venuto da me dopo aver letto la sceneggiatura" spiega Sean Ellis. "Gli era piaciuta, ma mi ha detto 'So che cerchi un attore inglese, ma fammi dire qualcosa nel mio accento inglese. Continuerò a studiarlo fino alle riprese'. Ha mantenuto la parola, non abbandonava l'accento neppure fuori dal set. È stato fantastico. Dopo di lui, Alistair Petrie e Kelly Reilly erano le mie prime scelte, hanno detto subito di sì e mi hanno fatto felice perché sono un loro grande fan". Per quanto riguarda la violenza grafica, che abbonda sia nella messa in scena degli attacchi del lupo mannaro che in guerra, il regista aggiunge: "Avevo queste immagini nella mia testa e ho capito come realizzarle. Cerco di fare film che io per primo voglio vedere".
Come tutti i colleghi presenti al Sundance, anche Sean Ellis vivrà l'inedita esperienza di una premiere virtuale. Di questa situazione lo preoccupa soprattutto "l'assenza di controllo. Quando sei a un festival fai le prove tecniche, controlli il cinema, il suono, il formato. Fai gli aggiustamenti necessari e sai che il pubblico vedrà il film nel miglior modo possibile. Eight for Silver è stato girato in Dolby Atmos, abbiamo passato un sacco di tempo al mixer per creare un'esperienza immersiva, ma il pubblico lo vedrà al computer, magari in mono. Sono consapevole, però, che il film deve avere una vita autonoma, non posso passare il resto della mia vita a tenergli la mano. Se il pubblico lo vuole guardare sul telefonino faccia pure".