Quando, il 6 dicembre del 1990, Edward mani di forbice arrivò sugli schermi americani, Tim Burton era già diventato famoso per un blockbuster, Batman. Eppure, se dovessimo scommettere sul suo supereroe preferito, punteremmo sul Bimbo Supermacchia, una fragile e insicura creatura del suo libro di favole Morte malinconica del bambino ostrica e altre storie. È un bambino che a ogni movimento si sporca, diventando un'enorme macchia nera. Anche Edward è così: a ogni movimento rischia di fare un danno, graffiare il viso di un'amica, bucare un materasso ad acqua. E, in fondo, Tim Burton si è sempre sentito un insicuro, un incompleto. Per questo Tim Burton non ha mai dimenticato chi era, chi è. E, come artista, è sempre stato un anticonformista, un cantore del diverso. "Mi piacciono le persone che hanno un aspetto strano, non so perché" aveva detto anni fa a Venezia, dove era stato stato premiato con il Leone d'Oro alla carriera.
Edward mani di forbice: nero come Tim Burton
La storia di Edward mani di forbice è anche un po' la sua. Edward è una creatura artificiale, un ragazzo creato da un inventore che, però, è morto prima di completarlo. Non gli aveva ancora attaccato le mani, e così Edward è rimasto nella sua versione provvisoria. Con delle forbici al posto delle mani. Peggy, una signora che fa la rappresentante della Avon, incontra Edward da solo, nella villa gotica dove è cresciuto. Capito che è innocuo lo porta a casa sua, dove lega con il figlio, ma soprattutto con Kim, sua figlia. Dopo una diffidenza iniziale, Edward conquista le persone del quartiere con la sua abilità, viste le mani di forbice, a potare siepi e a tagliare i capelli. Diversità, unicità e talento. Edward è Tim Burton, di nero vestito in un mondo che sembra amare solo le tinte pastello, uno che è riuscito a far emergere le sue storie nere in un mondo, quello degli anni Ottanta, dove sembravano poterci essere solo i colori.
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Tim Burton: diverso da chi?
Diverso dagli altri lo è sempre stato, Tim Burton. Anche quando lavorava ai film d'animazione della Disney, e se ne andò perché il suo lavoro non era in linea con le direttive della casa di Topolino, perché i suoi personaggi erano troppo poco rassicuranti. Burton ha fatto della sua diversità una bandiera, e dell'empatia con il diverso la sua poetica, facendoci sentire vicini al "mostro" come mai era successo al cinema da Freaks di Tod Browning. Lo sguardo sconsolato di Johnny Depp in Edward mani di forbice, quando dice "non mi ha finito", mostrando le cesoie che ha al posto delle mani, soffrendo per la sua imperfezione, potrebbe essere il suo. Edward, come Tim Burton, veste di nero, ha una figura esile, ha un cespuglio al posto dei capelli. Edward è nato dai disegni d'infanzia di Tim Burton, che riflettevano il suo senso di isolamento, la sua incapacità di comunicazione con chi era intorno a lui. Burton, da ragazzo, era spesso da solo, senza amici. Le persone tendevano spesso ad abbandonarlo. Burton ha dichiarato che, nella sua infanzia, come nel suo percorso a Hollywood, si succedevano sempre queste tre parole. Paura, pericolo, e incorporeità.
Un po' Frankenstein, un po' Il Fantasma dell'Opera
In Edward mani di forbice ci sono i disegni di Tim Burton, ma anche alcuni dei suo grandi amori: da Frankenstein di Mary Shelley, a La bella e la bestia, ma anche a Notre-Dame de Paris di Victor Hugo, Il Fantasma dell'opera di Gaston Leroux, fino a King Kong e Il mostro della laguna nera. Tutte storie di personaggi imperfetti, spaventosi, in fondo buoni ma non per chi li vede dall'esterno. Sono tutti riferimenti calzanti per una storia che però rimane molto personale. "Di fiabe non ne ho lette tante, le mie fiabe erano i film con i mostri" ha raccontato Burton. Non ne ha lette, ma sa raccontarle. Edward mani di forbice, in fondo, è anche questo, una fiaba.
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Edward è Tim Burton, e Tim Burton è Johnny Depp
Edward è Tim Burton, e Tim Burton è Johnny Depp, e Johnny Depp è Edward, in un continuo gioco di trasferimenti di personalità e di esperienze che fanno del film qualcosa di davvero speciale. Johnny Depp qui è per la prima volta l'alter ego di Tim Burton, e lo sarebbe stato in molti suoi film. A quei tempi non era ancora una star del cinema, anche se era famoso per la serie 21 Jump Street. Burton era rimasto colpito dalla sua espressività e lo scelse per interpretare Edward, cioè se stesso, sul grande schermo. "È molto bello lavorare con lui" aveva raccontato Burton. "Mi piacciono gli attori che amano diventare i loro personaggi, mentre alcuni attori fanno solo se stessi. A me piace chi sa fare cose diverse. Johnny in Edward mani di forbice non parlava, in Ed Wood non smetteva mai di parlare, in Sweeney Todd - Il diabolico barbiere di Fleet Street addirittura canta". Edward mani di forbice avrebbe dato il là a un sodalizio lungo e fortunato.
Winona Forever
Edward mani di forbice sarebbe stato anche l'inizio di una grande storia d'amore, quella tra Johnny Depp e Winona Ryder che, per l'occasione bionda, interpreta Kim, la ragazza che si innamora di lui. Johnny e Winona si innamorarono davvero sul set, e agli inizi degli anni Novanta furono una delle coppie più ammirate di Hollywood: Depp si tatuò sulla spalla la famosa scritta "Winona Forever", "Winona per sempre". La loro storia non sarebbe durata a lungo, e neanche quel tatuaggio. Ma è probabilmente stata una di quelle cose inaspettate che rendono unico un film, magica come la neve che cade sulla scena, o come quella carrellata che apre il film. Sarebbe durata a lungo invece la simbiosi tra Tim Burton e Johnny Depp. Tanto che si dice che il Divo potrebbe tornare sul set con il regista nel suo prossimo film, una nuova rilettura de La famiglia Addams.
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La famiglia di Tim Burton
Johnny Depp, Winona Ryder, Danny Elfman che curò le musiche, e lo avrebbe fatto ancora a lungo. In fondo, come Edward a casa di Peggy, anche Tim Burton su quel set trovò la sua dimensione. Quel ragazzo solo aveva trovato la sua famiglia, le persone con cui essere se stesso, con cui avrebbe passato tanto tempo. Frankenweenie, il corto per cui abbandonò momentaneamente la Disney per divergenze artistiche, sarebbe poi finalmente diventato un film, nel 2014. In qualche modo tutto è tornato a posto. E le visioni, i disegni strambi di Tim Burton, le sue macchie d'inchiostro, sono diventate le visioni di tutti noi. "Alla fine, a furia di raccontare una storia, si diventa quella storia" recita una frase di un altro grande film di Tim Burton, Big fish - Le storie di una vita incredibile. Ma nel suo caso, possiamo dire che Burton ha raccontato una storia perché è sempre stato quella storia.