Don’t Look Up: i problemi di una grossa commedia dal piccolo impatto

Don't Look up, la commedia satirica di Adam McKay disponibile su Netflix, sembra mancare di quell'impatto forte necessario per parlare al pubblico, denotando alcuni problemi che si sfogano nella scena post-credits.

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Don't Look Up: Leonardo DiCaprio e Jennifer Lawrence in un momento del film

Un cast di all-stars, un regista e sceneggiatore attento alla satira, una feroce rappresentazione dell'umanità e della politica, la metafora del cambiamento climatico. Don't Look Up sembra avere tutte le carte in regola per non avere nulla fuori posto e riuscire a unire il divertimento della situazione assurda che si vuole raccontare (due scienziati cercano di avvisare l'imminente fine del mondo a causa di una cometa in collisione con la Terra) con una fotografia dei nostri tempi. Il film di Adam McKay parla alla e della nostra contemporaneità ridendoci sopra e, allo stesso tempo, denunciandola. Nessuno escluso. I media, le aziende tecnologiche, lo star system, persino le stesse istituzioni vengono spogliate della loro aura divina per dimostrarsi non solo fallibili, ma anche sorde e cieche nei confronti dell'umanità. La catastrofe diventa, quindi, inevitabile e non si può fare altro che attendere la fine imminente. Del pianeta e del film stesso. Perché, scavando oltre la superficie, Don't Look Up presenta alcuni problemi che lo rendono meno pungente, meno divertente e incapace di provocare un forte impatto.

Una grossa cometa, una grossa idea

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Don't Look Up: Jennifer Lawrence, Leonardo DiCaprio durante una scena del film

È una cometa mai vista quella scoperta dalla dottoressa Dibiasky (Jennifer Lawrence) attraverso l'occhio di un telescopio, un meteorite talmente gigantesco da estinguere ogni specie vivente nel pianeta Terra. Bisogna agire subito. La dottoressa e il professor Mindy (Leonardo DiCaprio) cercheranno in tutti i modi di avvisare del pericolo imminente, ma si ritroveranno di fronte un sistema mediatico che li fagocita, istituzioni che pensano solamente al bene personale e una collettività che filtra tutte le informazioni e si costruisce i pareri attraverso i social network, con tutti gli estremismi che ne conseguono. Don't Look Up è tutto qui. Un'unica gigantesca idea che più procede più perde potenza. Come la cometa del film, la narrazione procede instancabile e irrefrenabile su un unico concetto per due ore e venti: un masso gigantesco che all'inizio diverte e affascina, poi rende passivi. Il motivo si ritrova nella mancanza di evoluzione dei personaggi principali che rimangono così come li conosciamo, imprigionati nei loro pregi e nei loro difetti. Rimanere immobili e fermi, oltre a scontrarsi con la più comune costruzione di una storia, è controproducente in una commedia, genere che necessita di movimento, di vivacità, di cambiamento e che qui è dato solo apparentemente da un montaggio ritmato. Don't Look Up svela subito le sue carte: i due protagonisti non verranno mai ascoltati e, quando lo saranno, sarà solo per un tornaconto personale di chi è più potente di loro.

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Il cast e il messaggio

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Don't Look Up: Meryl Streep durante una scena del film

Don't Look Up vuole avvisare i propri spettatori sul cambiamento climatico (ma il film rappresenta in maniera così manichea le due fazioni che la metafora potrebbe valere per ogni crisi globale, anche la pandemia che stiamo vivendo) e lo fa con un cast di star che da un lato fungono da forte richiamo verso il pubblico generalista, ma dall'altro rendono invisibile la dimensione della "persona comune", lasciando che la satira sia meno efficace del previsto. Perché ciò che si rende più manifesto mentre la storia procede è che il film sembra rappresentare più un divertimento da parte dei membri del cast che nei confronti dello spettatore. Per fare un esempio, è più divertente vedere Meryl Streep interpretare una Presidente simile a Trump (ben sapendo che come persona lei si pone all'opposto di quella politica) che assistere effettivamente alle decisioni che prende. Più che ridere del mondo, McKay compie l'errore di ridere sul mondo insieme alle star hollywoodiane. La scivolosa volontà di satira rischia di trasformarsi in una pontificazione che giudica gli altri, ma non ride di sé stessa. Volendo rappresentare l'assurdità del reale (perché siamo tutti d'accordo che il film denuncia perfettamente i malsani meccanismi politici e comunicativi), Don't Look Up non racconta nulla di diverso da quello che il suo pubblico di riferimento non sappia già. Non propone punti di vista diversi, ma soprattutto non propone un conflitto interno: chi non crede agli scienziati (tutti personaggi positivi) è degno di essere irriso. Il risultato è un film che allontana proprio chi, invece, avrebbe bisogno di una nuova prospettiva, di ampliare i propri orizzonti e acquisire un nuovo punto di vista. Nel raccontare una storia di persone che non guardano e non ascoltano davvero, Don't Look Up sceglie di non venire guardato e ascoltato proprio da chi ne avrebbe più bisogno. Ponendoci quindi un altro dilemma: si può ancora chiamare commedia satirica ciò che fa ridere solo un'élite di persone?

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Il problema della scena post-credits

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Don't Look Up: Jonah Hill in una scena del film

Nessun colpo di scena. Il film preannuncia la fine del mondo, non si compie nulla di sincero per poterla evitare e si conclude con la distruzione del nostro amato pianeta. A tragedia avvenuta seguono, però, due scene che traslano la serietà del film e lo riportano da una parte alla dimensione della farsa e dall'altra alla vera e proprio assurdità che, salvo una risata, rischia di depotenziare il racconto precedente. Il razzo presidenziale, dopo 22mila anni di sonno criogenico, atterra su un pianeta simile alla Terra. Qui il gruppo verrà sbranato da strane creature piumate. La reazione del genio tecnologico interpretato da Mark Rylance (una vera e propria macchietta che mette in mostra dove il film proprio non funziona) appare l'ennesima battuta ripetuta dal personaggio che, dopo aver assistito alla sequenza che chiude il film, appare ormai stanca, come una barzelletta troppo lunga per far ridere sul serio. Così come la scena con protagonista Jonah Hill, ultimo uomo sulla Terra, pronto a pubblicare la situazione sui social. In un film legato tantissimo alla realtà e che cerca di non inventare nulla perché ciò che è vero è già abbastanza assurdo, queste aggiunte rischiano di depotenziare il messaggio così a lungo enunciato. Lasciando un'amara sensazione di un film che sembra appartenere più alla dimensione di ciò che giudica e irride (i meme con Jennifer Lawrence, la comunicazione attraverso i media con cantanti e personaggi famosi, gli algoritmi che cercano di inseguire ciò che il pubblico desidera), che sinceramente esplosivo. Don't Look Up sembrava una cometa gigantesca, ma l'impatto è stato quello di un sassolino.