Una delle sorprese della recente edizione della Mostra del Cinema di Venezia, DogMan di Luc Besson è finalmente arrivato nelle nostre sale dal 12 Ottobre grazie a Lucky Red. È un film sul dolore, come vi abbiamo raccontato nella nostra recensione, ma anche un film che parla di come l'arte possa essere un rifugio sicuro e di come sia necessario sentirsi accettati. Entrambe le cose sono vere per Douglas, il protagonista del film interpretato da un ottimo Caleb Landry Jones, che questa accettazione la trova nel branco di cani con cui condivide la vita. Abbiamo avuto modo di parlare a lungo con Luc Besson per farci raccontare come ha lavorato con il protagonista e con gli splendidi attori a quattro zampa, ma anche per approfondire i temi che il film affronta. Ecco cosa ci ha raccontato.
Il lavoro con Caleb Landry Jones, splendido Douglas tra solitudine e violenza
Come è stato lavorare con Caleb e come avete impostato la collaborazione?
Il lavoro con Caleb è stato un paradiso. Questo ragazzo è così umile, è un ragazzo dolcissimo. L'unica cosa che c'è nella sua vita è la sua musica e il ruolo che vuole interpretare. Ci siamo incontrati e abbiamo parlato alcune volte della vita e non solo dello script. Poi abbiamo iniziato a lavorare e per sei mesi, tutti i giorni, insieme, quasi come due amici. Ogni giorno acquisiva informazioni da me e quando abbiamo iniziato a girare mi chiedevo se avrebbe ricordato la mole di input che gli avevo dato, ma il primo giorno di riprese era tutto lì: aveva integrato, digerito tutto. Ed è stato molto pacifico, calma. Non è un attore che cerca di impressionarti, è come una formichina che costruisce un pezzetto per volta, ma quando dici 'azione', avviene come un'esplosione. È un mostro. L'ultima volta che ho avuto uno shock del genere sul set è stato con Gary Oldman in Leon. Solo quella volta avevo visto qualcuno così ricco di talento. Fa parte della stessa categoria di attori.
Le è dispiaciuto che non abbia vinto la Coppa Volpi a Venezia? Per molti di noi l'avrebbe meritata.
Il fatto che non abbia vinto dipende dalla giuria. Non ho visto il vincitore, quindi non saprei dire se sia giusto o meno.
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Nel film si affronta un tema delicato e attuale in Italia, quello della violenza all'intero delle famiglie. Come ci ha lavorato per renderlo fittizio ma interessante?
È stato facile perché viene da una storia vera e non ho dovuto far altro che leggere l'articolo. Quello che mi colpisce di questo tipo di violenza è che nessuno nasce cattivo. Douglas nel film non lo è. Lo si diventa a causa delle circostanze. È interessante capire da dove arriva questa violenza. E viviamo in una società che la crea. Normalmente un padre e una madre dovrebbero proteggere un figlio, è la natura. Quando questo non succede, quando c'è qualcosa non funziona, capita che la gente impazzisca e faccia cose folli. La mia storia è un modo indiretto di parlare di questo fenomeno. Non sono un politico, sono solo un artista. Do forma e colore a queste cose per permettere alla gente di rifletterci. Ma lo faccio senza esprimere nessun giudizio al riguardo. Mi limito a chiedermi perché queste famiglie siano così malate. A causa della religione? Forse. Se guardiamo ai redneck nel mezzo del deserto, quelli sono pazzi, contro l'aborto, contro tutto. Sono radicali. Douglas è un ragazzo sensibile. Non ha fatto niente di male, ma c'è chi non accetta le differenze. Mi limito ad accennare a piccole cose per far sì che la gente possa reagire e pensare.
DogMan è un film che parla di solitudine. Cosa si aspetta che il pubblico riceva da una storia così carica di emozione?
Sono quarant'anni che non mi aspetto niente! [scherza] Non è il mio ruolo quello di aspettarsi qualcosa, il mio ruolo è quello di fare, di proporre, e vedere cosa accade. Molti lo ameranno, molti altri non lo vedranno nemmeno. Un artista è una spugna. Ho visto tanta sofferenza in giro per il mondo in questi anni, specialmente col Covid che ha cambiato tutto, il modo in cui interagiamo con la gente, il modo in cui lavoriamo e viaggiamo, e volevo solo parlare di questa sofferenza. Tutti sentono questa sofferenza, più o meno grande che sia, tutti sappiamo cosa significa. La domanda è: Come reagisci a questa sofferenza? Farai qualcosa di buono o di sbagliato? Per me è interessante mostrare che un ragazzo come Douglas, che assorbe tutta la sofferenza del mondo, è ancora un ragazzo buono e cerca di fare bene. Questo è il messaggio. Alla fine lui aiuta la dottoressa, non è lei ad aiutare lui.
Douglas è un emarginato e dice molto di come la società tratta quelli che considera diversi. La società finge di essere aperta, democratica, di accettare tutti, ma in realtà ogni volta che qualcuno è diverso è messo da parte.
Questa è la realtà. Tutte le persone che sono diverse, qualunque sia la diversità di cui fanno parte, si riconoscono e rispettano. È chiaro nel film: le persone che accettano Douglas sono quelle che sono diverse. Salma è una insegnate di recitazione, è diversa e si interessa di lui perché legge tanti libri, non perché è in una sedia a rotelle; quando inizia a lavorare al cabaret, le altre ragazze gli si affezionano perché sembra un bravo ragazzo, non si fanno altri problemi; i cani sono diversi e lo accettano. Le persone diverse hanno molta più capacità di comprendere gli altri. Da giovane sono stato educato da mia madre e mia nonna, due donne, e mi hanno insegnato che la diversità è una ricchezza. E penso che sia necessario ricordarlo alla società.
L'arte per curare il dolore
Pensa che l'arte e cinema possono aiutare a superare la sofferenza?
Lo penso eccome. Senza arte siamo perduti. Prima della politica, dell'economia, di tutto, decine di migliaia di anni fa c'era un tizio in una grotta che faceva un graffito di un mammut per dire 'sono qui!' Tutto parte da lì. Non c'è religione, non c'è politica nell'arte. Milioni di persone vanno al Louvre a guardare la Gioconda e pensano che sia incredibile. Anche se siamo in un periodo di guerra, l'unico legame tra tutti i popoli è sempre l'arte. Libri, dipinti, film, ci aiutano a ricordare che non siamo così distante l'uno dall'altro. E proprio per questo l'arte è così importante. È quello che ci salverà. I soldi non salveranno nessuno. Puoi essere salvato da un buon film, un buon libro o un buon dipinto invece.
A volte per salvare il mondo è giustificabile la violenza?
La violenza è solo una conseguenza. Ci sono persone messe alle strette, che muoiono di fame, e la violenza arriva. Se puoi mangiare e avere una vita normale, la violenza non trova spazio. La violenza viene dalla miseria. Gli animali diventano violenti perché vogliono mangiare. È una conseguenza ed è una orribile conseguenza.
Cosa pensa di questa ondata di politicamente corretto che sta influenzando il modo di comunicare di molti artisti?
L'arte è l'unico luogo in cui siamo liberi. Possiamo dipingere un quadro della grandezza che desideriamo, con tutti i colori che vogliamo e possiamo dire quello che ci pare. Non capisco questa tendenza al politicamente corretto e dovremmo assolutamente andare nella direzione opposta. L'artista deve essere pazzo. Dobbiamo essere pazzi, dobbiamo aprire porte, anche se a volte si può rischiare di andare troppo oltre. Pazienza, è arte, è tutto a posto. Faccio un solo esempio: Picasso. La prima volta che ha messo il naso al posto dell'orecchio tutti hanno urlato 'non è arte!' E invece sì, lo è, e ha cambiato la pittura per secoli. Lasciamo che gli artisti siano artisti. Dovremmo proteggerli, incoraggiarli a stupirci e impressionarci. Questo dovremmo dire agli artisti: "voglio che mi porti fuori dalla mia vita", che possa aprire porte per farci vedere altro.
L'armonia di una fiaba nera
Il titolo DogMan fa pensare agli eroi da fumetto, anche se il film non ha elementi fantastici. Douglas potrebbe avere un superpotere e quale potrebbe essere?
In realtà il riferimento è a Man of God, The Rivers of Man of God, non Spider-Man o Aquaman [ride] Ma puoi fare cose straordinarie anche con il cuore e la mente, non hai bisogno di superpoteri. Penso che ognuno possa essere un supereroe: puoi stare per strada e vedere una signora anziana che ha bisogno di aiuto per attraversare e decidere di esserci. In quel momento sei un supereroe.
Nel film c'è azione, c'è sofferenza, c'è musica come Edith Piaf. Come ha creato un'armonia tra tutti questi elementi così diversi?
Vengo da una generazione che può mangiare sushi mentre ascolta raggae. È ok ed è anche molto buono! Ti racconto una storia: i miei genitori erano divorziati e sono cresciuto tra Crozia, Grecia, Marocco, Italia, un po' ovunque seguendoli in giro per il mondo. Sono andato per la prima volta scuola nove anni. La mia prima tv l'ho avuto a sedici anni. Non seguivo musica né altro. Ero molto rozzo, molto legato alla natura, slegato dalle immagini della società. Per me era importante quello che facevi, non come apparivi. E ovviamente non avevo una cultura cinematografica e quando ho fatto il mio primo film, la prima recensione ne parlava come un misto di tre film diversi che avevo copiato. Li andai a noleggiare, perché non avevo idea di come fossero questi tre film che presumibilmente mi avevano ispirato. Erano buoni, ma ancora adesso non capisco il collegamento con il mio. Sono eclettico, butto dentro di tutto allo stesso tempo, perché ho sempre paura che la gente che ha investito del tempo per venire a vedere un mio film non abbia abbastanza. La mia paura è che si annoino dopo dieci minuti. Cerco di fare film come è la vita, che non è ben organizzata.
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Il lavoro con oltre cento cani
Vent'anni fa aveva sceneggiato un film che aveva molto in comune con DogMan. Parlo di Danny the Dog. Cosa la colpisce di una persona che vive in mezzo ai cani e perché della combinazione con la musica?
Non saprei cosa rispondere esattamente. Mi sveglio ogni mattina intorno alle quattro e mezza da quando avevo diciassette anni e scrivo. Ho questa libertà, a cui tengo molto, di poter scrivere tutto quello che voglio. Qualche volta fa schifo e la butto, qualche volta mi piace. Non so dire cosa mi guida, è il mio modo di comunicare con la gente, di creare uno scambia. Non sono una persona molto sociale, non esco molto, non vado al ristorante, ma cerco di comunicare attraverso le storie.
Come è stato il lavoro sul set con così tanti cani?
Anche se sei un buon marinaio, il mare è sempre un mistero e non sai mai quello che ti aspetta. È lo stesso con più di cento cani. Ti alzi la mattina e non sai come sarà, devi solo imparare ad affrontarlo e organizzare le situazioni in modo da avere piccoli miracoli. Ma non sai mai se otterrai quello che vorresti.
Quello che colpisce è che il branco di cani non sia trattato come un'entità unica, ma come tanti individui riconoscibili, ognuno con la sua personalità. Come ci ha lavorato? Erano dettagli presenti già in sceneggiatura o si è definito con il lavoro sul set?
Un po' di entrambe. Ho provato a prepararmi a lungo, ma alla fine non si può chiedere a un cane di fare qualcosa di specifico. È difficile. Durante la preparazione, ogni giorno io e Caleb incontravamo il branco di un'ottantina di cani e passavamo quasi un'ora insieme. Alcuni erano più affettuosi di altri, alcuni andavano più da Caleb, altri più da me, e abbiamo cercato di guidare queste tendenze. Abbiamo cercato di capire quali fossero più in sintonia con Caleb, quali avessero un miglior rapporto tra loro. È un po' come quando inviti 20 persone a cena. Come decidi come farli sedere? Inizi a ragionare su chi va d'accordo con cui, quali parlano la stessa lingua e possono comunicare, e così via. Più o meno ho organizzato le riprese in questo modo. Ho cercato di conoscere tutti i cani. Alcuni volevano giocare, altri non volevano. Il piccolo Mickey per esempio voleva sempre mangiare. In tutte le sue scene, lui mangia. Questa è la caratteristica che ho visto in lui e l'ho inserita nello script.O per esempio il grande lupo irlandese: è il cane di mia madre. È molto dolce, ma gli altri cani erano spaventati e non volevano girare con lui. Lo vedevano arrivare e scappavano. Abbiamo fatto qualche telefonata e abbiamo trovato tutti i suoi fratelli e sorelle di quello di mia madre, in modo che già si conoscessero. Quando erano tutti e 8 o 9 sul set, erano tutti spaventati, anche se erano i più dolci di tutti. Li ho dovuti rendere più cattivi rallentando la camera, non andando a 24 fotogrammi al secondo ma 25 o 26, per dargli un po' di peso, altrimenti sarebbero apparsi troppo gentili e non avrebbero fatto paura. Ho dovuto lavorare uno per uno, cane per cane. È stato un lungo processo ma ho cercato di usarli come veri personaggi più che potevo. Ed è stato molto divertente farlo. Sembra facile quando guardi il film ed è un bene, vuol dire che abbiamo fatto un buon lavoro.
Nel film i cani sono molto migliori degli uomini e penso sia vero in un momento in cui l'umanità sta raggiungendo il suo punto più basso. Cosa ne pensa?
Sono d'accordo e non so come questo si possa cambiare. La gente è isolata per la maggior parte del tempo e la maggior parte delle persone pensa solo per se stessa, se la sua vita è ok non se ne preoccupa. Siamo in un'era di informazione, abbiamo tutta la conoscenza del mondo ai nostri piedi, ma l'unica cosa che facciamo è farci selfie. Non lo capisco. Nella nostra società mettiamo i soldi al primo posto, prima di Dio, prima di tutto, ma è un errore.