Tutto finisce ed ovviamente doveva farlo anche la nona stagione di Doctor Who, anche se mai come quest'anno avremmo voluto che non accadesse. Perché l'ultima stagione ci ha conquistati, intrigati, emozionati e condotti in un viaggio sorprendente, come la serie britannica dovrebbe sempre fare. La seconda stagione con il Dodicesimo Dottore di Peter Capaldi, che in Italia arriverà il 3 Gennaio su Rai 4, è stata la migliore degli ultimi anni ed è riuscita a sorprendere anche quando ha raccontato quello che già sapevamo fin dall'inizio, ovvero l'annunciato addio di Jenna-Louise Coleman dal ruolo dell'ultima Companion Clara Oswald. Anche quando ha confermato qualcosa che già conoscevamo: la bravura di Capaldi e il fascino del suo Dottore.
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Capaldi per sempre
Eccleston, Tennant, Smith e ora Capaldi. Ogni Dottore ha i suoi sostenitori, ma ognuno riesce sempre a convincere tutti gli spettatori e risultare credibile nel difficilissimo ruolo. Era stato così anche con Peter Capaldi lo scorso anno eppure la sensazione era di non aver ancora visto la dodicesima incarnazione in tutto il suo potenziale. Se la stagione 8 sapeva di giro di prova per Capaldi alla guida del TARDIS e della serie, la nona segna l'inizio di una gara in grande stile in cui l'attore scozzese dimostra tutto quello che sa e può fare. Da settembre ad ora, l'abbiamo visto spaziare tra le tante sfumature del personaggio, gigioneggiare con la chitarra e gli i nuovi Sonic Shades (gli occhiali da sole che potrebbero aver visto, per fortuna la loro fine), trasmettere risolutezza, determinazione, smarrimento e finanche paura nella prima parte del doppio finale, Heaven Sent; l'abbiamo visto recitare con le usuali raffiche di parole del personaggio, ma anche comunicare intensamente con i drammatici silenzi della puntata conclusiva della stagione, Hell Bent. Insomma ora quasi speriamo che Moffat sia stato per una volta sincero quando a Lucca ha liquidato le domande sul suo futuro successore dicendo "Capaldi resterà per sempre!"
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Moffat autore e showrunner
Moffat, veniamo a lui, perché se la nona stagione funziona è anche merito suo e non solo del protagonista. In passato ci era più volte venuto il sospetto che, almeno per Doctor Who più che per Sherlock, il bardo scozzese fosse migliore in quanto autore di singoli script che in qualità di showrunner. Ci era venuto questo sospetto perché più di una volta sembrava aver mal bilanciato le cartucce a sua disposizione per portare avanti la storyline messa in piedi per le singole stagioni, in particolare quella scorsa che si perdeva in troppi episodi autoconclusivi per poi liquidare l'arco narrativo principale in un finale bello ma affrettato. Non è accaduto quest'anno e sembra che l'autore abbia trovato la giusta misura per conservare la natura episodica della serie, che deve poter essere guardata e apprezzata anche dallo spettatore non continuo, con la costruzione di qualcosa di più complesso e di ampio respiro. Lo ha fatto anche con uno stratagemma che, in definitiva, si è dimostrato sensato e appagante per lo spettatore: un proliferare di episodi doppi.
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Doppio è meglio
Non solo l'apertura e chiusura della stagione 9, ma anche molti dei suoi episodi intermedi sono doppi. Doctor Who ha sempre fatto ricorso a questa struttura per raccontare storie più complesse, ma questa ultima stagione in particolare l'ha reso il suo artificio narrativo preponderante. Sembrerà una banalità, ora che ne abbiamo visto il risultato, ma la scelta si è rivelata vincente ed ha permesso a tutti gli autori di dare il meglio senza essere ingabbiati nella struttura da un'ora. Meno storie più forti, tanto che proprio una delle uniche puntate singole, Sleep No More di Mark Gatiss, finisce per rappresentare uno dei momenti più deboli di quest'anno (Anche lo scorso anno il suo I robot di Sherwood era tra gli episodi meno riusciti. Forse lo scrittore è più a suo agio con le atmosfere di Sherlock?). Storie più forti che culminano proprio nel doppio finale che porta la firma di Steven Moffat e che si candida a diventare uno dei classici del Dottore, della serie moderna ma in generale di tutta la sua storia.
Dal Paradiso all'Inferno
Heaven Sent è l'apice del percorso di Peter Capaldi nei panni dell'iconico personaggio britannico, perché l'attore è praticamente solo in scena per tutto l'episodio e incarna tutta la sofferenza e drammatica solitudine costruita per lui dallo sceneggiatore, diventando fulcro e catalizzatore dell'attenzione dello spettatore anche se immerso in una storia costruita in modo esemplare. I testi di Moffat, gli ingranaggi e il montaggio ad orologeria, l'ambientazione suggestiva, tutto sembra sparire dietro lo sguardo intenso dell'attore. Quando il Dottore si libera, dopo quattro miliardi di prigionia, la sua furia sembra condurre ad una storia di vendetta, ma è qui che è invece Moffat a diventare protagonista, costruendo un episodio successivo e finale che inganna lo spettatore e si presenta come qualcosa di diverso da quello che invece è: il piano del Dottore è diverso e più sottile di quanto sembrasse e l'apparente sete di vendetta solo uno trucco per ottenere quello che più bramava, ovvero ingannare il destino e impedire la morte di Clara. Lo spettacolare ed annunciato ritorno a Gallifrey diventa quindi una storia intima e sofferta che vede nella rivelazione riguardo l'Ibrido solo un ulteriore specchietto per le allodole. Quello che importa al Dottore, e a noi per inciso, è solo Clara.
Materiale da spinoff
Le sequenze tra il Dottore e Clara sono emozione pura e ci portano ad una sorta di lieto fine, per quanto possa esserlo dopo la sorte toccata all'ultima companion nell'episodio Face the Raven, dopo la fine annunciata e giunta della donna. Clara non è morta, non proprio, non ancora. Morirà, ma per ora Moffat le ha concesso un ultimo volo in un TARDIS rubato (sì, proprio come ha fatto il Dottore quando è fuggito da Gallifrey) insieme al personaggio più ambiguo e complesso della stagione 9, la Ashildr impersonata da Maisie Williams. Qualcosa si dice che non le abbiamo salutate per sempre e che Moffat ha in mente qualcosa per loro nel futuro più o meno prossimo. Inoltre daremmo chissà cosa per poter vedere uno spin-off sulle due donne in giro per lo spazio e il tempo a bordo di un altro TARDIS (la cui scenografia ricorda quella del primo Dottore di Hartnell).
Arriva il nuovo Sonic Screwdriver
In attesa di ciò, ma anche e soprattutto dello speciale natalizio che vedrà un altro ritorno, quello della River Song di Alex Kingston, c'è tanto su cui riflettere, dalll'inevitabile ricerca per una nuova companion a un Dottore che ha dimenticato Clara ed il tempo con lei e si prepara a ricominciare da zero. Questo sapore hanno le ultime battute di Hell Bent, quello di un nuovo inizio per la serie e per il personaggio, di un Moffat già confermato per la stagione 10 ma che forse si prepara a dare il suo addio allo show che ama fin da ragazzo. C'è infine e finalmente un nuovo Sonic Screwdriver per la gioia di tutti quelli che avevano poco gradito la novità degli occhiali da sole sonici.
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Movieplayer.it
4.5/5