Doc - Nelle tue mani, forte di un successo senza precedenti, ha dato vita ad un remake americano con protagonista Molly Parker, talmente seguito su FOX da aver ottenuto già il rinnovo per una seconda stagione, mentre è stata appena ordinata anche un adattamento messicano con Juan Pablo Medina.
Doc: cambio di genere, ma non di prospettiva

Alla base della serie in onda ogni martedì in prima serata su Rai1 c'è un gender swap rispetto all'originale nostrano. Parker interpreta la dottoressa Amy Larsen che, in seguito ad un incidente d'auto perde la memoria, ma vuole provare a tutti i costi a tornare ad essere medico, perché sembra che il lavoro sia l'unica cosa ad esserle rimasta, dato che ha allontanato tutti gli affetti in seguito al trauma. Niente proiettile e niente dodici anni persi del Dottor Andrea Fanti quindi, ma intatto lo spirito tra il rassegnato e il combattivo della protagonista.

Otto anni sono un gap meno ampio di dodici, e la differenza tra 2017 e 2025, anche a livello tecnologico, non è la stessa che tra 2020 e 2008: meno pronunciata e meno invasiva, soprattutto negli Stati Uniti. Non dimentichiamo poi che a rendere così efficace questo racconto c'era il fatto che alla base ci fosse una storia vera, piena di emozioni, di un medico che ha perso la memoria e riacquistato la propria personalità.
Una serie che rimane un po' in superficie

Questo Doc - o forse dovremmo dire questa Doc - ha tutti gli elementi in regola per appassionare gli spettatori sulla carta, ma è nella messa in scena che vacilla. La Amy Larsen di Molly Parker è spigolosa e respingente, come in parte era il Dr. Fanti di Luca Argentero, ma nella nostra versione c'era sempre margine per le emozioni, per il barlume a cui aggrapparsi per tornare disperatamente ad essere ciò che era: un medico che crede nel proprio mestiere, nei pazienti, nell'empatia.

Tutte caratteristiche su cui la Larsen sembra soprassedere per riottenere il proprio posto in ospedale, a cui sembra tenere più di qualsiasi altra cosa, eccezion fatta per il rapporto con la figlia oramai adulta. Anche le relazioni con gli altri personaggi risultano meno coinvolgenti ed incisive, soprattutto con una persona (capirete facilmente di chi stiamo parlando) quando prova ad affidarsi ai ricordi per ritrovare quel sentimento perduto.
Vado troppo veloce?
Oltre alla sensazione di superficialità, di minor carisma ed emotività - anche nei casi medici che in alcune circostanze riprendono quelli nostrani - la parola chiave di Doc sembra essere ritmo a cui potremmo aggiungere esagerato. Nei primi due episodi visti, già si conosce fin troppo del passato della protagonista, puntando quasi meno agli altri personaggi che la circondano, quando la nostra versione era più corale e attenta alle storyline di tutti i personaggi.

Compresa la parte inerente la denuncia sociale del segreto professionale che la memoria di Amy si è portata con sé (che piacere ritrovare Scott Wolf, però). Anche qui qualcosa di più freddo e asettico nel complesso, come l'avanzamento tecnologico con cui la protagonista si deve mettere in pari, con cui gli autori hanno potuto giocare in misura minore. Ciò che funziona paradossalmente è proprio il gender swap perché permette alcune correlazioni - e conseguenti plot twist - che nel nostro non erano possibili. Intrattenimento assicurato, coinvolgimento rimborsato.
Conclusioni
La versione americana di Doc con protagonista Molly Parker intrattiene anche chi ha già visto l’originale, poiché presenta alcune sostanziali differenze nella storia che comportano altrettanti sviluppi diversi, a partire dal cambio di genere di Amy Larsen con un impatto diverso sugli altri personaggi. Una serie meno corale, almeno nei primi episodi visti, e meno emotiva e carismatica rispetto all’originale italiano, ma che continua ad avere dalla sua il potere del cambiamento.
Perché ci piace
- Il gender swap e le differenze con l’originale, funzionali al racconto…
- Il cast messo insieme…
Cosa non va
- …a parte il mancato avanzamento tecnologico.
- …anche se risulta un po’ freddino.
- Il ritmo troppo veloce e la superficialità apparente.