Diamanti, recensione: il miglior film di Özpetek degli ultimi anni

Un racconto corale che esalta le donne, interpretate dalle attrici con cui il regista ha lavorato nel corso della carriera: chi ama il suo cinema apprezzerà molto. Ma non tutto funziona. In sala dal 19 dicembre.

Jasmine Trinca e Luisa Ranieri in Diamanti

Lo stile di Ferzan Özpetek è di quelli che non lasciano spazio alle mezze misure: o si ama, o si odia. L'immaginario del regista si distingue per i colori forti, la musica malinconica, il cibo, gli attori. Tutto questo è presente anche nel suo ultimo film, Diamanti, in sala dal 19 dicembre. Stavolta però, per quanto riguarda i protagonisti, con il cast corale si è superato: ha scelto quasi venti attrici per altrettanti ruoli importanti. Sono loro "i diamanti" di questa storia, che si sviluppa su due piani narrativi: quello ambientato ai giorni nostri, in cui lo stesso Özpetek interpreta se stesso, ovvero un autore che chiama a sé le attrici che più ama, o con cui vuole lavorare, per proporre loro un progetto ambientato nella Roma degli anni '70.

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Una scena di Diamanti

E quello del film che andranno a realizzare insieme, la storia di uno studio di sartoria rinomato, guidato dalle sorelle Canova, Alberta (Luisa Ranieri) e Gabriella (Jasmine Trinca). Mentre ne parlano, lo spettatore viene catapultato in quel tempo e luogo, con il rumore delle macchine da cucire a scandire le vicende personali di donne diverse per storia familiare ed estrazione sociale, ma unite dalla passione per il proprio lavoro. E soprattutto alleate l'una dell'altra: la sorellanza, non soltanto quella di sangue, è il cuore pulsante di Diamanti.

Questo è senza dubbio il film più femminile di Özpetek. E non soltanto davanti alla macchina da presa: la sceneggiatura l'ha scritta a sei mani con Carlotta Corradi ed Elisa Casseri, mentre la colonna sonora, composta da Giuliano Taviani e Carmelo Travia, può contare su due canzoni inedite di Mina e Giorgia, con cui torna a collaborare, ovvero L'amore vero e Diamanti, appunto. Tra i migliori film dell'autore degli ultimi anni, e piacerà moltissimo al suo pubblico. Ma purtroppo non tutto funziona.

Diamanti e la sensibilità femminile

Dopo aver ripercorso la fine degli anni '70 romani nell'opera precedente, Nuovo Olimpo, Özpetek torna in quelle atmosfere, dando la sua personale versione di un vero atelier, la sartoria Tirelli, in cui sono stati confezionati costumi per registi come Fellini e Visconti, e nella cui bottega si sono formati diversi artisti di spicco, come Massimo Cantini Parrini, nominato all'Oscar.

Nelle sale della sartoria Canova si muovono diversi personaggi: le sorelle protagoniste, Alberta e Gabriella, come dicevamo, dal carattere molto diverso. La prima è decisa, indurita da una amore sfumato, la seconda invece non riesce a riprendersi da una tragedia che si è abbattuta sulla sua famiglia. In mezzo ci sono Carlotta (Nicole Grimaudo), la tingitrice, Nina (Paola Minaccioni), con un figlio che non vuole uscire di casa, Nicoletta (Milena Mancini), che convive con un marito violento, Bruno (Vinicio Marchioni). Di tutte loro si occupa Silvana (Mara Venier), ex ballerina che cucina teglie infinite di polpette ed è pronta a dispensare pesciolini di vetro in grado, a detta sua, di portare fortuna.

Tutte sono messe alla prova quando devono realizzare i costumi per il film di un regista premio Oscar molto esigente (Stefano Accorsi, ormai utilizzato sempre più da Özpetek come un alter ego), che vuole dei costumi organali, anche se la storia è ambientata nel '700. Con i suoi sbalzi d'umore fa impazzire la sua costumista, Bianca Vega (Vanessa Scalera), che comincia a dubitare di se stessa. Facendo suo il punto di vista femminile, l'autore abbraccia questi personaggi, costantemente sminuiti dal mondo esterno, che, grazie alla collaborazione, riescono a sentirsi più forti (una di loro dirà alle altre: "Non siamo niente, ma siamo tutto", un'altra: "Siamo come delle formiche: da sole siamo piccole, ma insieme siamo una forza").

Un grande cast

Inutile dirlo, la forza di un film corale come Diamanti è il cast: anche chi ha un piccolo ruolo, come Carla Signoris e Kasia Smutniak, rispettivamente un'attrice di teatro e una di cinema che si odiano ma poi trovano il modo di convivere, brilla nelle proprie scene. Perfino chi non ha molto materiale su cui lavorare, perché il suo personaggio non è approfondito (come Geppi Gucciari, salita a bordo all'ultimo), grazie alla propria personalità, rende memorabili le battute assegnate (spesso esageratamente enfatiche e a effetto).

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Luisa Ranieri e Jasmine Trinca in Diamanti

Nonostante la bravura e la fotogenia delle sue attrici, Özpetek indugia però forse troppo su primi e primissimi piani, sottolineando ogni emozione, ogni lacrima: il melò è sicuramente il suo genere, ma spesso la musica è troppo invadente e la recitazione volutamente eccessiva. Mano mano che si arriva alla conclusione, poi, si accumulano finali su finali: sembra quasi che, indeciso su quale scegliere, il regista e sceneggiatore abbia voluto tenerli tutti. D'altra parte ci ha messo la faccia, con tanto di occhiolino direttamente in camera: prendere o lasciare. Il pubblico che lo ama si commuoverà fino al pianto, chi invece non ne sopporta gli eccessi dovrà comunque riconoscergli una coerenza di forma e contenuti. E, dobbiamo dirlo: Mara Venier è sorprendente in questo ruolo così dimesso e accogliente. Un film, e un'interpretazione, che sono come un abbraccio generoso.

Conclusioni

Con questa storia corale Özpetek si diverte a plasmare figure di donna molto diverse tra loro, grazie soprattutto all'aiuto delle attrici che più ama. Melò pieno di musica, colori e lacrime, Diamanti è un film che piacerà molto a chi ama il cinema del regista, mentre chi si sente sopraffatto dall'eccessiva abbondanza di sentimenti (spesso urlati) dovrà comunque riconoscere che le interpreti sono tutte brave. Compresa una sorprendente Mara Venier.

Movieplayer.it
2.5/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • Le (numerose) attrici protagoniste.
  • Le canzoni originali di Mina e Giorgia.
  • La prova sorprendente di Mara Venier.

Cosa non va

  • Non tutti i personaggi sono approfonditi.
  • I dialoghi sono spesso esagerati e volutamente a effetto.
  • I sentimenti sono eccessivamente sottolineati in più punti.
  • Nella parte conclusiva si accumulano più finali.