David Cronenberg: le ossessioni di un canadese normale

Il suo volersi posizionare al di fuori di certi circoli intellettuali unito alla sua naturale inclinazione verso il cinema di genere ne fa un regista perennemente in bilico tra l' "autore" all'europea e l' "uomo di cinema" all'americana.

David Cronenberg nasce il 15 marzo 1943 a Toronto. A differenza di altri registi canadesi che hanno raggiunto riconoscimenti e successi internazionali, continua a evitare l'ovvia tentazione di attraversare il confine che divide il suo paese dagli Stati Uniti. Cronenberg vive ancora nella città in cui è nato e, fino al 1991, non ha mai realizzato un film fuori dal Canada.
Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, vedendo i suoi film conturbanti e ricchi di ossessioni, Cronenberg è una persona ordinaria e posata, molto borghese.
Non è mai stato vittima di quelle esperienze familiari e di quei cliché formativi religiosi o di altro genere che spesso si trovano nascosti nell'adolescenza di un autore «vissuto». I suoi "succhi" creativi sono quasi incontaminati da quello stato mentale noto come cinefilia. Cronenberg non è perseguitato né dagli spiriti dei grandi registi, né dai classici del cinema, l'inevitabile patrimonio di una generazione di registi educati dall'istituzione delle scuole di cinematografia.

Questa apparente mancanza di motivazioni forti, insieme alla sua natura schiva, al suo understatement, al suo volersi posizionare al di fuori di certi circoli intellettuali, alla sua naturale inclinazione verso il cinema commerciale (Cronenberg è anche un prolifico autore di pubblicità e prodotti televisivi) e di genere, lo rendono un regista perennemente in bilico tra l' "autore" all'europea e l' "uomo di cinema" all'americana. Volendo continuare per luoghi comuni, si potrebbe osservare che, del resto, è un canadese.

I primi quattro film di Cronenberg, Transfer (1966), From the Drain (1967), Stereo (1969) e Crimes of the Future (1970), definiti d'avanguardia, sono in ogni caso l'abbozzo di molte delle avventure cinematografiche future, embrioni ben formati o prototipi per i suoi successivi esperimenti. Dimostrano in modo evidente un interesse per l'architettura e per la composizione tonale quasi astratta. Le immagini pure, lineari, combinate con la colonna sonora non in presa diretta, coagulate con una ciarlataneria parascientifica e con meditazioni filosofiche, segnano questi primi esperimenti come unici. Svelano anche un'altra passione di Cronenberg che continua a essere presente nel suo lavoro con intensità crescente: la dicotomia maschio/femmina. Alcuni critici e parte del pubblico hanno visto l'evolversi di questo tema, culminante nel difficile e controverso Inseparabili, con sempre più avversione. Questa attrazione iniziale, forse determinata in parte dall'idealismo e dall'ambiente hippy degli anni Sessanta, è diventata il bisogno fisiologico di provocare continuamente il pubblico, verso la comprensione della natura e del significato della riconosciuta diversità sessuale. Gli ulteriori esperimenti hanno continuato a produrre risultati sempre più inquietanti.

Con Shivers (1975 - Il demone sotto la pelle), Rabid (1977 - Rabid, sete di sangue), The Brood (1979 - Brood - la covata malefica) inizia la sua fase horror, che marchierà per sempre la sua carriera anche quando la sua poetica si allontanerà, con naturalezza, quasi inconsapevolmente, dal genere nelle sue forme più riconoscibili.
Gli straordinari incassi dei suoi film, e la spiccata abilità a muoversi tra le opportunità offerte dal mercato fanno di Cronenberg il miglior investimento cinematografico in Canada, e dopo pochi film lo consacrano definitivamente come regista di horror. Si delineano ulteriori temi che rimarranno costanti in buona parte della sua cinematografia futura. La malattia, la mutazione, la sessualità, il corpo umano come carne viva. Cronenberg sperimenta poi, con The Brood, il cinema ad alto budget e le possibilità offerte da un cast e da una troupe di livello internazionale.

Gli spettatori erano divisi tra entusiasmo e disgusto, con poche sfumature di opinione. I dati dei botteghini testimoniano almeno il loro interesse. Tuttavia le reazioni dei teorici del cinema, dei critici e dei cinefili sono giustamente più complesse, contraddittorie e a volte confuse. I loro interessi principali sono rivolti alla funzione e al meccanismo del film, agli aspetti ideologici e rappresentativi e, visto il genere scelto da Cronenberg, alle caratteristiche specifiche dell'horror.
La critica ostile al cinema di Cronenberg considera la sua visione di sconvolgimento sociale e di distruzione come qualcosa che non offre alternative politiche positive, ma semplicemente contagio e morte.

Con Scanners e Videodrome Cronenberg realizza due film manifesto in cui con un discorso anche ironicamente metafilmico riassumono alcune delle tematiche fin qui contenute nel suo cinema, specialmente quella del controllo e della mutazione biologica come forma di resistenza.
Scanners, del 1981, è il film in cui Cronenberg si è avvicinato maggiormente alla fantascienza. E' interessante notare come il film sia, nella sua conclusione, insolitamente ottimista, se confrontato con i cicli interminabili di malattie e traumi familiari impliciti nelle sequenze conclusive dei suoi horror precedenti. Sebbene Scanners contenga molte delle ossessioni tipiche di Cronenberg, rendere fisico il pensiero, lo scienziato deviato, una inaspettata capacità fisica provocata da cure mediche poco ortodosse, la sua enfasi è sull'azione: incidenti automobilistici; esplosioni, stragi e battaglie telepatiche. Il dramma interiore di The Brood, scritto in un periodo di pessimismo e di difficoltà personali, è completamente superato a vantaggio del brivido.

Videodrome, realizzato in maniera meno affrettata di Scanners, mostra di essere il lavoro concettualmente più impegnativo di quel periodo. Mai timoroso di affrontare gli aspetti più inquietanti della vita interiore, Cronenberg stravolge completamente i canoni della sua stessa pratica cinematografica. I critici impazienti di mettere in luce le sue tendenze reazionarie, sono ricompensati con una storia sugli effetti imprevedibili e poco piacevoli che le immagini sessualmente violente hanno su Max Renn, il proprietario di una stazione televisiva via cavo di Toronto specializzata in sesso e violenza. Cronenberg decide perversamente di investigare le idee critiche di cui è stato vittima il suo stesso lavoro.

Con Videodrome, Cronenberg sperimenta qualcosa di nuovo che in seguito ha riformulato per Il pasto nudo: un film che scivola, senza preavviso, nelle allucinazioni del protagonista. In Videodrome, a differenza di quanto accade nella sua fusione con William S. Burroughs, Cronenberg comunque quasi abbandona una trama complessa, avvincente e intrigante, dopo circa quaranta minuti dall'inizio, per un inesorabile punto di vista in prima persona che non ha soluzione di continuità.
Le trasgressioni di Cronenberg nell'area politico-sessuale continuano a irritare parte del pubblico e della critica. Così come l'ossessione di Cronenberg per la dicotomia maschio/femmina, in cui la «differenza» femminile può scivolare impercettibilmente nell'«altro», anche la sua determinazione e il suo desiderio di essere libero da costrizioni politiche, nell'immaginare i suoi personaggi femminili e la loro sessualità, continueranno a offendere. L'azzardo formale di Videodrome, la sua complessità narrativa, la dimensione apertamente filosofica, le sue immagini vivide, forse tutte queste cose contribuiscono, insieme a una forma di distribuzione troppo ottimistica, al fallimento commerciale del film.

Dopo l'impegno di Videodrome, Cronenberg aveva ritenuto necessario scegliere un progetto meno personale. Il risultato fu La zona morta, un adattamento cinematografico di un preesistente materiale di successo, e l'unico tra i suoi film in Cronenberg non risulta come sceneggiatore.

Con La mosca, 1986, Cronenberg compie la prima vera incursione nel melodramma, un genere che sarà sempre più presente nei lavori a venire. Se infatti la materia prima del film è ancora costituita dall'armamentario horror, pure elaborato nella sua personalissima maniera, è l'impossibilità dell'amore tra Seth Brundle e Veronica Quaife il vero centro emozionale e narrativo del film. Rimangono i leitmotiv sulle mutazioni della carne, sulle sue trasformazioni, elevate dallo status di meri fatti biologici al rango di eventi artistici. L'amore tra i due protagonisti è incapace di adeguarsi alle nuove forme imposte, anche se incidentalmente, dal progresso tecnologico.

Il successivo Inseparabili, 1988, continua con lucidità inconsapevole a sviluppare un discorso coerente con il film precedente presentando una coppia di scienziati allontanati dall'oggetto del loro amore da uno sguardo esteticamente interessato sulla carne e sull'anatomia.

Con Il pasto nudo Cronenberg si misura per la seconda volta con un materiale letterario di successo mondiale. Qualunque sia l'influenza che William S. Burroughs esercita su Cronenberg, per il regista pervenire alla versione in pellicola di Il pasto nudo è un naturale destino cinematografico. I loro sistemi nervosi sono stati in connessione per anni; entrambi hanno condiviso gli stessi incubi e le stesse visioni; entrambi hanno dimostrato un disgusto puritano per la carne; entrambi hanno subito critiche e censure per le loro rappresentazioni estreme. Il regista, che anni addietro aveva dichiarato «Voglio mostrare ciò che non si può mostrare e dire ciò che non si può dire», stava finalmente per filmare ciò che non si può filmare.
La sceneggiatura mescola immagini e piccole parti del romanzo con episodi della vita del loro scrittore. Cronenberg lascia in secondo piani gli aspetti legati alla sessualità per concentrarsi decisamente sui temi del controllo e della mutazione dando vita a un capolavoro francamente irraccontabile che è insieme un horror psicologico, un thriller fantapolitico, un romanzo di formazione, un racconto avventuroso.

Ancora melodramma, ancora la storia di un amore impossibile. I tempi dell'horror sembrano definitivamente tramontati. Ispirandosi a una vicenda reale, M. Butterfly racconta la straordinaria storia del diplomatico francese René Gailimard, ossessionato da Song Liling, prima donna all'opera di Pechino: Gallimard non sa che l'oggetto del suo desiderio è, in realtà, un uomo e anche una spia del governo cinese. E solo quando vengono entrambi arrestati con l'accusa di spionaggio che Gallimard è costretto ad affrontare la verità sul sesso di Song Liling. Il tono didattico della pièce, rispetto alle questioni e alle polemiche stereotipate su razzismo e sessismo, è agli antipodi della visione e della politica di Cronenberg e - elemento ancora più rilevante - della sua possibile funzione all'interno della pratica artistica. Cronenberg doveva impossessarsi della storia - mescolarsi ancora una volta con un altro corpo estraneo - e contemporaneamente sviluppare ciò che trovava cosi intrinsecamente interessante nel cuore della storia di Hwang/Boursicot/Gallimard: il desiderio e la capacità di trasformarsi sia fisicamente che mentalmente.

Crash segna un punto di svolta, l'ennesimo. Il materiale di partenza è ancora una volta un autore di culto. Dopo Stephen King e William S. Burroughs è la volta di J.G. Ballard, celebre e prolifico scrittore inglese di fantascienza. Ancora una volta, le ossessioni personali di Cronenberg, le trasformazioni della carne, la devianza sessuale, le relazioni tra gli esseri umani come forme di controllo e di contagio, prendono il sopravvento su quello che era un raffinato e invero ermetico discorso sulla postmodernità traducendolo in immagini di una fisicità malata e conturbante. Il film ottiene un grande successo di critica vincendo il gran premio della giuria a Cannes come un premio agli Adult Video News Awards di Las Vegas.

I suoi successivi lavori eXistenZ e Spider entrambi centrati su due diversi viaggi deliranti del protagonista, il primo nella realtà virtuale, il secondo nella follia, segnano un ritorno a un cinema in un certo senso più compiacente verso il pubblico pur non rinunciando a quella marca estrema di "sporcizia" e di violenta fisicità che viene identificata come il suo tratto distintivo.