La Seconda Guerra Mondiale raccontata dal punto di vista degli "altri". Das Boot, serie tv in arrivo su Sky Atlantic a partire dal 4 gennaio, segue le vicende di un gruppo di soldati tedeschi che operano su un sommergibile in missione nell'Atlantico. Attorno a loro si consuma un conflitto di scala sempre più vasta, ma Das Boot affronta anche il tema della resistenza mettendo in scena un misterioso manipolo di uomini e donne che si oppongono al regime a rischio della vita.
In Germania Das Boot, produzione originale Sky costata 26,5 milioni di euro, è già un successo. La serie, venduta in 100 territori tra cui gli USA, è diretta dall'austriaco Andreas Prochaska, ospite a novembre del Torino Film Festival dove i primi due episodi dello show sono stati presentati in anteprima. "Tutto è iniziato con una telefonata nel novembre 2016 in cui mi proponevano la regia di Das Boot" racconta Prochaska. "Mi sentivo elettrizzato, ho letto lo script del primo episodio, poi ho incontrato il produttore. Sapevamo che avremmo girato in estate, ma avevamo solo le prime due sceneggiature, quindi è stato uno sforzo notevole per tutti. Quando ho accettato non sapevo cosa avrei dovuto affrontare, abbiamo dovuto preparare 8 episodi con in 105 giorni di riprese con solo una piccola pausa per Natale".
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Da Wolfgang Petersen alle donne forti al centro del conflitto
Alle origini di Das Boot c'è il film di Wolfgang Petersen del 1981, U-Boot 96, che racconta la tensione crescente all'interno di un sommergibile tedesco U-96 nel 1941, tra claustrofobia e parossismo. E' lì che affonda le radici la serie Sky prendendone, però, le dovute distanze. Come precisa Prochaska, "per me il film di Wolfgang Petersen è ancora un capolavoro, farne un remake non avrebbe senso. Se me lo avessero proposto avrei detto di no. Per trovare la mia strada ho analizzato il film in maniera precisa, ho visto U-571 per documentarmi su come si vive all'interno di un sottomarino e ho cercato di usare la macchina da presa come se fosse un membro dell'equipaggio. Ho usato l'idea di Petersen di girare usando un sottomarino in scala, ciò che volevo era far provare allo spettatore cosa si prova in una situazione come quella".
Nelle otto puntate che vanno a comporre la prima stagione, Das Boot espande il microcosmo claustrofobico del sottomarino attraverso vari filoni narrativi che coinvolgono alcune figure femminili. Una di queste è Simone Strasser, interpretata dalla bella Vicky Krieps, già protagonista de Il filo nascosto. Nel fare un favore al fratello Frank, telegrafista della Marina tedesca, Simone viene a conoscenza dell'esistenza di un gruppo di oppositori al regime che ruota intorno alla misteriosa Carla, la quale ha il volto della star di Hollywood Lizzy Caplan. Come spiega il regista, la scelta di Vicky Krieps è stata quasi obbligata: "Cercavamo un'attrice che parlasse francese e tedesco, visto che Simone ha una duplice identità, e sono poche le attrici che hanno questa dote. Vicky è nata in Alsazia, regione passata dall'amministrazione tedesca a quella francese parecchie volte, perciò è bilingue. Dopo aver letto il primo episodio, ha subito deciso di accettare spiegandomi che le sue nonne erano una nazista e l'altra membro della resistenza. La storia di Simone rispecchia quella della sua famiglia". Quella con Lizzy Caplan è la prima esperienza di Prochaska con un'attrice americana: "Prima ci siamo sentiti via skype, poi Lizzy è venuta a Praga perché era attratta dal ruolo. Ha funzionato molto bene soprattutto per via della chimica con Vicky Krieps".
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Dentro e fuori dal sottomarino
A incuriosire il pubblico, nei primi episodi di Das Boot, è proprio la scelta di aderire al punto di vista dei Nazisti, cattivi per antonomasia di cui qui viene messa in luce l'umanità. Aderendo al punto di vista dei tedeschi, Andreas Prochaska ha rispettato la scelta narrativa fatta in principio da Wolfgang Petersen: "Tutti sanno che i nazisti sono cattivi, non è una novità. Ciò che mi interessava era volevo mostrare come funziona la vita in un sottomarino, in più volevo analizzare il rapporto tra soldati tedeschi e resistenza nella Francia occupata, volevo capire le loro motivazioni. In Das Boot ci sono due storie, una si svolge nel sottomarino, l'altra nel porto di La Rochelle". Il filo conduttore tra questi due mondi è il personaggio di Simone Strasser, per cui Prochaska non nasconde la fascinazione. Come ammette lui stesso "senza personaggi come questo non avrei accettato il lavoro. Quello di Simone è un risveglio, nella prima scena la vediamo quasi affascinata dalla realtà del Nazismo, ma presto scopre segreti indicibili che la spingeranno ad aprire gli occhi".
La ricerca di una tv di qualità per scoprire il mondo
Das Boot si candida a far parte di quel movimento di serie originali non americane che stanno riscuotendo successo mondiale sottraendo agli USA lo strapotere nel settore televisivo. Andreas Prochaska riconosce il momento difficile che sta vivendo il cinema e la realtà vivace dei progetti televisivi, sempre più appetibili sia per gli autori che per gli spettatori. "Ho divorato Narcos, che è principalmente una serie sudamericana, gli show internazionali sono un ottimo modo per scoprire realtà diverse, ma ciò che conta per me è la qualità. Quando c'è quella è facile che una serie tv abbia successo, ma se vuoi attrarre un pubblico globale devi trovare uno stile unico". Dopo aver citato le sue serie preferite del momento, Better Call Saul e l'eccezionale Il metodo Kominsky, il regista di Das Boot spende due parole sul metodo di fruizione delle serie tv ammettendo divertito: "Quando ho la possibilità faccio binge watching. E' strano, a volte rinunciamo a vedere un film di 100 minuti perché siamo troppo stanchi, ma poi ci mettiamo a vedere cinque episodi di una serie in un colpo solo perdendo un sacco di tempo". Sulla possibilità di una seconda stagione di Das Boot, per ora Prochaska non si sbilancia: "Se guarderete la serie, è possibile che ci sia un futuro".