Daredevil, l'uomo senza paura, il vendicativo vigilante che ogni notte sorveglia le strade di Hell's Kitchen combattendo in nome della giustizia e della fede, è sicuramente uno dei personaggi più riusciti della Marvel. Il personaggio, nato nel 1964 dalla penna di Stan Lee e Bill Everett, nel corso del tempo ha subito diverse trasformazioni, la più rivoluzionaria avuto probabilmente grazie all'estro creativo di Frank Miller che, negli anni Ottanta, ha contaminato il background del supereroe, introducendo nel mondo di Devil elementi noir e fortemente adulti che hanno cambiato in modo indelebile la sua caratterizzazione. Mentre Matt Murdock sta per tornare sul piccolo schermo con la serie Daredevil: Born Again, in arrivo nel 2024, reboot e sequel dello show Netflix con Charlie Cox protagonista, molti si dimenticano che, nel 2003, è stato lanciato un lungometraggio, diretto da Mark Steven Johnson (La fontana dell'amore, Ghost Rider) dedicato interamente a Daredevil, interpretato per l'occasione da Ben Affleck. Per quanto sia distante anni luce dai cinecomic moderni, il film ha diversi spunti interessanti sorprendentemente innovativi per l'epoca pre-MCU.
1. L'inizio in medias res
Daredevil si apre in un modo decisamente insolito e fortemente dinamico, con il nostro eroe che si rifugia, sanguinante, sul tetto di una chiesa, per poi cadere rovinosamente a Terra all'interno dell'edificio religioso, soccorso prontamente da Padre Everett (Derrick O'Connor). Da un lato abbiamo la possibilità di vedere, con una rapidissima carrellata, tutto quello che ha portato il personaggio in questa difficile condizione, con la camera che, avvicinandosi agli occhi vitrei di Murdock, ricomincia la storia da zero, dal rapporto tra il giovane Matt e il padre Jack, proseguendo con l'incidente che lo ha reso cieco e l'omicidio del genitore. Una scelta molto brillante che, nei primi minuti del film, offre già una panoramica esaustiva della trama e approccia alla narrazione con una chiave insolita e in linea con i nostri tempi, visto che oggigiorno va tanto di moda entrare a gamba tesa nel racconto fornendo a mano a mano le informazioni necessarie.
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2. L'entrata in scena del personaggio
La prima missione di Daredevil lo vede impegnato nel pestaggio, in un bar molto affollato, di un criminale che, con la protezione di Kingpin (Michael Clarke Duncan), è uscito pulito da un'accusa di molestia sessuale. In questo contesto abbiamo la possibilità di osservare, per la prima volta, l'entrata in scena del personaggio che, dai tetti di New York, scende in verticale grazie alle sue acrobazie e gadget fino ad arrivare all'interno del locale. Se è vero che, in questo caso, il suo classico approccio stealth viene totalmente ignorato in favore di un ingresso plateale, è altrettanto interessante notare che, nella sua discesa dall'alto verso il basso, possiamo già intravedere le principali caratteristiche e abilità del supereroe ovvero la sua incredibile padronanza di armi bianche, la sua agilità sovrumana e anche il suo udito fortemente sviluppato. Una scena che quindi rappresenta il perfetto riassunto formale del Guardiano di Hell's Kitchen, andando in controtendenza stavolta con i moderni cinecomic dove i poteri dei personaggi sono mostrati progressivamente.
3. Un compendio completo del personaggio (e del mondo che lo circonda)
Nel Marvel Cinematic Universe, specialmente nei racconti di formazione dei Vendicatori, si cerca di dare un quadro esaustivo di questi supereroi, non solo mostrando la nascita dell'identità segreta, ma anche lo sviluppo dei poteri, i principali alleati e anche uno o più antagonisti iconici che contribuiscono a caratterizzare il background di riferimento. In Daredevil, tale linea contenutistica è perseguita con rigore e, anzi, forse ci sono anche troppi elementi sull'universo di Daredevil: oltre ad un ritratto completo del protagonista, sono presenti ben due villain ovvero Wilson Fisk/Kingpin e Bullseye (Colin Farrell), l'alleata Elektra (Jennifer Garner) e anche figure di supporto dal mondo civile di Matt, in particolare l'avvocato Foggy Nelson (Jon Favreau) e il giornalista Ben Urich (Joe Pantoliano). Di conseguenza, la pellicola di Johnson non solo è una ricca origin story, ma al contempo è un compendio generale molto utile e dettagliato su Daredevil, nonostante alcune caratteristiche sopra le righe (su tutte, un Bullseye quasi comico e grottesco oltre che alcuni siparietti totalmente fuori contesto).
4. Le scene di combattimento
Arriviamo ad uno snodo tematico centrale del film ovvero le sequenze che, più di tutte, contribuiscono a descrivere Daredevil e il suo universo di contorno e che hanno reso tanto famoso lo show Netflix con Charlie Cox. Ci riferiamo, ovviamente, alle scene di combattimento della pellicola che sono estremamente lontane dal ritratto oscuro e silenzioso del supereroe (e la serie sopracitata parte proprio da qui), ma che sono così tanto varie e creative da fissare un buon punto di partenza per le produzioni supereroistiche successive. In particolar modo è veramente efficace come è stato inserito, all'interno delle coreografie e delle scazzottate, l'udito fortemente evoluto di Devil che diventa un'arma a doppio taglio quando Bullseye suona le campane della chiesa. Anche la pioggia e la sua capacità di ricoprire i corpi, dando una parziale "vista" al protagonista, è un altro elemento ambientale molto scenico e suggestivo, specialmente nello scontro tra Murdock e Wilson Fisk che permette al primo di avere la meglio sul signore del crimine di New York.
5. La post-credit
Quando ancora non esisteva l'MCU, l'utilizzo delle scene post-credits era sicuramente uno strumento audace in questo mondo supereroistico, nonostante sia importante sottolineare che, a titolo di cronaca, è un mezzo narrativo che esiste dagli anni Sessanta (seppur con finalità diverse). Daredevil è tra i primi progetti in assoluto che si fa forza di questo escamotage, purtroppo rivelandoci, in un modo anche piuttosto bizzarro, che Bullseye è ancora vivo e grida vendetta in un ospedale. Una scenetta d'intermezzo assolutamente inutile (molto più interessante, invece, l'implicazione nel finale che Elektra sia ancora viva, creando i presupposti per lo spin-off omonimo dedicato alla supereroina) che purtroppo non ha tra l'altro condotto a niente, visto l'assenza di un sequel di Daredevil. Nonostante tutto questo, pensando all'importanza successiva che hanno avuto le post-credits nel piano cinematografico e seriale di Kevin Feige, tale scelta assume una connotazione quasi profetica, con Johnson che, con elementi diversi in mano e un'epoca storica appena pre-MCU, aveva già intuito le potenzialità del mezzo in questione.