"Il cinema è la vita con le parti noiose tagliate", sosteneva Alfred Hitchcock. Non tutti i cineasti sono d'accordo con questo assunto. In particolare, Richard Linklater sembrerebbe aver rovesciato la celebre sentenza del mago del brivido trasformando in puro cinema i piccoli gesti, i problemi, i dubbi, le paure, le insicurezze e tutto quel collage di sentimenti e sensazioni che vanno a costituire il nostro quotidiano. Cinema - solo apparentemente - antispettacolare, ma profondamente vivo e sincero che ha trasformato il regista texano in uno degli autori simbolo della corrente indipendente americana. Da giovedì è in sala Boyhood, coronamento di un percorso mai sperimentato prima. Un film realizzato in dodici anni seguendo passo dopo passo la crescita fisica e psicologica di un ragazzino dai 6 ai 18 anni e, di conseguenza, le trasformazioni avvenute in seno alla sua famiglia composta da padre, madre e sorella maggiore.
Boyhood è il coronamento di una carriera, un punto di arrivo oltre il quale è difficile prevedere cosa si possa offrire in più allo spettatore. Intendiamoci, Linklater è un autore giovane e in piena attività, negli anni ha esplorato generi e sperimentato tecnologie innovative. Guarda al futuro del medium con quel mix di consapevolezza e temerarietà che lo spinge a porre sempre più in alto l'asticella del valore dei suoi progetti e anche di fronte agli insuccessi ha saputo rialzare la testa e ripartire da zero proponendo qualcosa di nuovo. Ma quello di Boyhood è un discorso compiuto, autoconclusivo. Il cinema ha inscenato la sua trasformazione definitiva. E' riuscito a riprodurre il ritmo della vita. Per far sì che arte e vita si fondessero vicendevolmente ci sono voluti 12 anni, ma in realtà il cammino che ha condotto Linklater a realizzare Boyhood è iniziato ancor prima, nel 1995, anno in cui il regista ha regalato al pubblico la prima pietra miliare della sua produzione, il delicato Prima dell'alba.
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Un nuovo naturalismo
Innamoramento. Amore. Routine. Che cosa sono Prima dell'alba, Before Sunset - Prima del tramonto e Before Midnight se non un'unica grande opera realizzata nell'arco di 18 anni? A rivedere i tre film post-visione di Boyhood sorge il dubbio che la trilogia di Richard Linklater sia una potentissima prova generale per affilare gli strumenti artistici in vista della realizzazione del lungometraggio premiato con l'Orso d'argento per la regia alla Berlinale 2014. Come in Boyhood, anche qui vediamo i personaggi - e con loro gli attori - crescere, maturare, invecchiare, mutare aspetto, sentimenti e visione del mondo. Focus della trilogia, in questo caso, non è la famiglia (non ancora, almeno) bensì l'amore. Nei suoi tre lungometraggi, il regista scandaglia le dinamiche che si scatenano a partire dall'incontro casuale tra un uomo e una donna. Per acquisire un senso compiuto, Boyhood deve passare necessariamente attraverso i vari stadi della relazione di Jesse e Celine, visto che nella maggior parte dei casi il fine naturale di una coppia è la creazione di un nucleo familiare. Percorso, questo, apparentemente lineare, almeno per lo spettatore, che in realtà prevede intrecci e accavallamenti.
Se nel 2002 Linklater comincia a girare le prime sequenze di Boyhood - e andrà avanti a intermittenza per 12 anni - nel 2004 e nel 2013 confeziona Before Sunset - Prima del tramonto e Before Midnight. In perfetto indie style tutti questi lavori risentono di una forte matrice autobiografica più o meno esplicita. E' il regista stesso a confessare come l'incontro tra Jesse e Celine in Prima dell'alba gli sia stato suggerito dalla giovane donna conosciuta a Philadelphia che putroppo non è riuscito a conquistare. Per quanto riguarda il padre assente e irresponsabile interpretato in Boyhood da Ethan Hawke, lo stesso Linklater è figlio di genitori divorziati e anche se la forte presenza della madre gli ha permesso di assorbire il trauma senza troppe conseguenze, ben ricorda la sensazione che lo ha accompagnato per tutta l'infanzia. Il sentirsi diverso dagli altri, unico, tra i bambini della sua classe, a non avere un padre in casa. D'altronde negli anni '60 nella cittadina del Texas dell'Est in cui sua madre si era trasferita il divorzio non era esattamente di moda.
Il tempo del cuore è soggettivo
"Il tempo è ciò che ci è stato dato in questa vita. Ci sono state date le ore e possiamo scegliere cosa farne" afferma Richard Linklater. E il tempo è ciò che il regista, più e meglio di altri colleghi, plasma a suo piacimento. In una delle prime scene di Boyhood vediamo il piccolo Mason, interpretato da Ellar Coltrane, intento a ricoprire con la vernice una parete in cui sono visibili i segni che i genitori fanno per misurare l'altezza dei loro bambini. Il messaggio è chiaro. Le regole che determinano lo scorrere del tempo vengono spazzate via a favore di un regime soggettivo, di un tempo anarchico, scandito solo dalle mutazioni del cuore. A mettere in evidenza il passaggio da un'epoca all'altra saranno l'aspetto fisico degli attori, il loro modo di vestire, i segni che il tempo ha lasciato sui loro volti e le canzoni, parte integrante del film e dell'opera di Linklater. Questa scelta gli permette di condensare dodici anni in 166 minuti. Ma non è stato sempre così. Fin dagli albori della carriera, il regista è noto per prediligere film che raccontano storie concentrate nell'arco di 24 ore. Prima dell'alba rispetta il canone. Before Sunset - Prima del tramonto va ancora oltre raccontando in una manciata di ore il secondo incontro tra Jesse e Celine a Parigi e Before Midnight si consuma nell'arco di una giornata. Attimi di vita colti quasi in tempo reale a formare una "collezione di piccoli momenti intimi", che è poi la linfa vitale del cinema di Linklater. Al regista non interessa avere un plot rigido, pieno di eventi narrati con ritmo serrato, quanto raccontare personaggi, sentimenti ed emozioni. Questo, però, non gli impedisce di curare nel minimo dettaglio gli script firmati, a partire da Before Sunset - Prima del tramonto, insieme ai suoi attori feticcio, Ethan Hawke e Julie Delpy.
Famiglie fuori e dentro il set
Nell'opera di Richard Linklater l'improvvisazione ha uno spazio molto minore rispetto a quanto si potrebbe immaginare. Nulla è lasciato al caso. Perfino per opere come Boyhood, che si sviluppano in un arco temporale vasto, il regista ha in mente fin dal principio l'architettura del progetto. Così non è casuale la scelta di sfornare un nuovo capitolo della storia di Jesse e Celine ogni nove anni scandagliando nel dettaglio i meccanismi che si scatenano durante l'innamoramento (la scintilla esplosa sul treno diretto a Vienna), la scelta consapevole di mettersi insieme (l'incontro a Parigi) e la routine che subentra in una coppia rodata (in vacanza nell'assolata Grecia), costretta a far fronte ai problemi del quotidiano, della prole e all'assuefazione reciproca.
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Un cinema, quello di Richard Linklater, che matura di pari passo con il suo autore e con lo spettatore, un cinema che si comprende a fondo solo dopo aver vissuto sulla propria pelle le esperienze mostrate. Eventi che appartengono alla maggior parte di noi e che il regista, con talento, traspone sullo schermo rendendo eccezionale il quotidiano unicamente grazie al filtro del suo sguardo poetico. Tale risultato è ottenuto anche grazie alla capacità del regista di circondarsi degli interpreti più giusti per i suoi personaggi. Jesse e Celine non potrebbero esistere senza Ethan Hawke e Julie Delpy, senza la generosità che li ha spinti a mettersi a nudo infondendo nei loro innamorati difetti, debolezze, fragilità. L'ironia che pervade i loro script, specialmente Before Midight, capitolo più maturo, riflessione dolceamara su come il tempo scalfisca anche la relazione più solida e appassionata, è frutto di una profonda conoscenza reciproca, di un legame profondo tra i tre collaboratori.
E Ethan Hawke, che con Linklater ha girato ben otto film, è la scelta del regista per il padre immaturo, assente e tormentato di Boyhood. Al suo fianco, stavolta, troviamo Patricia Arquette, meno ironica e più dolente della Delpy, madre amorevole e responsabile nei confronti dei figli, ma capace di attirare solo uomini violenti e problematici. Sia la Delpy che la Arquette rappresentano un modello di donna seducente, ma vera, lontano anni luce dai bagliori hollywoodiani.
In Before Midnight come nella parte finale di Boyhood l'obiettivo di Linklater ritrova la bellezza nei loro fianchi larghi, nei fisici appesantiti da gravidanze o semplicemente dall'avanzare dell'età, nei volti in cui fanno la loro comparsa le prime rughe. Se gli adulti invecchiano, i ragazzi crescono così la vivace Lorelei Linklater, figlia del regista, si trasforma da vivace peperina in adolescente timida e riservata. In fin dei conti la trama di Boyhood è la più semplice da sintetizzare, visto che racconta la crescita di un ragazzino. Il film cresce con lui, scegliendo di abbracciare il tempo che passa piuttosto che combatterlo. E invita noi spettatori a fare lo stesso.