Quando si vuole raccontare una storia in grado di interessare lo spettatore è utile un innesco in grado di garantire un intreccio attraente, puntando a costruire qualcosa a cui si voglia assistere. La cosa diventa ancor più vitale quando si vuole partire da un punto per raccontare qualcos'altro. In tal caso bisogna utilizzare la storia come trampolino. Un'operazione complessa, ma che le serie documentario hanno cominciato a mettere in atto da qualche anno.

L'ultima in ordine di tempo è Anatomia di un Comeback, miniserie disponibile su Prime Video prodotta da Nicolas Valode con Breath Film e Cédric Fréour con Sans Borne e diretta da Marlies Demeulandre, Stéphane Gillot e Julie Robert. La serie usa la vicenda che ha visto nel 2020 Renault Group arrivare sull'orlo del fallimento (con perdite di circa 8 miliardi di euro) per poi ripartire - in appena 5 anni - con risultati mai visti prima, raccontando così la ragion d'essere del Gruppo francese.
Presentare al grande pubblico i valori, i principi e le radici di un'azienda che ha, di fatto, intrecciato la sua intera esistenza a quella di un Paese importante come la Francia, attraverso una vicenda che la fotografa nel suo momento più fragile per poi mostrare come il Gruppo sia riuscito a rilanciarsi nel futuro trovando le risorse nel proprio DNA. Risorse che per il costruttore francese sono ad esempio le immortali Renault 5 e il brand Alpine, legata al mondo della F1.
Anatomia di un comeback: come si racconta un gruppo automobilistico
Il racconto di un'azienda non è quasi mai il racconto delle scoperte tecnologiche che l'hanno caratterizzata o delle formule economiche che l'hanno fatta svoltare o, tanto meno, delle strategie industriali che le hanno permesso di diventare competitiva. Tutto ciò arriva dopo. Prima, ci sono le vicende umane. Le aziende sono sempre fatte di persone e della loro visione, quindi anche la loro narrazione deve partire da questo.
Anatomia di un Comecback parte non a caso dall'annuncio che indica come Renault Group possa scomparire, mostrandoci le reazioni delle persone. Dalla cronaca di una tragedia possibile si può passare al racconto dell'impresa realizzata dagli eroi chiamati per evitarla, a partire dal loro capitano, il milanese Luca de Meo, nominato CEO nel momento più drammatico.

Un nome importante, che si circonda subito di un gruppo di manager mossi, ci dice la docuserie, innanzitutto dalla passione per ciò che fanno, ovvero lo spirito fondante dell'azienda fin dai suoi primi passi. La base ideologica del gruppo francese, nato per la semplice voglia di un gruppo di persone di "fare automobili" e farle secondo dei principi precisi e immortali. Principi da cui bisogna ripartire per reinventarsi nel mondo che verrà.
Più di una macchina
Luca de Meo conosce perfettamente la Storia di Renault, e quindi per la sua rivoluzione decide di puntare su quella che è stata l'auto simbolo del gruppo e, come conseguenza diretta, della Francia, la Renault 5 (o R5). L'utilitaria nata negli anni '70 che ha cambiato non solo il mercato dell'automobile, ma anche l'immagine dell'uomo medio nel Paese transalpino, divenendo così a tutti gli effetti un'icona pop.

Anatomia di un Comeback è estremamente precisa su questo, dimostrando come un'azienda, per avere successo, deve prestare attenzione alla narrazione. Non si tratta di mero marketing con il fine di espandere la clientela, ma di affermare la propria identità attraverso ciò che si crea, in modo da essere riconosciuti a prescindere da tutto. Un fattore che nell'epoca del branding estremo è divenuto essenziale, ma lo era già prima.
Una delle parti più interessanti della docuserie sta nel concepimento della nuova Renault 5, che rispetta tutti i canoni del XXI Secolo, ma non si scosta mai da una riflessione sulla tradizione. Un meccanismo mentale che si riversa sul modo di presentarla (e non di venderla), ovvero tramite la costruzione del racconto dell'auto, così da ricordare come e perché è divenuta un simbolo.
Riflettere sul passato per costruire il futuro
Parlando di simboli, l'altra grande macchina rappresentante lo spirito e la tradizione di Renault Group, quindi individuata come papabile innovazione su cui puntare, è la Alpine. Il marchio della casa automobilistica specializzata nella produzione di vetture sportive e per competizioni fondata nel 1955 da Jean Rédélé e dal 1973 (ecco gli anni '70 che ritornano) parte integrante del Gruppo.

La parabola discendente del brand Alpine in un momento preciso della sua "storia" è perfetta per fare un parallelismo con la necessità dell'azienda di recuperare i fasti del passato. Renault, infatti, ha lo sport nel suo DNA da oltre 40 anni, vincitrice nei rally, in pista e in F1. Il marchio Alpine che racchiude oggi tutto questo universo sportivo del Gruppo, deve tornare quindi a essere all'altezza, a costo di ripensare l'intera organizzazione del team e il modo che hanno le persone di lavorare insieme, alla base di ogni successo.
Il racconto di questa necessità di rilancio all'interno del brand sportivo del gruppo è l'altro aspetto su cui Anatomia di un comeback punta molto, perché si focalizza ancora una volta sul lato umano. Un'azienda, come detto, è fatta di persone, e la narrazione stessa non può prescindere dalla loro anima.