Si risveglia lentamente dal coma il medical americano. Nell'ultimo lustro, il genere più popolare della serialità assieme a legal e procedural ha perso buona parte del credito e del pubblico che hanno fatto di E.R. - Medici in prima linea, Dr House e Grey's Anatomy tre delle serie più seguite della Storia della televisione, fino a quando l'ultima stagione televisiva d'oltreoceano ha riportato in vita il medical con due serie antitetiche - la prima, la corale The Night Shift, segue i casi notturni di un pronto soccorso odierno, la seconda, The Knick, è un period drama dark con un protagonista ruvido e solitario - ma intriganti. I medical, per quanto diversi fra loro - possono declinare nella commedia e nel dramma, fondersi con sitcom e procedurali, essere individualiste o corali, optare per una trama fortemente orizzontalizzata o e prevalenza verticale -, sono inequivocabilmente tali se il protagonista è un dottore, a prescindere dalla durata del tempo filmico riservata all'esercizio della professione.
La televisione ci ha abituato a dottori e chirurghi dalle esistenze personali e tormentate, ma sempre umani e validi con i pazienti: le eccezioni come l'insensibile e sbrigativo Benton dell'indimenticabile E.R. - Medici in prima linea o il suo collega offensivo e prevaricatore Romano (il prototipo de Dr House assieme alla zoppa e asociale Weaver) potevano risultare sgradevoli ai più, ma costituivano una minoranza in netta controtendenza rispetto alla realtà fatta per lo più di medici sgarbati e arrivisti. Prima dell'avvento dello scorbutico, egoista e sadico House, portatore (non) sano di un'autentica rivoluzione nella serialità, il medical più seguito era appunto l'epico E.R. - Medici in prima linea con quel dolcissimo e sfortunato Dr. Green (la sua fu la morte televisiva più emotivamente devastante della Storia del piccolo schermo) che dopo trent'anni era riuscito a scalzare l'utopico Kildare dal podio di icona del camice bianco.
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Dr. House e Grey's Anatomy e i loro emuli
L'evoluzione del genere va di pari passo con l'involuzione dei suoi protagonisti, figure sempre meno positive, umane e altruiste e progressivamente sempre più meschine, asociali e arroganti. L'unico modello di dottore a cui non è concesso essere protagonista di un medical statunitense è quello incompetente: fallibile sempre, incapace o privo di talento, mai. Il titolo di serie medica più amata passa a metà degli anni Zero dal popolarissimo E.R. - Medici in prima linea a Dr. House, fautore di quella rivoluzione del piccolo schermo che fece di un antieroe infelice e di cattivo esempio il protagonista assoluto. Soltanto dieci anni dopo, con l'inedita The Knick di Steven Soderbergh l'antieroe assume i connotati del villain, e il medical assume nuovo aspetto grazie alle cable, dopo anni di militanza sui network - i canali free americani come NBC, ABC, CBS e FOX - che da sempre patiscono i limiti dell'autocensura narrativa. HBO, Cinemax e Showtime non sottostanno al medesimo contenimento, e i primi episodi di The Knick - la cupa serie di Cinemax con Clive Owen che tratteremo a seguire - dimostrano che il genere conserva il suo fascino macabro. Man mano che la fine del pessimistico Dr. House si avvicinava - mentre Grey's Anatomy, dai toni più soap-operistici, prospettava allo spettatore una longevità da General hospital - i network si diedero da fare per produrre medical capaci di ereditarne l'enorme fascia di pubblico.
Dr. House era una parabola della misantropia declinata in procedural, Grey's Anatomy era - ed è - la laconica sciarada sentimentale con voce fuori campo di dottori ad alto tasso di mortalità, Scrubs era un curioso caso di dramedy ospedaliero: i medical degli anni Zero (Scrubs è andata in onda dal 2001 al 10, Dr. House dal 2004 al 12 e Grey's Anatomy, in corso, ha esordito nel 2005) erano tuttavia accomunati dalla stessa centralità dell'essere umano di E.R.: i casi medici erano sempre subordinati narrativamente a successi e fallimenti personali dei dottori, la variazione di tono era determinata dalla posizione sull'asse emozionale che va dalla commedia al dramma. Lo schema resta valido, nessun medical recente è fine a se stesso come lo sono tanti procedurali dove la vita privata dei protagonisti è defilata. Di poco successivi cronologicamente alle tre serie in oggetto, la sitcom Out of Practice - Medici senza speranza mutuava dalla surreale Scrubs, l'alienante 3 Libbre (con un torvo Stanley Tucci neurologo perseguitato da allucinazioni) evocava House e lo spinoff di Grey's Anatomy Private Practice clonava maliziosamente la serie madre.
Tutti gli emuli, escluso l'ultimo, ebbero vita breve, dimostrando, nell'incapacità di mimarle, di non aver afferrato i meccanismi di quei successi che tentavano di replicare. Un paio di anni dopo, la fine affatto memorabile di una serie seminale come E.R. - Medici in prima linea spinse i network a progettare produzioni dal format analogo: ambientazione ospedaliera, cast corale, protagonisti variamente tormentati da drammi personali, casi medici spettacolari: Three Rivers (con l'Alex O'Loughlin di Hawaii Five-0), Mercy e Miami Medical (con la Lana Parrilla di C'era una volta), prodotti tra 2009 e 2010, furono tutti insuccessi. Tre anni dopo con Monday Mornings del canale a pagamento TNT, dal format ravvisabile a quelli sopracitati, ha incontrato analogo destino. Il motivo è, forse, la decontestualizzazione storica derivata dall'incapacità degli sceneggiatori di rinforzare il realismo del genere con l'attualità, e i personaggi non sufficientemente ben delineati da sedurre lo spettatore.
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Il ritorno del medical
Il primo medical di successo - e il primo a tenere a mente gli errori di cui sopra - è l'inedito The Night Shift, serie di NBC ambientata nel pronto soccorso dell'ospedale di San Antonio affollato da veterani dell'Afghanistan. Somministrata con cautela al pubblico (la prima stagione conta solo otto episodi) è stata rinnovata subito per una seconda e deve il favore degli spettatori a personaggi fragili cui è facile affezionarsi come TC, tempestivo medico di campo tornato dal servizio con un debilitante stress post-traumatico, l'ex soldato gay Drew e il rigido capo dell'ospedale Michael Ragosa, chirurgo di talento che ha ceduto il bisturi per problemi alla vista e si è accontentato di fare l'amministratore. Un paio di anni prima, un'ottima serie ambientata sul fronte afgano come Combat Hospital di ABC (che nello stesso anno produsse un altro medical di ambientazione esotica, la soporifera Off the Map), con il grande Elias Koteas, non incontrò i favori del pubblico nonostante la qualità. Un'altra declinazione del genere di recente diffusione - e successo volubile - è quella al femminile: Saving Hope, Emily Owens, M.D., The Mob Doctor, Hawthorne, Nurse Jackie - Terapia d'urto sono medical dove l'eroina è invariabilmente in gamba e inguaiata.
Un parametro di comunione tirato per i capelli per serie profondamente differenti tra loro, che tuttavia rappresentano una tendenza relativamente nuova in un genere maschilista (la prima dottoressa a debuttare trionfalmente in televisione, la Signora del West interpretata da Jane Seymour, esordì nel 1993). La sofferente protagonista di Saving Hope (ci sono pure i fantasmi), l'insopportabile Meredith Grey dei poveri Emily Owens (interpretata dalla figlia di Meryl Streep Mamie Gummer), la soporifera infermiera di HawthoRne (con il volto di Jada Pinkett Smith), la cupa chirurga Grace Devlin di The Mob Doctor costretta a ricucire mafiosi sotto ricatto: il comune denominatore di questi show è la scarsa ricchezza dei personaggi a cui non manca mai l'inghippo amoroso. Onorevole eccezione l'ironica Nurse Jackie di Showtime - erede sia degli affanni da drogata di Dr. House sia di quelli egotisti delle autoreferenziali eroine di Grey's Anatomy - che deve la sua longevità a tre fattori: la qualità della recitazione (la protagonista può contare su un'interprete straordinaria come Edie Falco), il fascino di personaggi secondari buffamente idiosincratici (la svampita Zoe, il pacato Eddie, il megalomane Fitch...) e la libertà creativa elargita dal canale. Sfugge all'inquadramento la mediocre Royal Pains, sull'anomala figura del dottore a domicilio Lawson interpretato da Mark Feuerstein (già in 3 Libbre): medical pretestuoso, è scevro dagli eccessi delle licenziose cable perché è prodotto dalla pay a target familiare Usa Network (come Rush, che ha debuttato lo scorso luglio, incentrata anch'essa su un chirurgo allontanato dall'ospedale e risoltosi a esercitare "molto" privatamente) e vanta un contratto da sei stagioni.
I figli del Dr. House
I pretendenti eredi di House sono stati sfortunati, almeno fino a oggi: l'infallibile e idealista psichiatra di Mental (Fox), l'arrogante chirurgo redento di A Gifted Man (CBS), il novello Dr. Jekyll di Do No Harm (NBC), la sapida patologa interpretata da Dana Delany in Body of Proof (ABC), la neurologa bipolare e drogata di The Black Box (ABC) e l'ammaliante neurochirurgo Monroe della serie eponima con il mattatore James Nesbitt (stiamo barando, questa produzione è britannica) hanno avuto permanenza breve in TT. Figure accomunate dall'eccellenza professionale, individualisti protagonisti assoluti delle rispettive serie, insofferenti dell'autorità con un tocco (qualcuno anche di più) di follia, vittime di traumi mai superati e dipendenza da farmaci (solo qualcuno), nessuno di loro ha saputo regalare ai propri show la longevità che House donò all'eponima serie Fox. Colpa di un'ondata reazionaria che ha investito il pubblico americano: il popolo da sempre sostenitore dell'individualismo e dell'eccellenza ha smesso di apprezzare l'eccentricità e il dispregio delle norme che spesso l'accompagna. Un passo indietro, dopo che la rigida Fox aveva sorprendentemente sostituito il modello del protagonista positivo con quello dell'antieroe ostico e scomodo, oggi esiliato alle cable.
Infatti, tra i canali più provocatori dei pacchetti premium spicca la sorella di HBO, Cinemax, sulla quale ha esordito da poco il period - è ambientato ai primi del Novecento in un ospedale newyorkese - drama The Knick di Steven Soderbergh: l'abile chirurgo Thackery è un razzista oppiomane, insensibile, arrogante egomaniaco; non un antieroe ma un personaggio - almeno nei primissimi episodi - totalmente negativo, refrattario a trasmettere il fascino che emanava House. The Knick ama l'esibizione splatter della chirurgia, indugiare nelle piaghe della malattia e nella miseria dell'animo; è immersa nella più bella ricostruzione scenografica - spoglia e sporca a tratti, ma anche sofisticata e pittoresca - mai messa in scena da una produzione americana televisiva. Soderbergh si porta dietro il compositore delle musiche dei suoi film Cliff Martinez - che crea per The Knick in un commento sonoro modernissimo, vibrante e spiazzante - e realizza una serie brutale, opprimente, naturalista, e forzatamente sgradevole. Non è la nuova frontiera del medical - così estrema e nichilista, resterà un caso fuori dall'ordinario - ma resta comunque imperdibile per i seguaci del genere meno delicati.
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