"In giorni in cui si discute molto sulle identità dei diversi festival, possiamo dire con una certa soddisfazione che noi non abbiamo mai avuto bisogno di interrogarci sul problema ". Con queste parole, in cui s'intravede l'orgoglio per il lavoro svolto fino ad ora, i direttori Giorgio Gosetti e Marina Fabbri aprono ufficialmente la presentazione della 23esima edizione del Courmayeur Noir in Festival, manifestazione che si terrà dal 10 al 16 dicembre all'ombra del Monte Bianco. Così, in oltre vent'anni di impegno e ricerca il festival è riuscito a costruirsi uno spazio ben preciso rinnovandosi continuamente e proponendo uno sguardo sempre puntuale e attuale sulle nuove frontiere del cinema di genere. Uno scopo che gli organizzatori hanno perseguito anche questa volta, identificando nel racconto delle mafie e le sue innumerevoli varianti il filo nero con cui costruire un discorso cinematografico, letterario e televisivo. _"In questa nuova edizione il nostro desiderio era quello di intensificare ancora di più il rapporto che esiste tra cinema e letteratura - spiega Marina Fabbri - A concretizzare perfettamente il tentativo è la presenza dell'ospite d'onore e vincitore del Raymond Chandler Award Don Winslow, autore dell'adrenalinico Le belve portato al cinema da Oliver Stone. Poi, sempre per indagare all'interno dei mutamenti genetici delle organizzazioni criminali, avremo la possibilità di incontrare Evan Wright che, con la sua discussa biografia su John Riccobono, meglio conosciuto come il re della cocaina, ha ispirato niente meno che lo Scarface di Brian De Palma." _
Narcotrafficanti a parte, però, la riflessione più importante che il festival si propone è quella sul 1992 e i cambiamenti sociali, concretizzati o disattesi, a vent'anni dalla morte dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Tracce tangibili di queste meditazioni si possono trovare nella sezione DocNoir ( Il secondo tempo), nel percorso Noi(r) & Le Mafie ( Lo Sfregiato, Il giorno della civetta, Donnie Brasco, Tano da Morire, Segreti di Stato, The Musketeers of Pig Alley) ma, soprattutto, nella locandina del festival realizzata dalla fotografa Letizia Battaglia. Soggetto di un ritratto insolito, infatti, non è una dark lady ma il volto in ombra di Rosaria Schifani, moglie di un'agente della scorta di Falcone che, in questo modo, si trasforma nel simbolo di un paese che perdona ma non demorde. Dunque, impegno sociale ma non solo. Perché, per sua stessa natura, il Noir in Festival nasce come vetrina di sperimentazione e intrattenimento all'insegna del mistero. Per questo motivo, ad aprire ufficialmente la manifestazione non poteva che essere l'inventore stesso del concetto di suspence. Stiamo parlando di Hitchcock, film diretto da Sacha Gervasi e interpretato da Anthony Hopkins, Helen Mirren e Scarlett Johansson. Al centro di questo racconto presentato Fuori Concorso, è proprio la figura di Alma Reville, moglie e collaboratrice del regista che, attraverso la genesi del leggendario Psycho, racconta l'unione di una coppia legata dall'arte e dalla complicità personale. Ad affiancare questa pellicola nella sezione, poi, è il cubano Juan of the Dead di Alejandro Brugues, lo sperimentale Cose Cattive di Simone Gandolfo, che rappresenta la prima volta di Luca Argentero alla produzione e svela i giochi pericolosi di una generazione incapace di distinguere tra la vita reale e quella del web, e La regola del silenzio di Robert Redford, cui è affidata la chiusura della manifestazione.Nonostante questi titoli di richiamo, però, l'attenzione maggiore viene catalizzata da un Concorso che, oltre a Lucas Belvaux con 38 Temoins e lo spagnolo Gruppo 7, registra la prima volta di Lasse Hallstrom alla regia di un thriller. Così, dopo essersi fatto conoscere negli Stati Uniti per la sua vena sentimentale, il regista torna in Svezia per firmare L'ipnotista, che prende a prestito le atmosfere noir del romanzo di Lars Kepler per indagare sul massacro di un'intera famiglia di Stoccolma. Segue, poi, un italian pack formato da tre pellicole; L'innocenza di Clara di Toni D'Angelo, Breve storia di lunghi tradimenti diretto Davide Marengo e Tulpa, nuova regia di Federico Zampaglione. Il primo, attraverso la bellezza eterea di Chiara Conti, mette in scena il pericolo che si nasconde dietro il gioco della seduzione, il secondo, interpretato da Carolina Crescentini, Maya Sansa e Ennio Fantastichini, si colloca a metà strada tra la black comedy e il thriller finanziario per dimostrare che un paese non si conquista ma si compra, mentre con il terzo ci troviamo immersi nelle atmosfere di un giallo in stile anni Settanta/Ottanta popolato da molte vittime e numerosi assassini dalle mani guantate. A giudicare tutti loro, naturalmente, è stata chiamata una giuria internazionale formata da Francesca Neri, Franziska Petri, Santiago Amigorena; Pippo Delbono e Jennifer Chambers Lynch.
Per finire, la televisione completa questo lungo discorso sul noir arricchendo, grazie alla presenza di Fox Crime, il festival di anno in anno con delle anteprime assolute. Così, dopo Homeland e Luther, questa volta è il turno di Criminal Minds, arrivata all'ottava stagione, la novità Awake e il settimo anno di Dexter. Serie che richiamano l'attenzione del grande pubblico ma che, in questo caso, hanno il compito di lasciare spazio alla quarta stagione di Profiling e Jo Le Grand, due titoli su cui il canale ha puntato grande attenzione e che raccontano la storia di un inaspettato successo europeo. Entrambe, infatti, hanno il merito di aver riportano in auge il poliziesco francese attraverso le interpretazioni di Odile Vuillemin, per l'occasione presente a Courmayeur, e di Jean Reno che, dopo aver sperimentato per la prima volta il piccolo schermo, fa un passo in dietro e lascia che a parlare al pubblico del festival sia René Balcer, già autore e produttore di Law & Order: Unità speciale.