Enrica Colombo. Agli appassionati di fiction suonerà familiare: è la dirimpettaia ed interesse amoroso di uno dei poliziotti (d'epoca) più amati della tv: Il Commissario Ricciardi. Rispetto ad altri personaggi della serie, il suo è quello che subisce uno dei cambiamenti estetici più evidenti quando va in scena: indossa gli occhiali, aspetto dimesso, trucco e acconciatura da "ragazza casa e chiesa" come la definisce la sua stessa interprete, Maria Vera Ratti.
Tanto che quasi non la riconosciamo quando la incontriamo per intervistarla durante la presentazione della terza stagione. Quando glielo facciamo notare, sorride e ci spiega cosa rende la sua Enrica diversa da tutte le altre co-protagoniste in tv.
Il Commissario Ricciardi 3: intervista a Maria Vera Ratti
Enrica è dolce ma determinata, ed è questo ad avvicinarla al protagonista della serie Rai, come ci dice la sua interprete: "È una persona alla ricerca dell'indipendenza, dato che la sua condizione non le dà molto spazio fisico per viverla. La sente però a livello interiore e si adopera per mantenere una propria libertà, anche rispetto ai genitori dato che vive con loro pur essendo adulta. Soprattutto la madre, che vorrebbe controllare a tutti i costi la vita della figlia. Può frequentare delle persone ma deve rispettare degli orari. Essendo molto coerente ed onesta, non scende a nessun tipo di compromesso, conquistandosi il proprio spazio".
Un'eroina moderna quindi? Non proprio: "Se la si guarda da vicino, di contemporaneo ha ben poco: fa la maestra ma solo a casa, aiuta la madre nelle faccende, ha una vita estremamente domestica. È lei a rendere tutto questo moderno. Una scelta di vita perché nessuno gliel'ha imposta e non ha intenzione di sposarsi. Almeno finché non incontra Luigi Alfredo guardandolo dalla finestra".
La storia d'amore "cortese" di Enrica con Luigi
Nella terza puntata della terza stagione, i due sono felicemente convolati a nozze dopo tante tribolazioni. Il loro amore, sbocciato con calma e pazienza - tanta, anche da parte degli spettatori - è proprio l'esempio perfetto di modernità vs tradizione. Sono una delle coppie più amate delle fiction italiane e c'è un motivo: il loro è un amore puro, rispetto a ciò che accade oggi, una bulimia romantica prêt-à-porter: "Il loro è un amore che può sembrare d'altri tempi perché adesso ci sembra che il prossimo compagno o compagna sia a distanza di un click".
Allo stesso tempo Maria Vera Ratti pensa che le persone si identifichino nella coppia, nonostante l'epoca diversa: "Credo che spesso esistono situazioni dove ci sono dei sentimenti forti ma non c'è il coraggio di esprimerli perché ci sembrano troppo grandi ed importanti e non riusciamo a metterci in gioco. Le persone si sono innamorate di questa coppia perché è fuori dal tempo".
Condividere il segreto del Commissario: vedere la gente morta
Ciò che caratterizza Il Commissario Ricciardi è il suo potere, che lo rende diverso anche dagli altri poliziotti televisivi: è capace di vedere gli spiriti delle vittime di morte violenta mentre gli ripetono le ultime parole pronunciate in vita. Non ha mai condiviso il suo segreto con nessuno, almeno fino a prima del matrimonio, confessandolo ad Enrica: tutto sembrava perduto e invece c'è stato un lieto "fine", almeno per ora.
La donna ha reagito con tatto e delicatezza, e quindi abbiamo chiesto alla Ratti come reagirebbe alla notizia se le accadesse nella vita reale: "Io penso che il soprannaturale e la magia esistano, i miracoli sono costanti intorno a noi ma a volte non li riconosciamo come tali. Non mi stupirebbe se ci fossero infinite realtà parallele che dialogano tra loro, e quindi se i morti fossero ancora tra noi".
Se invece il potere capitasse a lei, sarebbe un dono o una maledizione? Ci dice: "La condanna di Ricciardi è un fenomeno che ha un riscontro nella realtà. Il nostro primo regista, Alessandro D'Alatri aveva girato un film dal titolo Senza Pelle: esistono delle persone con una tale sensibilità che riescono a percepire cose e persone che gli altri non possono afferrare. Per lui Ricciardi era proprio così, una persona che sente il dolore dei defunti, non le vede e basta. Un'empatia particolare che ti porta a gioire ma anche a soffrire più degli altri. Secondo me è sempre un dono: non facile da gestire, ma una grande lezione di umanità per tutti".