"Ti ricordi dei miei tornei? Tutti a urlare il mio nome. Sembrava che il mondo tifasse per me. Ma dopo il liceo ho raccolto solo sconfitte. Nessuno a tifarmi o a incoraggiarmi. O a dirmi bravo. Non ero niente". È il 10 agosto del 2017. A parlare è Johnny Lawrence, sulla tomba della madre. A cambiare tutto è stato quel famoso torneo l'All Valley del 1984, quello in cui Johnny, il grande favorito, perse contro un assoluto outsider come Daniel LaRusso. L'episodio finale di Cobra Kai 6, Parte 3, che è anche il finale di serie, torna proprio al 2017, prima degli inizi della serie. E torna ancora più indietro, a quel famoso incontro che abbiamo visto in Karate Kid e poi anche nella serie.
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È il caso di parlare di sliding doors. Cioè di porte scorrevoli, di quei momenti che sono crocevia: se prendi una strada, la tua vita va in una direzione. Se ne prendi un'altra, eccola dirigersi verso una via completamente diversa. Come con le porte della metropolitana del famoso film inglese. O come pallina di tennis, cioè l'anello, di Match Point. Per Johnny Lawrence la svolta è stato quel calcio volante di Daniel San in quel torneo. Lo rivediamo ancora, in questo ultimo episodio, quel colpo. Ma stavolta lo vediamo da un altro punto di vista. Ed è proprio questo il senso della serie. Nella spiegazione del finale di serie di Cobra Kai vogliamo parlarvi proprio di questo.
Una seconda possibilità
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"Quel tipo ha detto bene: sono un perdente" racconta Johnny (William Zabka) sulla tomba della madre nel 2017. Era il Johnny trasandato, stropicciato, alcolizzato che avevamo conosciuto all'inizio di Cobra Kai. Ora è un altro uomo: è diventato padre per la seconda volta, di una bellissima bambina. La tiene in braccio, papà ancora orgogliosamente rock con t-shirt dei Lynyrd Skynyrd. Ha messo ordine nella sua vita, come aveva promesso alla madre, ha un lavoro e una famiglia. Basta già questo per non potersi definire un perdente. O forse no: quella sconfitta brucia ancora. E le dinamiche del torneo Sekai Taikai gli danno una seconda occasione: se i campioni individuali tra i ragazzi sono stati già assegnati, per decidere il dojo vincitore si dovranno scontrare i sensei. E così Johnny può tornare sul luogo della sconfitta e rifarsi. Deve affrontare Wolf, il giovane e forte sensei degli Iron Dragons.
Una vittoria per far pace con se stesso
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Johnny contro Wolf è come Rocky contro Ivan Drago: il secondo è più giovane, più alto, più forte. Sembra quasi una sfida impossibile. Accanto a Johnny, come sensei, c'è proprio l'avversario di una volta, Daniel. Che gli ricorda proprio Rocky. Se a Johnny, un ragazzo degli anni Ottanta come tanti di noi, piacciono Rocky III e Rocky IV, Daniel gli ricorda il primo film. "Te lo ricordi Rocky? Te lo ricordi chi vince? Rocky si allena per tutto il film e poi arriva a tanto così. E poi perde. Ma è come se avesse vinto". È l'amore che è intorno a Rocky che è grande. E anche nella storia di Cobra Kai c'è tanto amore, e tanto rispetto, intorno a Johnny. Il nostro Lawrence ha già vinto per tutti. Ma questa vittoria al Sekai Taikai serve a lui. Per fare pace con se stesso.
Cobra Kai come Rocky
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E allora scontro sia. Con un episodio finale di Cobra Kai che riprende molto dell'epica sportiva di Rocky: dalla corsa per le strade della città, accompagnati dalla folla festante di tifosi, momento clou dei primi film, all'allenamento sulla spiaggia, un momento iconico di Rocky III. Ma anche il combattimento finale è in tutto e per tutto un film di Rocky: dalle intimidazioni dell'avversario prima della gara, alle provocazioni durante il combattimento, ai colpi proibiti, quelli che fanno male davvero, ai primi esiti della sfida, che vedono il nostro eroe soccombere.
Il colpo finale di Karate Kid da un altro punto di vista
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E arriviamo al colpo finale. Un attimo prima che tutto si decida, il montaggio ci fa vedere il colpo finale di Karate Kid - Per vincere domani. E, finalmente, lo vediamo con altri occhi. Abbiamo sempre gioito per la vittoria di Daniel in quel lontano torneo del 1984, abbiamo sempre goduto per la sconfitta di quell'avversario spocchioso. Adesso, rivedendo quelle immagini che abbiamo visto tante volte, non guardiamo Daniel ma Johnny. Sappiamo che se è così è perché così lo hanno costruito. Sappiamo che quel ragazzo diventerà un uomo, sarà diverso. Imparerà molte cose dalla vita, ma impareremo anche noi da lui. A guardare il colpo della gru che stende Johnny nell'84, stavolta, soffriamo molto. È il ribaltamento del punto di vista, una delle chiavi del cinema e della serialità moderna. Un cambio di prospettiva, come accadeva in Full Metal Jacket di Stanley Kubrick, quando, raggiunto il cecchino, capivamo chi davvero fosse. Oggi possiamo dire di aver capito chi è Johnny.
Cobra Kai ma anche Miyagi Do: serve equilibrio
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Così, mentre risuona Sweet Child O'Mine dei Guns'n'Roses - inno di lottatori come il Randy "The Ram" Robinson di The Wrestler - sullo schermo scorrono le vite di tutti i protagonisti, sulla serie cala il sipario con una sensazione precisa. È la parola pronunciata poco prima da Daniel San, il caposaldo del Miyagi Do: "equilibrio". Johnny lo ha trovato, tutti i personaggi principali lo hanno trovato. Si torna nella prima sede del Cobra Kai, quella delle prime stagioni, quella del dojo che era solo di Johnny. Il significato del finale di Cobra Kai è chiaro. La vita darà a tutti noi una seconda occasione.
Ma non si tratta solo di questo. Cobra Kai vuole insegnarci che non c'è un solo modo di fare le cose. C'è il Cobra Kai ma anche il Miyagi Do. Ci sono il nero e il bianco. Ci sono l'attacco e la difesa. E servono entrambe. Che nella vita si possa cambiare lo abbiamo capito non solo con il percorso di Johnny, ma quando Daniel, nella gara decisiva, pronuncia parole che non sono da Miyagi Do ma da Cobra Kai. E poi abbiamo capito che una mosca la puoi catturare con le bacchette, certo. Ma la puoi anche schiacciare con le mani.