Nella recensione di Climax pubblicata da Indiewire, il nuovo film di Gaspar Noé viene definito come "un mashup tra il franchise di Step Up e Salò o le 120 giornate di Sodoma". È un paragone tanto bizzarro quanto calzante per dare un'idea della penultima opera (l'ultimissima, in ordine di tempo, è il mediometraggio Lux Æterna) di uno degli autori più controversi del cinema contemporaneo, girata in appena due settimane in una scuola abbandonata della periferia di Parigi e presentata alla Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes 2018. Un film radicale fin dalla sua impostazione (Climax esce in Italia con il divieto ai minori di 18 anni), che il regista franco-argentino trasforma in un'allucinata parabola di frenesia e di morte sviluppata nel corso di novanta, frastornanti minuti.
Viaggio al termine della notte
Una figura agonizzante si trascina nella neve: è il flashforward che funge da incipit per Climax, in cui Gaspar Noé torna a scardinare le regolari convenzioni filmiche in una sfida costante al suo pubblico. Tutta la prima sezione di Climax è costituita dall'inquadratura fissa di un televisore da cui vengono trasmessi spezzoni di una serie di provini a giovani ballerini, desiderosi di entrare a far parte di una rinomata compagnia di danza (ma l'attenzione di cinefili e non solo sarà attirata anche dalle pile di libri e videocassette disposti accanto all'apparecchio). Un prologo che ci offre un primo approccio con i personaggi, gli stessi impegnati ad esibirsi in una rutilante coreografia di gruppo: una scena di grande fascino, da cui prende avvio un lunghissimo piano sequenza dedicato a seguire interazioni e dialoghi dei ballerini nella sala in cui hanno deciso di trascorrere la serata.
Fra pettegolezzi e tentativi di flirt, al ritmo incessante di dance elettronica, i bicchieri di sangria scorrono insieme ad abbondanti dosi di LSD, versate da una mano misteriosa nella caraffa; e così la festa della troupe si tramuta in una notte da incubo, in cui ciascuno dei protagonisti arriverà a perdere il contatto con la realtà, in un trip senza fine imperniato sul connubio fra estasi, erotismo ed orrore. È il connubio da cui deriva la perversa bellezza di Climax: l'energia vitalistica della danza, il loop ipnotico della musica che rimbomba fra le pareti della sala e la violenza in procinto di esplodere, per avvolgere nel suo mortale abbraccio tutti gli individui presenti (intrappolati) all'interno dell'edificio.
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Danse macabre: paura e delirio secondo Gaspar Noé
La trascinante sensualità del ballo d'apertura confluisce così in una danse macabre in cui si fondono pulsione erotica e pulsione di morte, in una soluzione di continuità favorita dalla messa in scena di Gaspar Noé e dalla fotografia del suo storico collaboratore Benoît Debie: un racconto in tempo reale, con long take che permettono di intrecciare i vari percorsi narrativi passando da un comprimario all'altro. Senza pause, senza la possibilità di sottrarsi a quel labirinto claustrofobico e in perenne movimento: un inferno dalle tinte lisergiche in cui i ballerini, al contempo carnefici e vittime, consumeranno la propria dannazione in un progressivo gioco al massacro, via via più furioso ed atroce.
Un massacro di cui Noé ci rende spettatori, ma mantenendo sempre un netto distacco emotivo rispetto a personaggi di cui sappiamo poco e nulla: è l'assunto di un film in cui il coinvolgimento sensoriale - i suoni, le luci, i colori, il dinamismo dell'azione - surclassa quello emotivo. Un film concepito come un tenebroso baccanale, in cui la dimensione dionisiaca sconvolgerà qualunque ipotesi di razionalità e di ordine, fino al rovesciamento (letterale) di questo microcosmo circoscritto, teatro di un rituale orgiastico destinato a culminare in un inevitabile tributo di sangue.
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Conclusioni
Come abbiamo evidenziato nella nostra recensione di Climax, il film di Gaspar Noé si propone come un’esperienza volutamente ‘estrema’, pronta a sacrificare la profondità sull’altare di una provocazione che, tuttavia, stavolta non appare soltanto come un gratuito esercizio di stile. Scorrendo lungo gli opposti binari dell’attrazione e della repulsione, Climax dipinge un’apoteosi del caos al ritmo della techno, in cui le passioni umane deflagrano con forza devastante l’una contro l’altra, fino all’ultima ora di una notte di incontenibile follia.
Perché ci piace
- La potenza ipnotica di uno spettacolo che lascia senza respiro, catturando l’attenzione dal primo all’ultimo minuto.
- Il carattere estremo di un’opera che non ha paura di spingere la visione oltre le regole e i limiti tradizionali.
- L’utilizzo del linguaggio filmico al fine di costruire una messa in scena perfettamente coerente con la materia del racconto.
Cosa non va
- La sostanziale carenza di spessore di quasi tutti i personaggi in gioco.
- L’insistita sgradevolezza della seconda parte del film e delle scene più disturbanti.