Lux Aeterna, la recensione: Gaspar Noé e il cinema, tra analisi e provocazione

La recensione di Lux Aeterna, il mediometraggio di Gaspar Noé presentato a Cannes nella sezione di mezzanotte.

Lux Aeterna
Lux Aeterna: una scena del film

Con la recensione di Lux Aeterna, presentato a Cannes 2019 nella sezione dei film di mezzanotte, ci addentriamo per l'ennesima volta nel mondo di un cineasta che vive della propria fama di enfant terrible del cinema francese contemporaneo. Parliamo, ovviamente di Gaspar Noé, la cui vena provocatoria è stata evocata già in sede di presentazione dello screening ufficiale nel Grand Théâtre Lumière: alludendo alla durata relativamente breve del progetto (50 minuti scarsi), il direttore artistico Thierry Frémaux l'ha definito "Non un lungometraggio, non un cortometraggio, ma un Gaspar Noé-metraggio". Definizione perfetta per l'ultimo parto creativo di un regista che, in occasione della sua precedente venuta sulla Croisette con Climax, nel 2018, fece uscire un poster ufficiale che evocava le reazioni viscerali e per lo più negative della stampa nei confronti dei suoi film (e ricordiamo che la fascetta del DVD francese di Irréversible menziona con orgoglio il numero di persone che uscirono dalla sala durante la proiezione di gala a Cannes nel 2002).

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Lux Aeterna: un'immagine del film di Gaspar Noé

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Parliamo di cinema

Lux Aeterna è, innanzitutto, una riflessione sul cinema, partendo da Dies irae di Carl Theodor Dreyer di cui Gaspar Noé riprende uno spezzone prima di passare al presente, dove siamo sul set cinematografico di un nuovo progetto dedicato alle streghe messe al rogo: protagonista sarà Charlotte Gainsbourg, mentre in cabina di regia c'è Béatrice Dalle. Due icone di un tipo di cinema spesso controverso e provocatorio, tasto su cui il cineasta insiste con la sua classica irriverenza: la Dalle, in particolare, si fa portavoce di un certo pensiero transalpino che si oppone al movimento #MeToo, dicendo apertamente di avere avuto delle esperienze spiacevoli su set precedenti ma aggiungendo "Chi se ne frega, il film è venuto bene". E quando la Gainsbourg dice di aver girato una scena d'amore con un attore sedicenne che ebbe una reazione fisiologica imprevista, l'interlocutrice risponde "Sedici anni. Sei di troppo". Una battuta perfettamente nello spirito dell'attrice, reinventatasi negli ultimi anni come volto di una vena particolare del cinema horror gallico, ma anche del regista, che ragiona sul proprio cinema (la prima di tante citazioni che scandiscono le diverse sezioni del film parla di epilessia), con fare abbastanza divertito.

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Lux Aeterna: un'immagine del film

C'è sempre quella dimensione un po' pretenziosa del cinema di Noé, che tira in ballo massime filosofiche in ambito cinematografico a mo' di didascalia (tra cui quella di Rainer Werner Fassbinder sul regista come figura dittatoriale) e sfoggia diversi vezzi stilistici volutamente, spudoratamente gratuiti, come quando usa lo split-screen per i dialoghi tra le due protagoniste, nonostante siano sedute l'una di fianco all'altra. Manca però la seriosità di progetti come Irréversible o Love, dando all'apparato teorico una connotazione autoironica che, unita alla durata breve, smorza quella sensazione di fastidio viscerale che accompagna regolarmente le visioni della sue opere.

A suo modo firma la summa del proprio percorso, mettendo in scena un microcosmo che è caotico per scelta (Noé è solito girare senza una sceneggiatura, chiedendo agli attori di improvvisare), un mondo dove tensioni e incidenti collidono per creare qualcosa di frustrante ma anche affascinante. Fino ad arrivare ai credits finali che chiudono il cerchio ritrovando il "piacere" del fastidio, mandandoci fuori dalla sala con reazioni contraddittorie. E lui, ancora una volta, ne sarà estremamente felice.

Conclusioni

Giunti in fondo alla nostra recensione di Lux Aeterna, la sensazione si discosta un po' da quella che accompagna solitamente la visione di un film di Gaspar Noé: complice forse la durata di appena 50 minuti, il cineasta francese di origine argentina, pur regalandoci momenti volutamente pretenziosi, non arriva al punto del fastidio estremo che lo caratterizza, smorzata anche in parte da una componente più divertita e autoironica.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
2.0/5

Perché ci piace

  • La riflessione sul cinema è, nel complesso, molto divertente.
  • Béatrice Dalle e Charlotte Gainsbourg interpretano i loro alter ego fittizi con gusto e grinta.
  • L'apparato tecnico è impeccabile come sempre.

Cosa non va

  • La componente un po' spocchiosa del cinema di Gaspar Noé è sempre presente.