Senza girarci troppo intorno, potremmo dire che i cinepanettoni, per almeno vent'anni, hanno tenuto in piedi i botteghini delle sale, contribuendo in modo tangibile a sostenere l'industria del cinema italiano. Che piaccia o no, sono stati pensati ad uso e consumo del grande pubblico, rendendoli una sorta di punto di riferimento. In un paese tradizionale e tradizionalista come il nostro, il genere che ha re-inventato la commedia all'italiana (e di conseguenza l'ha uccisa) è stato il punto d'arrivo di ogni Natale e Santo Stefano: pranzo con i parenti, e poi di corsa al cinema per ridere con Christian De Sica e Massimo Boldi.
Tra ammiccamenti sexy, scurrilità, comicità slapstick e una satira dei molti vizi italioti affibbiati ad una classe sociale borghese. Perché una cosa bisogna sottolinearla: al centro di quei film non c'erano persone normali, bensì erano personaggi boriosi e altezzosi, presi di mira e ridicolizzati per mezzo di una mordace e liberatoria risata (per buona pace di chi crede abbiano dato inizio alla "stagione dell'idiozia"). Fenomeno di culto (tanto da generare un neologismo), per certi versi antropologico, in un'evoluzione linguistica che ha tagliato orizzontalmente la miglior stagione cinematografica italiana.
Basti pensare ai numeri che, si sa, non mentono: nell'epoca d'oro, ossia dal 2001 al 2010 - da Merry Christmas a Natale in Sud Africa - le produzioni targate FilmAuro hanno incassato quasi duecento milioni di euro. Una cifra mostruosa, tanto che, secondo De Sica, l'incasso di Natale sul Nilo (quasi trenta milioni) ha permesso ad Aurelio De Laurentiis di "comprarsi il Napoli". Proprio quel Christian De Sica che, senza mai rinnegare (anzi) i suoi tripudi, torna adesso a rispolverare quelle stesse sfumature comiche in Cortina Express, uno dei film di Natale 2024, affiancato da Lillo Petrolo e diretto da Eros Puglielli.
Cinepanettoni: una tradizione che ha salvato il cinema italiano
Sappiamo benissimo quanto il genere, in qualche modo nato grazie all'intuizione dei Vanzina con Vacanze di Natale del 1983 - molto più amaro e pungente di quanto si potesse pensare all'epoca - e poi passato di mano in mano fino a Neri Parenti, che ha di fatto sancito il filone iniziando con Vacanze di Natale '95, abbiano - tutt'ora - una sfilza di detrattori. Per anni, parallelamente ai successi, si è asserito che i cinepanettoni impoverissero la nostra identità cinematografica, svilendo l'autorevolezza di un'industria importante. Nulla di più sbagliato, e nulla di più snob.
La verità, invece, è che i cinepanettoni rispondevano perfettamente ai bisogno tipico di ogni industria: incassare. Macchine da soldi che, scambiando i faccioni sul poster (ci sono passati un po' tutti: da Massimo Ghini a Michelle Hunzinker, da Fabio De Luigi a Claudio Bisio e Sabrina Ferilli, oltre alle modelle e starlet tv di turno), e alternando location esotiche ad una trama fine a se stessa e sempre uguale, garantivano introiti enormi, oggi impensabili. Oltre al fenomeno estemporaneo di Paola Cortellesi, e tralasciando le commedie di Checco Zalone (che di fatto ha sancito la morte del cinepanettone), non c'è nessun titolo italiano che può minimamente puntare agli incassi di Natale a Miami o Natale in crociera.
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Un successo epocale, amato e odiato
Si potrebbe invece riflettere sul perché, quegli incassi, non sono stati propedeutici a diversificare l'offerta, puntando ad un re-investimento a volte poco lucido, di cui tutt'ora ne subbiamo le conseguenza: si continuano a girare commedie vecchie, che non fanno ridere, propinate ogni Natale, sia in streaming che in sala. Infatti, i cinepanettoni tanto amati anche da chi, per snobberia e comodità, ha spesso detto di detestarli, hanno segnato la fine della commedia all'italiana. O meglio, prima Vanzina e poi Parenti, pur con linguaggi diversi, hanno rielaborato temi, tempi e personaggi delle commedie di Dino Risi, Mario Monicelli, Nanny Loy, sporcandoli fino a renderli specchio incattivito e volgare di una certa Italia. Tanto cafona, quanto cinica, arrivista e scollacciata.
Adesso, e tralasciando qualche revival dall'eco avvicinabile a quello dei cinepanettoni (asciugati dalla proverbiale ed esagerata scorrettezza), le commedie sul grande schermo, guarda caso, faticano. La concorrenza dello streaming ha incrinato il genere (perché pagare un biglietto per vedere una commedia brutta, se la stessa posso vederla a casa, comodamente sul divano?), così come sono incrinate le idee dietro alle commedie, evolute verso una dimensione poco chiara, confusa e troppo intimidita (basti pensare alla sfilza di impresentabili family movie: basta!).
Insomma, i cinepanettoni sono stati un successo epocale, tuttavia scialacquato, e strizzato a più non posso, esacerbando quella tradizione di cui, ammettiamo, sentiamo una forte mancanza. Se non altro, per la loro onestà comica: niente di celebrale, niente di auto-celebrativo. Un prodotto immediato e godericcio, che ha ingrassato i conti del nostro cinema. Divenuto oggi sì più autoriale, ma forse economicamente più povero.